Un vano condominiale conteso tra Enel che ne aveva il diritto d’uso in forza di una convenzione stipulata diversi decenni prima con il costruttore dell’immobile, e i condòmini, che ne richiedono la restituzione. Ecco come si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza 11971 del 7 maggio 2019.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 7.5.2019,
n. 11971
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Con atto notificato il 13.3.2008 C.M. ed i coniugi M.V. e A.V., proprietari, l’uno, di un appartamento, gli altri, di altro appartamento nello stabile in …, citavano a comparire dinanzi al locale tribunale l’Enel Distribuzione s.p.a..
Esponevano che la società cooperativa edilizia “V.”, già proprietaria dello stabile, aveva stipulato il 24.2.1972 con l’Enel una convenzione per la costituzione di un diritto d’uso in relazione ad un vano dell’edificio ove allocare una cabina elettrica; che il 15.2.2007 il condominio dello stabile -successore della cooperativa “V.” – aveva in rapporto alla siglata convenzione inoltrato all’Enel formale disdetta e nondimeno l’Enel non aveva inteso darvi seguito.
Chiedevano accertarsi e dichiararsi l’avvenuta cessazione dell’efficacia della convenzione stipulata dalla “V.” e dall’Enel il 24.2.1972 e condannarsi la controparte al rilascio dell’immobile libero da persone e cose.
(omissis)
Con sentenza n. 672/2011 il tribunale di Ancona dichiarava estinto il diritto d’uso oggetto della convenzione del 24.2.1972 e condannava la convenuta al rilascio del vano, libero da persone e cose, ed alle spese di lite.
Proponeva appello l’Enel Distribuzione s.p.a..
Resistevano C.M., M.V. e A.V..
Con sentenza n. 568 dei 8.3/18.4.2017 la corte d’appello di Ancona rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “E-Distribuzione” s.p.a. (già “Enel Distribuzione” s.p.a.); ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni susseguente statuizione.
(omissis)
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 10 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1102, 1120 e 1136 cod. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Premette che il regolamento condominiale stabilisce espressamente la funzione e la destinazione d’uso – “per la distribuzione dell’energia elettrica” – del vano condominiale per cui è controversia.
Indi deduce che la domanda di accertamento di intervenuta cessazione dell’efficacia della convenzione del 24.2.1972 e di condanna al rilascio del vano libero da persone e cose “si sostanzia in una richiesta di alterazione della destinazione del medesimo vano (…), in violazione di quanto stabilito sia dalla convenzione sia, soprattutto, dal Regolamento Condominiale” (così ricorso, pag. 15); che, al contempo, l’assunto della corte di Ancona si risolve in una sostanziale modifica del regolamento condominiale convenzionale “in assenza, quantomeno, delle maggioranze di legge e in particolare della maggioranza qualificata prevista dall’art. 1136, comma 5, c.c.” (così ricorso, pag. 13).
Deduce inoltre che la rimozione della cabina elettrica modifica la destinazione d’uso del vano e costituisce innovazione che necessita di delibera assembleare adottata con la maggioranza di cui all’art. 1120 cod. civ..
Il ricorso è infondato e va respinto.
È da ribadire innanzitutto l’insegnamento di questa Corte secondo cui, in tema di cessazione, recesso o risoluzione di contratti aventi ad oggetto l’utilizzazione economica dell’immobile oggetto di comunione, vige il principio della concorrenza dei pari poteri gestori in tutti i comproprietari, in forza del quale ciascuno di essi è legittimato ad agire, anche in giudizio – e senza che sia all’uopo necessaria una autorizzazione degli altri compartecipi – contro chi pretenda di avere un diritto di godimento sul bene, sulla base della comunanza di interessi tra tutti i partecipanti alla comunione e della conseguente presunzione di un loro consenso all’iniziativa volta alla tutela di detti interessi, salvo che si deduca e si dimostri, a superamento di tale presunzione, il dissenso della maggioranza dei partecipanti stessi (omissis).
In questi termini la decisione in tal senso della corte di merito – e prima ancora del tribunale – è ineccepibile.
Ciò viepiù che la corte distrettuale ha puntualizzato che il dissenso della maggioranza dei condòmini non poteva essere ancorato a quanto l’Enel Distribuzione aveva addotto con riferimento all’incidenza della cessazione del rapporto contrattuale controverso sull’erogazione dell’energia elettrica, erogazione ai cui fini la società appellante avrebbe dovuto in ogni caso reperire un diverso immobile ove allocare la cabina elettrica.
È innegabile poi che nella fattispecie non esplica valenza la previsione dell’art. 24 del regolamento condominiale convenzionale (ove è fatto divieto di “modificare in qualsiasi modo e per qualsiasi scopo, anche a carattere provvisorio, opere nei locali ad uso comune”: al riguardo cfr. ricorso, pag. 11).
Più esattamente nel caso de quo non si tratta di “costruire o modificare” “opere” nel locale condominiale ove è allocata la cabina elettrica. Cosicché la pretesa della ricorrente alla conservazione della destinazione del vano condominiale non può essere correlata in nessun modo né alla surriferita previsione né – in verità – a previsioni ulteriori del regolamento.
Va dunque, da un canto, recepita l’affermazione della corte territoriale, secondo cui correttamente il tribunale aveva affermato che “la controversia non aveva ad oggetto l’alterazione dell’uso della cosa comune ma l’accertamento della cessazione del diritto del terzo” (così sentenza d’appello, pag. 9); va, d’altro canto, condiviso l’assunto dei controricorrenti secondo cui “sia il regolamento condominiale che la convenzione non impongono alcun vincolo di destinazione” (così controricorso, pag. 7).
È indubitabile infine che non interferisce nella fattispecie la previsione dell’art. 1120 cod. civ.: non si è propriamente al cospetto di un’innovazione materiale atta ad alterare l’entità sostanziale ovvero la destinazione del locale che ospita la cabina elettrica (cfr. Cass. 5.11.2002, n. 15460, secondo cui in tema di condominio negli edifici, per innovazione in senso tecnico-giuridico, vietata ai sensi dell’art. 1120 cod. civ., deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria).
Propriamente nel caso di specie il locale che ospita la cabina elettrica non ha subito alcuna alterazione strutturale.
Correttamente quindi la corte d’appello ha precisato che “la cabina elettrica non costituisce bene condominiale; è il locale ove la stessa è ubicata, che riveste tale qualifica, sicché la rimozione della cabina non può certamente integrare una innovazione del locale medesimo” (così sentenza d’appello, pag. 10).
Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, la “E-Distribuzione” s.p.a., a rimborsare ai controricorrenti, C.M., M.V. e A.V., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in euro 4.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge.