[A cura di: Confappi]
Il giudice che valuta una presunta lesione del decoro architettonico, in seguito a un intervento del singolo condomino, deve tenere conto delle condizioni in cui versava lo stabile prima che l’opera fosse realizzata. Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza 8 maggio 2017, n. 11177.
Nel caso specifico, il proprietario di un immobile ha eseguito un’apertura sul tetto per realizzare un terrazzino. La Cassazione, pur bocciando l’intervento, ritenuto lesivo del decoro dell’edificio, ha evidenziato come, in casi simili, possa “anche giungersi a ritenere che l’ulteriore innovazione non abbia procurato un incremento lesivo, ove lo stabile fosse stato decisamente menomato dai precedenti lavori”. Nei gradi di giudizio precedenti, il condomino ha infatti osservato che nell’edificio vi fosse già una “mancanza di pregio”, dovuta a lavori passati che avevano trasformato i sottotetti in unità abitative. E per questo motivo (l’opera) “non può essere ritenuta pregiudizievole per il decoro architettonico se apportata ad un edificio la cui estetica era stata già menomata a seguito di precedenti lavori”.
La Suprema Corte, pur accertando la violazione del decoro, in quanto il terrazzino “si poneva come un corpo totalmente estraneo rispetto al resto dell’edificio, assegnando, ad un tempo, all’uso esclusivo del singolo condomino quella frazione di tetto mutata in terrazza”, non ha quindi escluso che “il giudice, trovandosi a valutare se sussista lesione del decoro architettonico di un fabbricato condominiale, a cagione di un intervento operato dal singolo condomino sulla struttura, deve tenere anche conto delle condizioni nelle quali versava l’edificio prima del contestato intervento, potendo anche giungersi a ritenere che l’ulteriore innovazione non abbia procurato un incremento lesivo, ove lo stabile fosse stato decisamente menomato dai precedenti lavori”.