Pioggia forte, di intensità eccezionale. Un sottopasso che esonda e il tubo fluviale del condominio che sversa acqua contribuiscono ad allagare i locali di una società, che chiede un risarcimento al Comune e allo stesso condominio. Ecco come si è espressa, in merito, la Corte di Cassazione, con la sentenza 5877 del 24 marzo 2016.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., sent. 24.3.2016, n. 5877
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I FATTI
L.C. s.r.l. … convenne dinanzi al Tribunale di Milano il condominio …, il comune di Lissone e le compagnie assicuratrici Helvetia e Sasa, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in seguito all’allagamento (verificatosi in occasione di un forte temporale, sia per esondazione di un vicino sottopasso, sia per precipitazioni da un tubo pluviale del condominio) di due locali condotti in locazione da essa attrice.
Espose, in particolare, la società che, tra le cause dell’allagamento, un particolare rilievo aveva assunto il mancato funzionamento delle elettropompe che il comune aveva installato proprio al fine di prevenire l’evento poi verificatosi.
Il giudice di primo grado respinse sia la domanda della società, sia quella proposta in corso di giudizio dal condominio nei confronti del comune per omessa o carente manutenzione della fognatura.
La corte di appello di Milano, investita del gravame principale proposto da L.C. srl, e da quelli incidentali del comune e del condominio, li rigettò.
Per la cassazione della sentenza della Corte meneghina l’appellante principale ha proposto ricorso sulla base di 4 motivi di censura illustrati da memoria.
Resistono la compagnia Helvetia e il comune di Lissone con controricorso illustrato da memoria.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
(omissis)
Occorre prendere le mosse dalle circostanze di fatto che la sentenza impugnata riconosce come pacifici e sui quali non sussiste alcuna controversia.
Quanto alla responsabilità del comune di Lissone
Risulta in fatto accertato – come si legge nella motivazione della pronuncia impugnata – che i locali di proprietà dell’odierna ricorrente rimasero seriamente danneggiati a seguito dell’allagamento causato da un forte temporale, di carattere eccezionale; che la capacità di smaltimento delle elettropompe era da ritenersi comunque insufficiente rispetto all’intensità della precipitazione; che, conseguentemente, l’accertamento circa il mancato funzionamento delle pompe stesse (circostanza allegata dall’attrice in prime cure) doveva ritenersi ininfluente ai fini del decidere, proprio in conseguenza della loro insufficienza allo smaltimento della eccezionale precipitazione.
Di qui, la riconduzione dell’evento di danno al caso fortuito.
La questione giuridica sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi consiste, pertanto, nello stabilire se un fenomeno di pioggia intensa e persistente, tale da assumere i connotati di una pioggia definita dalla Corte d’appello come di eccezionale intensità, alla luce degli acquisiti dati pluviometrici, possa costituire o meno un evento riconducibile alla fattispecie del fortuito, idoneo di per sé ad interrompere il nesso di causalità, in considerazione del suo carattere di straordinarietà ed imprevedibilità – quesito al quale la Corte d’appello ha dato risposta affermativa.
(omissis)
La possibilità di invocare il fortuito (o la forza maggiore) deve, difatti, ritenersi ammessa nel solo caso in cui il fattore causale estraneo al soggetto danneggiante abbia un’efficacia di tale intensità da interrompere tout court il nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, di tal che esso possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
E’ evidente, perciò, che un temporale di particolare forza ed intensità, protrattosi nel tempo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può, in astratto, integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore, salva l’ipotesi – predicabile nel caso di specie – in cui sia stata accertata l’esistenza di condotte astrattamente idonee a configurare una (cor)responsabilità del soggetto che invoca l’esimente in questione.
Applicando tale principio al caso di specie, è evidente l’errore in cui è caduta la sentenza impugnata la quale, trascurando del tutto ogni accertamento in ordine al funzionamento delle pompe di smaltimento (che si assume da parte ricorrente non funzionanti) sulla scorta dell’erronea considerazione della loro insufficienza a smaltire l’intero flusso delle acque (senza interrogarsi né sulla possibilità e sulla efficacia causale di uno smaltimento anche solo parziale, né su eventuali responsabilità amministrative circa le caratteristiche stesse delle pompe di filtraggio), ha tuttavia attribuito, sic et simpliciter, il carattere del fortuito determinante alla pioggia torrenziale che si era abbattuta sul territorio, omettendo altresì di considerare le rilevanti perplessità espresse dal ctu circa il reale stato di manutenzione della fognatura (ff. 11-12 della relazione, riportata in ricorso al folio 26).
La Corte d’appello, di converso, ha ritenuto sulla base di un sillogismo evidentemente privo delle necessarie premesse che anche un sistema di deflusso che fosse stato realizzato e avesse funzionato nel pieno rispetto di tutte le norme tecniche e di ordinaria diligenza non sarebbe stato idoneo a contenere la furia delle acque e ad evitare il danno.
È tale affermazione ad apparire, nella sostanza, sfornita di motivazione, mentre è evidente che l’accertamento di una sicura responsabilità in capo all’ente tenuto alla manutenzione avrebbe dovuto imporre un più accurato esame della fattispecie, allo scopo di valutare se, come ed in quale percentuale l’esecuzione dei lavori a regola d’arte e il regolare funzionamento del sistema di pompaggio sarebbero stati in grado, se non di evitare, almeno di ridurre l’entità dei danni.
Questa Corte ha già in più occasioni riconosciuto, anche in relazione agli obblighi di manutenzione gravanti sulla P.A., che la discrezionalità, e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario, dei criteri e dei mezzi con cui la P.A. realizzi e mantenga un’opera pubblica trova un limite nell’obbligo di osservare, a tutela della incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e regolamenti disciplinanti detta attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza che dall’inosservanza di queste disposizioni e di dette norme deriva la configurabilità della responsabilità della stessa pubblica amministrazione per i danni arrecati a terzi (tra le altre, Cass. 9 ottobre 2003, n. 15061 e 11 novembre 2011, n. 23562).
È appena il caso di aggiungere, infine, che ogni riflessione, declinata in termini di attualità, sulla prevedibilità maggiore o minore di una pioggia a carattere alluvionale, certamente impone, oggi, in considerazione dei noti dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro Paese, criteri di accertamento improntati ad un maggior rigore, poiché è chiaro che non si possono più considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici che stanno diventando sempre più frequenti e, ormai, tutt’altro che imprevedibili.
La responsabilità del condominio
La Corte territoriale ha ritenuto che l’esimente del caso fortuito predicata con riferimento alla responsabilità del comune giustificasse ipso facto una pronuncia di assoluzione da responsabilità anche per il condominio così immotivatamente rigettando l’istanza di ammissione di prove per testi sulla circostanza che l’allagamento verificatosi al piano terra dei locali condotti in locazione dalla ricorrente fosse stato determinato anche da acque provenienti da un tubo di scarico pluviale rotto o disconnesso, in relazione al quale lo stesso tecnico della compagnia assicuratrice Helvetia aveva formulato un’offerta risarcitoria, – limitandosi sotto altro profilo a riportare un’affermazione del CTU che, peraltro, faceva acriticamente propria una circostanza contenuta nel fascicolo di parte del condominio (f. 15 della relazione, riportato al folio 31 del ricorso).
(omissis)
Il ricorso è pertanto accolto, e il procedimento rinviato alla Corte di appello di che, in diversa composizione, si atterrà ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Milano in altra composizione.