L’atto con cui l’Agenzia del territorio attribuisce d’ufficio un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, deve chiaramente specificare a cosa sia dovuto il mutamento. Questo anche per consentire al contribuente di imbastire un ricorso rispetto a tale decisione. È, in estrema sintesi, quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 23247 del 31 ottobre 2014, che riportiamo di seguito.
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. tributaria, sent. 31.10.2014, n. 23247
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia ha ad oggetto la revisione del classamento e della rendita, posta in essere a seguito dell’attivazione della procedura ex L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, di 38 unità immobiliari (con l’attribuzione di nuove categoria e classe, per 5 unità, e di classe superiore, ferma restando la precedente categoria, per le altre 33) facenti parte di un edificio sottoposto a vincolo storico artistico, sito in (omissis). Il ricorso, con cui la proprietaria s.r.l. G.S. ha dedotto l’illegittimità dell’atto per difetto di motivazione e per mancata attribuzione della pertinente cat. A/9, è stato rigettato in primo grado, ma la decisione è stata parzialmente riformata in appello, con la sentenza indicata in epigrafe, che ha annullato l’atto in riferimento alle 5 unità interessate al mutamento di categoria, perché adottato in assenza di sopralluogo e supportato da motivazioni generiche. I giudici d’appello hanno ritenuto, nel resto, l’atto correttamente motivato, pure tenuto conto che la Società non aveva subìto alcun limite all’esercizio del diritto di difesa.
Per la cassazione della sentenza, che ha escluso che il vincolo storico-artistico incidesse sull’accertamento catastale, ha proposto ricorso la contribuente con due motivi, ai quali ha resistito l’Agenzia delle Entrate, succeduta all’Agenzia del Territorio, con controricorso con cui ha proposto ricorso incidentale, al quale la ricorrente principale ha, a sua volta, replicato con controricorso.
L’Agenzia ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va, preliminarmente, rilevata la tardività della memoria difensiva depositata dall’Agenzia delle Entrate il 12 settembre 2014 in relazione al termine di cinque giorni, di cui all’art. 378 c.p.c., riferito all’udienza, fissata per il successivo giorno 18: la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, di cui alla L. n. 742 del 1969, comporta la sottrazione del medesimo dal relativo computo, sicché il rispetto del termine va valutato, mediante un conteggio che si interrompe in detto periodo temporale e prosegue, a ritroso, fino al suo esaurimento (Cass. n. 19530 del 2005; n. 12044 del 2010).
2. Col primo mezzo, la ricorrente principale deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, che la CTR è incorsa in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, nel ritenere che la motivazione dell’atto di attribuzione di una nuova “classe” è legittima se contiene l’indicazione della “ubicazione delle predette unità, la loro consistenza, la categoria e la classe e la conseguente rendita catastale”. La contribuente evidenzia, per contro, come, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, il requisito della motivazione necessita che siano enunciate le specifiche giustificazioni della riclassificazione concretamente operata, e fa rilevare come tali giustificazioni siano state, correttamente, ritenute necessarie dalla stessa CTR, in riferimento all’attribuzione di una nuova categoria (con l’annullamento parziale dell’atto), ma non anche per l’attribuzione della nuova classe e delle conseguenti rendite, per le quali era stata, invece, ritenuta sufficiente la mera indicazione di ubicazione e consistenza: così opinando, i giudici d’appello avevano operato una distinzione del requisito minimo della motivazione – in riferimento all’attribuzione di una nuova categoria o di una nuova classe – che non trova base nel dettato normativo. L’argomento secondo cui non era rilevabile alcun vulnus al suo diritto di difesa, prosegue la contribuente, è erroneo, tenuto conto che l’Ufficio aveva fornito delucidazioni sull’iter seguito per la revisione del classamento, solo, in sede di controdeduzioni in giudizio.
3. Col secondo motivo, la contribuente lamenta la violazione del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 8; D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61; D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 8 e 9, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR negato rilevanza al fatto che tutte le unità immobiliari oggetto dell’avviso impugnato erano parte di un edificio riconosciuto come di interesse storico-artistico sin dal 1916, in riferimento all’attribuzione sia della classe, che di una categoria diversa da quella A/9.
4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’Agenzia delle Entrate deduce, da opposta prospettiva, che, nel ritenere nullo l’accertamento relativo alle cinque unità rispetto alle quali era stata variata la categoria, la CTR era incorsa in violazione della L. n. 311 del 2004, artt. 1, comma 335; D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 54 e 61. La ricorrente incidentale evidenzia che il presupposto dell’attuata procedura di revisione non è la variazione edilizia dell’unità considerata, ma la ridefinizione del classamento incongruo rispetto all’effettiva capacità reddituale, e sottolinea come non sia necessario effettuare alcun sopralluogo per procedere alla modifica della categoria.
5. Il primo motivo del ricorso principale è fondato. Premesso che l’atto tributario del classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria consiste nel collocare ogni singola unità in una data categoria e in una data classe in base alle quali attribuire la rendita (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, ed D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8), di tal che categoria e classe costituiscono distinti segmenti dell’unitaria operazione del classamento, va osservato che, secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (Cass. n. 9626 del 2012; ord. 19814 del 2012; n. 21532 del 2013; n. 17335 del 2014; n. 16887 del 2014), l’atto con cui l’Agenzia del territorio attribuisce d’ufficio un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, deve chiaramente specificare a cosa sia dovuto il mutamento. Tale principio, fissato in considerazione delle incertezze proprie del sistema catastale italiano che non detta una specifica definizione normativa delle categorie e classi catastali, è stato affermato proprio per consentire al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate.
6. In relazione al contenuto minimo della motivazione dell’atto di riclassamento di un immobile già munito di rendita catastale, questa Corte ha, in particolare, posto i seguenti principi:
a) se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi del comma 335 della L. n. 311 del 2004, art. 1, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento;
b) se la variazione è stata effettuata ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unità immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni;
c) nell’ipotesi di riclassificazione avvenuta ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, l’atto deve precisare a quale presupposto – il non aggiornamento del classamento ovvero la palese incongruità rispetto a fabbricati similari – la modifica debba essere associata, specificamente individuando, nella seconda ipotesi, i fabbricati, il loro classamento e le caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento.
7. Resta da aggiungere che l’Ufficio può sempre procedere, ex D.P.R. n. 138 del 1998, alla modifica del classamento ove lo stesso non risulti più attuale, ed in tal caso la motivazione del provvedimento dovrà indicare, ex art. 8, del D.P.R. cit. ed onde assolvere alle funzioni specificate al punto 5., per la modifica della categoria, l’eventuale mutamento della normale destinazione funzionale dell’unità immobiliare “tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali”; e, per la modifica della classe, le ragioni per le quali il “livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare nell’ambito del mercato edilizio della microzona” sia stato modificato.
8. Nel caso di specie, l’impugnata sentenza, dopo aver premesso che il riclassamento era stato attuato in applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, ha ritenuto che l’atto conteneva “tutti gli elementi essenziali quali l’ubicazione, la consistenza delle unità immobiliari, l’attribuzione dei nuovi classamenti e le relative rendite catastali”, con ciò individuando un contenuto minimo della motivazione non conforme ai principi sopra esposti.
9. Né il fatto che la contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione: la tesi, finisce per legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, affermato che l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo “persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (cfr. Cass. n. 7056 del 2014; n. 15842 del 2006; n. 23009 del 2009).
10. Va ora esaminato, per comodità espositive, il ricorso incidentale nella parte in cui censura la statuizione d’annullamento del provvedimento di variazione della categoria (relativo a cinque unità) in riferimento alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.
Premesso che la doglianza, oltre che enunciata, risulta, anche, svolta, di tal che l’eccezione d’inammissibilità del motivo sollevata dalla contribuente va disattesa, le considerazioni esposte ai punti 5-7 bastano ad evidenziarne l’infondatezza: l’ufficio sembra far coincidere la motivazione del provvedimento con la fonte normativa che ne consente l’emanazione, e sostenere che, in costanza del relativo presupposto, le variazioni del classamento concretamente operato per ciascuna unità immobiliare non necessitino di specifica motivazione in seno all’atto. In esso, invece, avrebbe dovuto darsi conto non della sola evoluzione del mercato immobiliare, né della mera richiesta del Comune, bensì della modifica del valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure di cui alla L. n. 311 del 2004, comma 339. Il rigetto del sub-motivo afferente l’illegittimità dell’atto per vizio di motivazione, priva la ricorrente incidentale d’interesse all’esame della questione relativa alla ritenuta necessità del previo sopralluogo.
11. L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale rendono definitivo l’accertamento del vizio di motivazione dell’atto impugnato, e, dunque, superfluo, per difetto d’interesse della Società, l’esame del secondo motivo, relativo all’incidenza del vincolo storico-artistico nell’attribuzione della categoria: il giudice tributario può, infatti, emettere -entro i limiti posti dalle domande di parte – una pronuncia di merito sostitutiva della pretesa tributaria nel caso in cui l’atto sia ritenuto invalido per motivi di carattere sostanziale, ma non anche quando, come nel caso in esame, l’atto sia stato annullato per ragioni di carattere formale (cfr. Cass. n. 15825 del 2006; n. 13034 del 2012; n. 6918 del 2013).
12. A tale stregua, la causa può esser decisa nel merito con la totale caducazione dell’atto impugnato.
13. Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del giudizio, per essersi la giurisprudenza consolidata in epoca successiva alla proposizione del ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta quello incidentale, cassa e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.