Se sia legittima la sopraelevazione di uno stabile attiguo tale da chiudere due luci a un condominio, dipende anche dalla valutazione se la costruzione sia eseguita in semplice aderenza o in appoggio, fattispecie, quest’ultima, che non può essere messa in atto senza ottenere preventivamene la comunione del muro. È quanto rimarcato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 26124 del 30 dicembre 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 30.12.2015,
n. 26124
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso, ex art. 1170-1171 e 1172 c.c., S.T., quale condomina dello stabile sito in Milano, via L. n. 5, chiedeva che fosse inibita alla U. s.r.l. la prosecuzione dei lavori di sopraelevazione dello stabile attiguo di via L. n. 3 in quanto pregiudizievole alla sua proprietà in relazione alla chiusura di due luci praticate nel muro perimetrale della sua abitazione. Si costituiva in giudizio la U. s.r.l. chiedendo, in via riconvenzionale, che fosse accertato il proprio diritto di chiudere dette aperture.
La ricorrente dichiarava, all’udienza del 23.5.2001, di rinunciare alle azioni di cui agli artt. 1171 e 1172 c.c., facendo valere solo la tutela possessoria, essendo nel frattempo intervenuta la chiusura delle luci e lo spossessamento del muro maestro perimetrale.
Espletata C.T.U., con provvedimento interinale confermato in sede di reclamo, il Giudice ordinava la riduzione in pristino dei luoghi mediante demolizione della muratura occlusiva delle aperture e la rimozione degli innesti operati nel muro perimetrale con ventiquattro travetti, impiegati per ancorare la soletta di nuova costruzione.
Nella successiva fase di merito, con sentenza del 10.6.2004, il Tribunale confermava detto provvedimento e condannava la società convenuta al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione proponeva appello la U. s.r.1.; interveniva volontariamente in giudizio il Condominio di via L. n. 5, aderendo alle ragioni dell’appellata e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
Con sentenza depositata il 14.4.2011 la Corte di Appello di Milano rigettava l’appello confermando integralmente la sentenza di primo grado, con condanna dell’appellante alla refusione delle spese del grado.
La Corte territoriale condivideva la statuizione del giudice di prime cure laddove aveva ritenuto che l’attività posta in essere dalla società resistente, senza ottenere preventivamene la comunione del muro perimetrale del civico n. 5, costituiva turbativa del possesso poiché comportava la privazione del potere di fatto anteriormente esercitato dalla ricorrente con riguardo alle aperture ed al muro suddetto; rilevava che la costruzione sopraelevata non era stata eseguita in aderenza, ma in appoggio, ribadendo che non vi era stato il previo acquisto del muro da parte della società appellante.
Per la cassazione di tale decisione la U. s.r.l. propone ricorso affidato a tre motivi.
Resistono con controricorso il Condominio di Via L. n. 5, Milano, in persona dell’amministratore e S.T..
MOTIVI DELLA DECISIONE
La società ricorrente deduce:
1) (omissis);
2) violazione degli artt. 74-876-877-904 c.c. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio; erronea ricostruzione dei fatti ed errore di diritto, posto che la sentenza impugnata era fondata sull’erroneo presupposto che l’intera sopraelevazione fosse stata realizzata “in appoggio” anziché in aderenza, come pure evidenziato dal C.T.U., ipotesi che escludeva la necessità di acquisire preventivamente la comunione del muro perimetrale del civico n. 5 di via L., in difetto, peraltro, di un accertamento giudiziale, anche di ufficio, del carattere emulativo della costruzione sopraelevata;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 1170 c.c.; violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c.; insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio; in particolare, essendo stata proposta un’azione di manutenzione finalizzata alla rimozione dei travetti per l’asserito rischio alla stabilità dell’immobile, occorreva la prova rigorosa della presunta molestia, mentre il C.T.U. non aveva accertato alcun rischio statico dell’edificio né era ravvisabile lo spossessamento del bene, non trattandosi di azione di reintegrazione nel possesso.
Il ricorso è infondato.
(omissis)
Priva di fondamento è la seconda censura in quanto non correlata alla “ratio decidendi” riferita alla realizzazione di un appoggio, con l’inserimento nel muro contiguo di 24 travetti costituenti la soletta del quinto piano; la sentenza impugnata ha dato conto, peraltro, del peso gravante per effetto della copertura sul muro condominiale, richiamando correttamente le risultanze della C.T.U. ed il principio secondo cui è in appoggio una costruzione che in qualsiasi modo utilizzi un muro per contenere spinte e trovare l’equilibrio statico (V. Cass. n. 12419/1993; n. 17388/2004). Va, in particolare, evidenziato che è in appoggio la costruzione che scarica sul muro del vicino il peso degli elementi che la costituiscono o in qualsiasi modo la utilizzi per contenere spinte a trovare l’equilibrio statico; è, invece, in aderenza la costruzione che si trova in semplice contatto col muro del vicino dal quale è, dal punto di vista strutturale autonoma in modo che se venisse meno questo muro l’evento risulterebbe del tutto indifferente all’autonomia della costruzione.
Infondato è, infine, il terzo motivo.
Secondo i principi giurisprudenziali di questa Corte, la tutela possessoria delle luci è consentita, oltre che nel caso di servitù di luce, anche allorché le aperture siano state eseguite e mantenute “iure proprietatis”, essendo l’apertura di luce sul confine manifestazione di una facoltà rientrante nel contenuto del diritto di proprietà e del possesso, salvo che il vicino costruisca in appoggio o in aderenza a norma dell’art. 904 c.c., ipotesi in cui viene meno la tutela della luce sia in sede petitoria che possessoria (Cass. n. 13618/2013).
Nella specie, con adeguata e corretta motivazione, la Corte di merito ha escluso le condizioni per l’applicabilità dell’art. 904 c.c., essendo stata realizzata una costruzione in appoggio senza che il muro fosse stato reso comune e ravvisando in tale circostanza di fatto una turbativa del possesso “poiché comportante la privazione del potere di fatto anteriormente esercitato dalla ricorrente sia con riguardo alle aperture che con riguardo al muro perimetrale”. Con riferimento a tale motivazione non è dato ravvisare né il difetto di corrispondenza fra chiesto e pronunciato né la mancanza di prova sulla molestia denunciata.
Il ricorso, alla stregua di quanto osservato, va rigettato.
Consegue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.700 di cui euro 200 per esborsi oltre accessori di legge.