Il carattere abusivo dell’occupazione, quando determina la privazione del godimento diretto in essere o di quello che è certo vi sarebbe stato ed è stato precluso, risolvendosi nella perdita di un’utilitas, è stimabile economicamente e può essere commisurata a quanto si sarebbe potuto lucrare attraverso la concessione a titolo oneroso del godimento del bene. È quanto disposto dalla Corte di cassazione con la sentenza 15757 del 27 luglio 2015, di cui riportiamo un estratto.
————————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., sent. 27.7.2015, n. 15757
————————
(omissis)
Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata negava la sussistenza di un danno in re ipsa da occupazione abusiva, richiedendo invece la dimostrazione della sussistenza di un pregiudizio economico conseguente all’impossibilità del godimento e dell’utilizzo da parte del titolare.
Dall’altra parte i ricorrenti articolano la propria difesa sulla base del principio di diritto espresso nella sentenza di questa Corte n. 24437/2009 secondo la quale l’occupazione sine titulo è di per sé produttiva di un pregiudizio per il titolare dell’immobile, in quanto ostativa della percezione dei frutti e delle utilità della res a causa dell’illecita situazione di fatto determinata dall’occupante. Il contrasto fra i due indirizzi è soltanto apparente perché, pur affermando Cass. n. 378/2005 che il danno da occupazione abusiva non è in re ipsa, essa non si pone in contrasto con il consistente filone di giurisprudenza che ancora oggi afferma che un tale danno si configura.
La massima ufficiale di Cass. n. 378/2005 risulta così formulata:
“Il danno da occupazione abusiva di immobile (nella specie, terreno privato) non può ritenersi sussistente in re ipsa e coincidente con l’evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 c.c., trattasi pur sempre di un danno-conseguenza, sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo peraltro pur sempre avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti”.
In tal modo la sentenza, assumendo le condivisibili premesse teoriche circa la necessità di distinguere il c.d. danno evento da quello conseguenza, successivamente ribadite dalle Sezioni Unite con le quattro sentenza gemelle nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008, ha rimarcato che il danno non può ritenersi in re ipsa nel senso che il danneggiato non può ottenerne il riconoscimento per il solo fatto che vi sia stata l’occupazione abusiva.
La sentenza ha così sottolineato, proprio nella logica del danno conseguenza, che spetta al danneggiato allegare le situazioni fattuali dimostrative dell’esistenza del danno conseguenza. Ma anche l’orientamento apparentemente opposto non sembra negare tale necessità, quando allude al ricorso a criteri di normalità dell’individuazione dell’uso di cui il titolare del diritto è stato privato; così, infatti, si riferisce a danni conseguenza e facendo riferimento a criteri di normalità non sembra prescindere dagli oneri di allegazione e prova, questi ultimi pur sulla base di presunzioni.
In realtà, occorre intendersi sulla identificazione del danno evento da occupazione senza titolo: esso è certamente rappresentato dall’instaurarsi sul bene di una situazione di godimento diretto dell’occupante, che preclude il godimento diretto del titolare e nel contempo non gli permette di goderlo indirettamente, cioè conferendone il godimento, ossia la detenzione, ad altri. È questo che si configura come danno evento, cioè come lesione della situazione vantata sull’immobile dal titolare.
Altra cosa è il danno conseguenza in senso patrimoniale. Esso naturalmente dipende dall’atteggiarsi del godimento del titolare sul bene al momento in cui si verifica l’occupazione e successivamente dal verificarsi di situazioni che, se l’occupazione non esistesse, consentirebbero la fruizione di utilità al titolare del bene. Sotto il primo aspetto è palese che, per effetto del danno evento da occupazione, diversa è la situazione del titolare che godeva direttamente dell’immobile svolgendovi un’attività e che, dunque, vede preclusa la continuazione di tale possibilità, da quella del titolare che non svolgeva alcuna attività sull’immobile, cioè non esercitava un godimento diretto su di esso e nemmeno lo godeva indirettamente, cioè riscotendo un’utilità economica da un terzo (ad esempio, un conduttore), ossia frutti civili, oppure soddisfaceva un’esigenza affettiva o amicale (come nel caso di utilizzazione gratuita da parte di un figlio o di un amico).
È proprio in relazione all’atteggiarsi del godimento al momento dell’occupazione altrui che, per il suo protrarsi, potrà emergere o meno un danno conseguenza in relazione all’esistenza o no di una privazione della facoltà di godimento com’era in atto: a seconda dei casi si potrà dare l’esistenza di un danno emergente, come tale suscettibile di valutazione economica secondo le circostanze del caso. Ed il titolare dovrà allegarlo.
Se invece un godimento diretto non vi era e nemmeno ve n’era uno indiretto fonte di utilità, come nel caso in cui venga occupato un terreno che il titolare del diritto su di esso si limitava a godere a distanza senza svolgervi alcuna attività e lasciandolo inutilizzato (ad esempio incolto), allora non si configurerà un danno conseguenza per effetto della privazione. La situazione del godimento del titolare resta, infatti, immutata ed egli non riceve un danno conseguenza per effetto della privazione del godimento com’era.
Semmai, non diversamente da come potrebbe riceverlo anche il titolare che goda direttamente del bene, in questo caso, si potrà verificare un danno derivante dalla impossibilità di realizzare una modalità di godimento diretto che era stata programmata prima dell’occupazione (come se si era divisato di realizzare una certa attività sul bene) o una modalità di godimento indiretto che si presenti (come nel caso in cui un terzo formuli un’offerta locativa, che non possa essere soddisfatta per l’occupazione del bene): in tali casi si tratterà di danno da lucro cessante e parimenti la situazione determinativa del danno andrà allegata e dimostrata.
La stessa Cass. n. 378 del 2005 adombra anche in motivazione naturaliter l’uso di presunzioni proprio nei sensi indicati.
Nel caso in esame l’esistenza di un contratto di comodato precario fra C.C. e L.R., da una parte, e M.S., dall’altra, aveva ad oggetto una mansarda. Tale bene, illecitamente detenuto dalla M., ha natura fruttifera, tanto che la stessa occupante senza titolo ha ammesso che sul mercato immobiliare un bene simile era reperibile ad un canone mensile di circa euro 800-1.200.
La Corte d’Appello avrebbe dovuto riconoscere esistente l’utilità patrimoniale dell’appartamento dei ricorrenti, occupato senza titolo dalla M. e, quindi, provvedere alla aestimatio del relativo danno, se del caso facendo applicazione di criteri equitativi di liquidazione, come potrebbe essere l’individuazione del corrispettivo della locazione dell’immobile da parte del proprietario a terzi con permanenza del suo godimento diretto nell’immobile congiuntamente a quello del conduttore.
Invero, il carattere abusivo dell’occupazione, quando determina la privazione del godimento diretto in essere o di quello che è certo vi sarebbe stato ed è stato precluso, risolvendosi nella perdita di un’utilitas, è stimabile economicamente e può essere commisurata a quanto si sarebbe potuto lucrare attraverso la concessione a titolo oneroso del godimento del bene.
Solo in caso di mancanza di godimento diretto e di dimostrazione di impossibilità di realizzazione di un progetto di godimento diretto a causa dell’occupazione, questo criterio di liquidazione non è possibile; ma non lo è perché la situazione di danno emergente in questo caso non esiste. Semmai, se si dimostri che alcuno avrebbe preso in locazione l’immobile e che, dunque, è rimasto precluso un utilizzo indiretto, si potrà dare un danno da lucro cessante.
La sentenza impugnata deve essere dunque cassata ed il giudice di rinvio deciderà applicando i principi appena indicati.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.