Secondo la Cassazione, per valutare la gravità dell’inadempimento dei venditori nei confronti dei promissori acquirenti occorre considerare non l’intero danno a carico del condominio, ma la sola quota riferita ai millesimi di pertinenza dell’appartamento oggetto del contratto preliminare. Di seguito un estratto dell’ordinanza 25142 dell’8 ottobre 2019.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 8.10.2019, n. 25142
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Con atto di citazione notificato il 10.7.2003 A.D. e C.M. convenivano in giudizio L.S. e C.Mi. innanzi il Tribunale di Palermo invocando la dichiarazione del “recesso per inadempimento” dal contratto preliminare sottoscritto in data 27.12.2002 e la condanna dei convenuti, promittenti venditori, alla restituzione del doppio della caparra da essi ricevuta all’atto della firma del detto accordo; in subordine, invocavano la risoluzione del negozio per inadempimento dei promittenti venditori e la condanna di questi ultimi al risarcimento del danno. A sostegno della loro domanda, i promissari acquirenti deducevano di aver appreso, soltanto dopo la firma del preliminare di compravendita, che il condominio in cui è compreso l’immobile era interessato da una causa passiva derivante dalla rovina di un muro posto a confine tra lo stesso ed altro condominio vicino e sostenevano che tale fatto, taciuto dai promittenti venditori, giustificasse la loro decisione di recedere dal programmato acquisto.
Si costituivano L.S. e C.Mi., deducendo che i promissari acquirenti avevano visionato l’immobile, erano a conoscenza delle sue problematiche ed avevano dichiarato, nel preliminare, di volerlo acquistare nella condizione di fatto e diritto in cui esso si trovava. Allegavano inoltre di aver offerto pro bono, prima dell’inizio della causa, la restituzione della caparra a suo tempo ricevuta a fronte dello scioglimento del rapporto giuridico per mutuo dissenso, ottenendo tuttavia un rifiuto dai promissari acquirenti.
Invocavano quindi il rigetto della domanda proposta dagli attori e, in via riconvenzionale, la dichiarazione di inadempimento per fatto e colpa di questi ultimi e la loro condanna al risarcimento del danno derivante dal mancato perfezionamento della compravendita.
Con sentenza n.4169/2009 il Tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale condannando A.D. e C.M. al risarcimento del danno, determinandone l’importo in misura pari alla caparra già ricevuta dai convenuti.
Interponevano appello avverso detta decisione A.D. e C.M.. Si costituivano in seconde cure L.S. e C.Mi., invocando il rigetto dell’impugnazione.
Con la sentenza oggi impugnata, n.332/2015, la Corte di Appello di Palermo accoglieva l’impugnazione dichiarando la legittimità del recesso di parte appellante e condannando gli appellati al pagamento della somma di euro 50.000 pari al doppio della caparra a suo tempo versata ai promittenti venditori. A sostegno della decisione la Corte territoriale riteneva grave l’inadempimento dei promittenti venditori, che avevano taciuto l’esistenza della causa passiva interessante il condominio in cui era compreso l’appartamento oggetto della programmata compravendita, sulla base del rilievo che la quota dei danni complessivi riferita all’appartamento predetto, moltiplicato per n. 32 unità incluse nello stabile, desse come risultato un importo pari alla metà del prezzo pattuito tra le parti per la compravendita di cui è causa.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione L.A., in proprio e quale amministratore di sostegno di C.Mi., nonché (altri), tutti quali eredi del defunto L.S., affidandosi a quattro motivi.
Resistono con controricorso A.D. e C.M..
Con il quarto motivo di ricorso, che per ragioni logiche merita di essere esaminato prima degli altri, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art.1455 c.c. perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato la gravità dell’inadempimento imputato alla parte promittente venditrice, nonostante che la quota parte del danno complessivamente a carico del condominio spettante all’appartamento oggetto della progettata compravendita ammontasse a soli euro 2.000.
Il motivo è fondato. Risulta invero anche dalla lettura della sentenza impugnata (cfr. pag.4) che a fronte di un importo complessivamente pari ad euro 68.000, dovuto a titolo di danni dal condominio, la quota riferita all’alloggio dei promittenti venditori era pari a circa euro 2.000. Ne deriva che la Corte palermitana avrebbe dovuto considerare questo importo, e non invece il totale del danno, ai fini della gravità dell’inadempimento imputato ai prominenti venditori. In particolare, considerato che nella sentenza (cfr. ancora pag.4) si dà atto che il trasferimento della proprietà del cespite era stato previsto per il corrispettivo di euro 126.531,94 la valutazione comparativa avrebbe dovuto essere condotta tra detto importo e la suindicata somma di euro 2.000 (corrispondente alla quota di danni riferita all’alloggio di cui è causa), e non invece tra il prezzo della progettata vendita e l’intero valore del danno posto a carico del condominio, come erroneamente è stato fatto dalla Corte di Appello.
L’accoglimento, nei sensi dianzi indicati, della quarta censura comporta l’assorbimento dei primi tre motivi, con i quali i ricorrenti censurano sotto vari profili l’apprezzamento del comportamento delle parti e delle risultanze istruttorie che è stato condotto dalla Corte di Appello nell’ambito del giudizio di imputabilità dell’inadempimento contrattuale.
La decisione impugnata va pertanto cassata, nei limiti della censura accolta, e la causa dev’essere rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione. Il giudice del rinvio provvederà a condurre una nuova valutazione della rispettiva condotta delle parti, apprezzando in particolare il comportamento dei promittenti venditori tenendo conto della sola quota del danno complessivamente posto a carico del condominio riferita ai millesimi di pertinenza dell’appartamento oggetto del contratto preliminare sottoscritto tra le parti.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e dichiara assorbiti i primi tre. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione.