La pulizia dell’edificio condominiale si configura come lavoro dipendente oppure come contratto d’appalto? È la questione sulla quale è stata chiamata ad esprimersi la Corte di Cassazione con la sentenza 10347 del 19 maggio 2016, di cui riportiamo un estratto.
————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. Lavoro civ., sent. 19.5.2016,
n. 10347
————
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 16.1.10 la Corte d’appello di Napoli rigettava il gravame di A.S. contro la sentenza 29.3.06 del Tribunale della stessa sede che ne aveva accolto la domanda nei confronti del Condominio di …, limitatamente al TFR (per euro 5.507,56) e in relazione al riconoscimento d’un rapporto di lavoro dal 1982 al 30.4.02.
Per la cassazione della sentenza ricorre A.S. affidandosi a quattro motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.
Il Condominio di … resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale condizionato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Preliminarmente ex art. 335 c.p.c. si riuniscono i ricorsi in quanto aventi ad oggetto la medesima sentenza.
2 – Il primo motivo del ricorso principale denuncia vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata ha qualificato come contratto d’appalto quello intercorso dal 1972 al 1982, malgrado la mancanza d’un atto formale in tal senso tra la sig.ra A.S. e la Cooperativa N. (originaria proprietaria dell’edificio prima della costituzione del condominio, che aveva conferito alla ricorrente l’incarico di effettuare le pulizie del palazzo) e nonostante che l’esito dell’istruttoria abbia fatto emergere che non vi è stata soluzione di continuità né differenza nelle modalità di svolgimento del rapporto tra il periodo precedente e quello successivo al 1982, fattane salva la formalizzazione e la regolarizzazione di posizione contributiva; inoltre – prosegue il ricorso – contraddittoriamente la sentenza impugnata ha rigettato la domanda di differenze retributive per il periodo susseguente al 1982 in base alle stesse dichiarazioni riferite al periodo precedente, di guisa che la Corte non poteva qualificare come autonomo il lavoro espletato nel primo arco temporale (cioè fino al 1982) e, invece, subordinato quello successivamente espletato.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. per avere i giudici di merito trascurato che anche prima del 1982 sussistevano tutti gli indici sintomatici della subordinazione, vale a dire continuità della prestazione, sua eterodirezione da parte del condominio intimato, modalità di erogazione del compenso, fornitura da parte del condominio degli strumenti di lavoro, regolamentazione dell’orario di lavoro, insussistenza d’una sia pur minima auto-organizzazione di tipo imprenditoriale e d’un rischio di impresa da parte della lavoratrice, carattere semplice e ripetitivo delle sue mansioni (tali da non richiedere l’esercizio d’un potere gerarchico mediante precise direttive di lavoro).
Doglianze sostanzialmente analoghe vengono fatte valere nel terzo motivo di ricorso, sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.
Con il quarto motivo del ricorso principale ci si duole di vizio di motivazione nella parte in cui la gravata pronuncia ha rigettato le pretese differenze retributive e di TFR per il periodo successivo al 1982 in base all’erroneo presupposto che in appello la sig.ra A.S. non avesse, in proposito, svolto alcuna censura contro la sentenza di prime cure: si obietta – invece – in ricorso che nelle pagine 11 e 12 dell’atto d’appello la sentenza del Tribunale era stata specificamente censurata per cattivo governo delle risultanze testimoniali, da cui era emerso che la ricorrente lavorava tutti i giorni della settimana e per almeno otto ore al giorno; infine – conclude il ricorso – la decisione della Corte territoriale è contraddittoria là dove afferma la mancanza di prova d’un orario lavorativo superiore alle otto ore giornaliere nel periodo 1972-2002, in contrasto con quanto in precedenza asserito in riferimento al periodo precedente al 1982.
3 – I primi tre motivi del ricorso principale – da esaminarsi congiuntamente perché tutti incentrati sulla qualificazione giuridica del rapporto dal 1972 al 1982 – vanno disattesi perché in realtà suggeriscono esclusivamente una rivisitazione del materiale istruttorio (documentale e testimoniale) affinché se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.
(omissis)
In breve, la gravata pronuncia ha – con motivazione immune da vizi logici o giuridici – accertato che per il periodo anteriore al 1982 manca la prova della subordinazione, non risultando un vincolo di orario di lavoro, un assoggettamento ad eterodirezione della prestazione lavorativa né una sua infungibilità soggettiva (atteso che la ricorrente veniva a volte coadiuvata dal marito e dai figli).
Quanto agli altri possibili indici sintomatici della subordinazione, essi vengono invocati in ricorso senza però chiarire quali sarebbero state le concrete modalità di erogazione del compenso percepito dalla sig.ra A.S. dal 1972 al 1982 e quali gli strumenti e/o i materiali di lavoro che sarebbero stati forniti dal condominio intimato, a tal fine non bastando il mero rinvio agli atti e alla continuità della prestazione.
Né risulta la contraddittorietà di motivazione che – ad avviso della ricorrente – sarebbe stata insita nel rigetto della domanda di differenze retributive per il periodo susseguente al 1982 in base alle stesse dichiarazioni riferite al periodo precedente, nel senso che la Corte territoriale non avrebbe potuto qualificare come autonomo il lavoro espletato nel primo arco temporale (cioè fino al 1982) e, invece, subordinato quello successivamente espletato: in realtà, poiché l’esistenza d’un rapporto di lavoro subordinato era pacifica tra le parti a decorrere dal 1982, in nessun caso i giudici d’appello avrebbero potuto pervenire ad una soluzione diversa per tale periodo, mentre per quello precedente hanno valorizzato, oltre alle dichiarazioni della ricorrente e dei testi, anche il contratto stipulato con la cooperativa N., concludendo per il difetto di prova della subordinazione.
(omissis)
4 – Il quarto motivo del ricorso principale va disatteso perché prospetta sub specie di vizio di motivazione quello che, in realtà, si sarebbe dovuto dedurre come error in procedendo, tale essendo la denunciata omissione di pronuncia su un motivo di gravame erroneamente ritenuto insussistente dal giudice d’appello.
(omissis)
Né si ravvisa la contraddizione – circa l’orario di lavoro – lamentata nel quarto motivo del ricorso principale: in realtà, dalla lettura della motivazione non emerge affatto che la Corte territoriale abbia affermato che nel periodo 1972- 1982 la ricorrente abbia osservato un orario di otto o più ore giornaliere, anzi, i giudici d’appello hanno ritenuto insussistente la prova d’un vincolo orario in tale lasso di tempo.
(omissis)
6 – In conclusione, il ricorso principale va rigettato, mentre quello incidentale condizionato risulta assorbito.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta quello principale, dichiara assorbito quello incidentale condizionato e condanna la ricorrente principale a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.