Per il tribunale di Torino è antigiuridica la divulgazione da parte dell’amministratore della morosità di un condomino in forme che non siano previste dall’ordinamento. Nel dettaglio, incontrata per strada la madre della morosa, l’amministratore aveva rivelato informazioni inerenti l’esposizione debitoria della stessa nei confronti dell’ente di gestione. Circostanza che aveva determinato una rottura dei rapporti della figlia con i genitori, al punto che, come rivelato da testimoni, alla donna non veniva neppure più concesso di entrare in casa dei genitori.
Di qui, la condanna dell’amministratore a un risarcimento nei confronti della condomina morosa.
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TRIBUNALE TORINO
Sent. 12 marzo 2019
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Premesso:
1) che con ricorso ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 d.lgs. 150/2011 (…) evocava in giudizio avanti al Tribunale di Torino, Sezione IV Civile, lo Studio (…), in persona del legale rappresentante pro tempore (…), chiedendo che fosse accertata e dichiarata la sua responsabilità per l’illecita divulgazione di informazioni personali relative ad essa ricorrente (…) e per l’effetto che la parte resistente fosse condannata al risarcimento dei danni tutti patiti, quantificati in Euro 5.000 oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali;
2) che si costituiva in giudizio lo Studio (…), chiedendo il rigetto di tutte le domande della ricorrente in quanto infondate, nonché la condanna di (…) ex art. 96 c.p.c. al pagamento di una somma equitativamente determinata;
Rilevato sotto il profilo dell’an:
1) che alla luce di un’interpretazione sistematica della disciplina che regola il trattamento dei dati personali in materia condominiale, l’amministratore di condominio, pur potendo comunicare ai condòmini la situazione debitoria degli altri partecipanti, è tenuto tuttavia a rispettare alcuni accorgimenti a tutela della dignità dell’interessato;
2) che infatti, a seguito della riforma del condominio intervenuta con legge 220/2012, il codice civile prevede la comunicazione dei dati personali secondo due forme: a) ai sensi dell’art. 1130 co. 1 n. 9 c.c., secondo cui “l’amministratore deve fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso”; b) ai sensi dell’art. 1130-bis co. 1 “il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita e ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio…”;
3) che anche il vademecum del Garante della Privacy pubblicato nell’ottobre 2013 afferma: “oltre alle informazioni che lo riguardano… “ogni condomino può conoscere le spese e gli inadempimenti degli altri condòmini, sia al momento del rendiconto annuale sia facendone richiesta all’amministratore”;
4) che, da ultimo, giova segnalare l’ordinanza della Cassazione civile n. 186/2011, secondo la quale la comunicazione dei dati può avvenire “non solo su iniziativa dell’amministratore in sede di rendiconto annuale o di assemblea, ovvero nell’ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell’assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, ma anche su richiesta di ciascun condomino, essendo questi investito di un potere di vigilanza e di controllo sull’attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che lo abilita a domandare in ogni tempo all’amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti”;
Rilevato:
1) che appare incontestata perché addirittura ammessa (v. p. 2 memoria di parte resistente; v. lettera fax sub doc. 2 produzioni di parte ricorrente) la circostanza in base alla quale la comunicazione da parte della resistente della situazione debitoria della ricorrente (…) avveniva incontrando casualmente per strada la di lei madre;
2) che, alla luce di quanto sopra esposto, tale comunicazione non avveniva dunque secondo le modalità stabilite dall’ordinamento, pur essendo stato prospettato in causa dalla difesa della resistente, e non contestato ex adverso, che la madre della odierna ricorrente fosse condomina;
3) che quindi la rivelazione dei dati personali e debitori, seppure ad un condomino, ma al di fuori delle forme prescritte, come sopra riportate, si configura come illegittima e caratterizzata da antigiuridicità;
Rilevato sotto il profilo del quantum:
1) che, secondo orientamento consolidato della Suprema Corte, anche in tema di diritti immateriali occorre la prova del danno, il quale, non essendo in re ipsa, “deve essere oggetto di allegazione e di prova” (v. ex multis Cass., 20643/2016);
2) che tuttavia tale danno può essere provato anche tramite ricorso a presunzioni semplici (v. Cass. 20643/2016, cit.);
3) che l’espletata istruttoria orale ha confermato l’interruzione dei rapporti tra la odierna ricorrente ed i suoi genitori in conseguenza della condotta illecita della parte resistente;
4) che infatti il teste (…) a tal proposito riferiva: “prima i rapporti tra genitori e figlia erano ottimi, si pranzava anche insieme; (…) almeno due volte la (…) ed io siamo entrati in casa dei genitori di lei per tentare di ricucire i rapporti; mi sono sentito fermamente dire che la (…) non poteva più entrare in quella casa per il fatto che l’amministratrice aveva significato ai di lei genitori la questione dei suoi debiti” (v. verbale del 21.01.2019); che anche il teste Avv. (…), indifferente alle parti, ha dichiarato: “Confermo, ero presente quando il padre era allettato per una malattia importante e la (…), saputo che mi sarei recato presso l’abitazione del papà, venne con me; in quell’occasione io entrai, ma a lei fu precluso l’ingresso”;
5) che pertanto, per quanto parte resistente sostenga nelle proprie difese (v. p. 12 memoria difensiva) che difficilmente il suo comportamento possa aver costituito causa esclusiva della definitiva interruzione del rapporto familiare, tale tesi è smentita dalla prova testimoniale come sopra riportata, ed anche dal fatto che la stessa resistente non ha neppure allegato né a fortiori provato possibili concause o cause alternative del dissidio familiare;
(omissis)
Il Tribunale di Torino, Sezione IV Civile ogni diversa istanza disattesa e/o assorbita, Condanna Studio (…) in persona della titolare e legale rappresentante (…) a pagare a (…), a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale patito, la somma di Euro 3.000, con gli interessi legali decorrenti dalla data di deposito del ricorso sino al saldo; Condanna Studio (…) in persona della titolare e legale rappresentante (…) a rifondere a (…) le spese di lite, che vengono liquidate in Euro 800 per compensi professionali, oltre esposti per contributo unificato e marca, oltre CPA ed IVA come per legge e rimborso forfettario 15% spese generali.