SCALE CONDOMINIALI VISCIDE: NESSUN RISARCIMENTO PER LA CADUTA
Una donna scivola e cade dalle scale condominiali che, a suo dire, sarebbero state coperte di un liquido viscido ed oleoso. Chiede il risarcimento dei danni, ma sia nei primi due gradi di giudizio, sia in Cassazione, vede respinte le proprie istanze. Ecco perché.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 26.2.2016,
n. 3875
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
È stata depositata la seguente relazione.
«1. G.M. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, il Condominio …, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti alle lesioni da lei subite in una caduta verificatasi sulle scale dello stabile, asseritamente a causa della presenza sulle medesime di materiale viscido ed oleoso.
Si costituì il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda e l’autorizzazione a chiamare in causa la propria società di assicurazione INA Assitalia s.p.a.; quest’ultima si costituì, eccependo la non operatività della polizza e chiedendo il conseguente rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettò la domanda, condannando la G.M. al pagamento delle spese di giudizio.
2. La sentenza è stata impugnata dall’attrice soccombente e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 18 settembre 2014, ha rigettato il gravame, confermando la pronuncia di primo grado e condannando l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza d’appello ricorre G.M. con atto affidato a due motivi.
Resiste la s.p.a. Generali Italia con controricorso.
Il Condominio … non ha svolto attività difensiva in questa sede.
4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato.
5. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., in riferimento all’assenza di prova certa in ordine alle modalità della caduta; con il secondo, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., in riferimento all’eventuale assenza di una colpa oggettiva del condominio.
5.1. I motivi, da trattare congiuntamente in considerazione della loro stretta connessione, non sono fondati
La sentenza impugnata ha accertato, con una ricostruzione in fatto che rappresenta l’esercizio di un tipico potere del giudice di merito, che – pur potendosi dare per dimostrato che la G.M. era caduta sui gradini della scala condominiale nel giorno e nell’orario indicati in citazione – era rimasta invece mancante la prova sicura sia delle modalità della caduta sia dell’effettiva presenza sui gradini del materiale scivoloso che avrebbe causato la caduta medesima. Il che rendeva infondata la domanda, in considerazione dell’obbligo del danneggiato di provare l’esistenza del nesso di causalità, anche nell’ipotesi di cui all’art. 2051 del codice civile. La Corte d’appello ha dato conto delle ragioni di tale decisione, in particolare evidenziando che l’unica testimonianza idonea a confermare la tesi della G.M. era quella del teste C.R., figlio della medesima e perciò poco attendibile, il quale peraltro aveva parlato di un liquido del genere di quello che esce dai sacchetti dei rifiuti; tale circostanza, ove pure fosse stata vera, sarebbe stata tale da escludere ogni responsabilità del Condominio, dato il carattere imprevedibile della medesima.
A fronte di simile motivazione, le censure affermano la necessità di fare applicazione, nella specie, delle regole di cui all’art. 2051 cod. civ., ribadiscono la presenza di una presunta sostanza scivolosa sulle scale ed insistono nell’affermazione della responsabilità del Condominio; tutto ciò senza in effetti censurare la ratio decidendi della sentenza impugnata e senza considerare che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, anche l’applicazione delle regole di cui all’art. 2051 cod. civ. presuppone sempre che il danneggiato dimostri il fatto dannoso ed il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno e che, ove la cosa in custodia sia di per sé statica e inerte, il danneggiato è tenuto a dimostrare altresì che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (sentenza 5 febbraio 2013, n. 2660).
6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato».
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Entrambe le parti hanno depositato una memoria alla trascritta relazione, insistendo per accoglimento delle rispettive conclusioni.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni, precisando che le osservazioni critiche contenute nella memoria della ricorrente non valgono a superare il contenuto della relazione, risolvendosi in parte nella ripetizione di argomenti già proposti e, quanto al resto, nel tentativo di sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi curo 1.200, di cui curo 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.