Secondo l’articolo 1102 del codice civile, ciascun partecipante alla
comunione può esercitare sul bene la facoltà di godimento nei modi che ritenga
più opportuni, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli
altri condòmini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. È quanto
puntualizzato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 22908 del 10 novembre
scorso, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 10.11.2015,
n. 22908
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RITENUTO IN FATTO
1. I.K., U M. e T.I. convennero in giudizio, innanzi al Tribunale di
Bolzano (Sezione distaccata di Merano), D.F.J. e – premettendo di essere
proprietari di alcune particelle fondiarie site nel Comune di … costituenti
parte di una strada privata posta a confine con la proprietà del convenuto –
esposero che quest’ultimo aveva costruito dieci nuovi posti-auto coperti sul
proprio terreno al servizio della pensione K. ivi esistente, posti-auto
raggiungibili solo attraverso la strada privata posta sul fondo di essi
istanti; lamentarono che il più intenso uso della strada de qua aveva
determinato un aumento del traffico veicolare ed un incremento delle emissioni
nocive e sonore.
Chiesero, pertanto, la reintegrazione nel possesso della strada
privata e comunque la manutenzione di tale possesso, mediante l’emissione di
ordinanza interdittale che vietasse al D.F.J. di utilizzare la detta strada per
raggiungere i nuovi posti-auto da lui edificati.
Nella resistenza del convenuto, il Tribunale adito, con ordinanza,
rigettò la richiesta di tutela possessoria; e tale rigetto fu confermato dal
Tribunale collegiale a seguito del reclamo proposto dagli attori.
Promosso il giudizio di merito, il Tribunale di Bolzano rigettò la
domanda attrice, sul presupposto che il D.F.J. doveva essere considerato
compossessore iure proprietatis della strada e che il maggior uso di
essa – in ragione della costruzione dei parcheggi – non rappresentava una
sottrazione del potere di fatto sulla cosa, in quanto non impediva agli attori
di utilizzare la strada con le medesime modalità.
2. Sul gravame proposto dagli originari attori, la Corte di Appello di
Trento (Sezione distaccata di Bolzano), con sentenza del 17.8.2010, confermò la
pronuncia di primo grado.
3. Per la cassazione di tale sentenza ricorrono I.K., U.M. e T.I.,
sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso D.F.J..
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc.
civ..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1140, 1142 e 1146, primo comma, cod. civ. nonché l’insufficiente,
contraddittoria e/o illogica motivazione della sentenza impugnata, per avere la
Corte di merito negato la tutela possessoria nonostante che risultasse provato
che il precedente possesso della strada esercitato dal padre del convenuto – nel
quale possesso quest’ultimo era subentrato iure hereditatis – fosse
limitato all’utilizzo della strada ai fini agricoli (al servizio del fondo
agricolo ereditato dal fratello del convenuto) e non includesse l’utilizzo
della strada ai fini aziendali-turistici (al servizio della pensione gestita
dal convenuto). Avrebbe errato, perciò, la Corte territoriale ad applicare la
presunzione di possesso intermedio di cui all’art. 1142 cod. civ., in quanto il
possesso esercitato dal padre del D.F.J. aveva un contenuto diverso rispetto al
possesso che il convenuto pretendeva di esercitare.
La censura non è fondata.
È pacifico e non è oggetto di censura che il convenuto è
comproprietario, con gli attori, della stradella per cui è causa (p. 9 della
sentenza impugnata); pertanto, sulla detta stradella il D.F.J. esercita un
compossesso che comprende tutte le facoltà corrispondenti al diritto di
proprietà.
Trattandosi di compossesso iure proprietatis, e non di possesso
iure servitutis, non rileva la circostanza che il dante causa
dell’attore utilizzasse la stradella solo a fini agricoli, e non ad
altri fini; ciò in quanto il proprietario ha diritto di godere della
cosa in modo pieno e con ogni modalità ritenga, entro i limiti e con
l’osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento giuridico (art.
873 cod. civ.). La materia, in tema di comunione, è regolata dall’art.
1102 cod. civ., per cui ciascun partecipante alla comunione può
esercitare sul bene la facoltà di godimento nei modi che ritenga più opportuni,
purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri
condòmini di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
Pertanto, l’utilizzo della stradella a soli fini agricoli da parte del
de cuius non esclude la facoltà del convenuto di utilizzare la stradella
anche ad altri fini (come quelli relativi all’azienda turistica).
Esattamente, dunque, la Corte territoriale – tenuto conto che, ai sensi
dell’art. 1146, primo comma, cod. civ., il convenuto era succeduto nel
compossesso del padre a seguito del suo decesso – ha fatto applicazione
della presunzione di cui all’art. 1142 cod. civ.. Sul punto, va
ricordato che il possesso o la detenzione qualificata possono essere
conservati solo animo ove il possessore abbia la possibilità di
ripristinare il contatto materiale con la cosa non appena lo voglia
(Sez. 1, Sentenza n. 4404 del 28/02/2006).
2. Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1102,1168 e 1170 cod. civ., nonché l’insufficiente,
contraddittoria e/o illogica motivazione della sentenza impugnata, per avere la
Corte territoriale escluso che il mutamento delle modalità di esercizio del
possesso rispetto allo status quo ante – con il conseguente maggior
traffico veicolare sulla stradella e con l’aumento dei rumori e degli agenti
inquinanti – costituisse spoglio o molestia.
Anche questa censura è infondata.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione degli artt. 1102,
1168 e 1170 cod. civ., ritenendo che il più inteso uso della cosa comune
(ammesso anche dal convenuto) non ha determinato né la privazione del
compossesso in favore degli altri proprietari della stradella né un
aggravamento o una limitazione nel relativo esercizio. Quanto all’aumento di
rumori e agenti inquinanti, i giudici di merito hanno ritenuto che – in
concreto – l’incremento del passaggio nella misura di appena 10 automobili non
generi tale effetto, tanto più considerato il fatto che lo stesso percorso è
utilizzato sia per raggiungere altre strutture ricettive sia per il passaggio
di mezzi agricoli che cagionano più intense immissioni sonore e nocive.
Trattasi di valutazione di merito, che, essendo sorretta da
motivazione esente da vizi logici e giuridici, non è sindacabile in sede di
legittimità.
3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna
della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese
processuali, liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte
ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 3.200, di
cui euro 200 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.