[A cura di: Studio legale MaBe & Partners]
Con ordinanza n. 14809/2017, la Corte di Cassazione è tornata ad affrontare il tema della presunzione stabilita ai sensi dell’art. 1117 c.c. Secondo consolidata giurisprudenza, l’elencazione prevista dal summenzionato articolo non è tassativa, e tale risulta essere in ragione dell’attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione dello stesso al comune servizio dei condòmini.
Il condomino che rivendichi la proprietà esclusiva di tali beni, dovrà essere in grado di superare tale presunzione di condominialità fornendo la prova di tale diritto, producendo quindi un titolo di acquisto da cui possa risultare escluso il bene dalla comunione: il titolo di acquisto, secondo le parole della Suprema Corte, si identifica con il primo atto di trasferimento dell’unità immobiliare del fabbricato originario ad un soggetto diverso (così Cass. Civ. Sez. II, 27/05/2011 n. 11812). Inoltre, giova ricordare come la presunzione prevista ai sensi dell’art. 1117 c.c., non costituisca una presunzione in senso tecnico, in quanto la stessa può configurarsi come attribuzione legale della natura comune ai beni elencati in tale norma: ne deriva, quindi, che tale attribuzione potrà essere derogata solo con la previsione di apposito patto contrario, risultante dall’atto costitutivo del condominio oppure provando l’usucapione.
Qualora, in occasione della prima vendita, la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell’ambito dei beni comuni risulti riservata ad uno solo dei contraenti, dovrà escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni. A fortiori, possono essere qui richiamati i precedenti orientamenti della Corte di Cassazione, secondo cui la presunzione stabilita dall’art. 1117 c.c. deriva dall’attitudine oggettiva del bene al godimento comune nonché dalla sua destinazione al servizio comune; per cui, chiunque dovesse rivendicarne l’esclusività dovrà superare tale presunzione.
A mero titolo esemplificativo, si richiama un precedente caso deciso dalla Suprema Corte (Cass. Sez. II, 2 marzo 2017, n. 5335): nel caso di specie, più soggetti avevano costruito un edificio sul suolo comune: il condominio, dunque, insorge al momento in cui avviene l’assegnazione in proprietà esclusiva dei singoli appartamenti. A seguito di tale assegnazione si origina, altresì, la presunzione legale di comunione pro indiviso di quelle parti del fabbricato che, in ragione delle loro caratteristiche tecniche, siano destinate all’uso comune, ovvero in grado di soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, salvo che dal titolo non risulti una chiara e univoca volontà di riservare esclusivamente a uno dei condòmini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri.
In definitiva, anche facendo riferimento all’orientamento espresso dalla Cassazione con sentenza n. 1792 del 23 agosto 2007, “chi voglia vincere la presunzione di condominialità, ha l’onere di fornire la prova della proprietà esclusiva, non potendo essere determinanti, a questo proposito, né le risultanze dell’eventuale regolamento di condominio, né l’eventuale inclusione del bene nelle tabelle millesimali, come proprietà esclusiva del singolo condomino”.