Serra sul terrazzo: il parere del condominio prevale su quello del Comune
Le autorizzazioni amministrative esauriscono la loro efficacia nell’ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato, senza estendersi ai rapporti tra privati, non potendo – neppure ai fini della legittimità di una innovazione ai sensi dell’art. 1120 comma 2 cod. civ. da compiersi nell’ambito di un condominio di edificio – incidere negativamente sulle posizioni soggettive degli altri condòmini. È il principio con cui la Cassazione ha confermato le sentenze dei primi due gradi di giudizio a carico di due condomine che avevano realizzato sulla propria terrazza una serra non autorizzata dal condominio, e che a giudizio degli altri condòmini avrebbe violato il decoro architettonico dell’edificio.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ. ord. 22.6.2016,
n. 12917
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Considerato che:
il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.;
«Ritenuto che:
– il Condominio dell’edificio sito in … convenne in giudizio P.L. e C.B., chiedendo la condanna delle stesse alla rimozione della serra realizzata sulla terrazza del loro appartamento, in quanto vietata dal regolamento condominiale;
– le convenute resistettero alla domanda;
– il Tribunale di Milano accolse la domanda e condannò le convenute alla rimozione della detta serra e al ripristino dello stato dei luoghi;
– sul gravame proposto dalle convenute, la Corte di Appello di Milano confermò la pronuncia di primo grado;
– per la cassazione della sentenza di appello ricorrono P.L. e C.B. sulla base di quattro motivi;
– resiste con controricorso il Condominio dell’edificio sito in …;
Atteso che:
– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, per avere la Corte di Appello omesso di considerare che la realizzazione della serra era stata autorizzata dalla locale amministrazione comunale) appare manifestamente infondato, in quanto le autorizzazioni amministrative esauriscono la loro efficacia nell’ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato, senza estendersi ai rapporti tra privati, non potendo – neppure ai fini della legittimità di una innovazione ai sensi dell’art. 1120 comma 2 cod. civ. da compiersi nell’ambito di un condominio di edificio – incidere negativamente sulle posizioni soggettive degli altri condòmini (Sez. 2, Sentenza n. 20985 del 06/10/2014);
– il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 832-1117-1120 cod. civ., per avere la Corte di Appello ritenuto che la serra realizzata dalle convenute alterava la facciata esteriore dell’edificio) appare inammissibile, in quanto sottintende una censura in fatto relativa alla sussistenza di una alterazione della facciata dell’edificio, non proponibile in sede di legittimità;
– il terzo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ., per avere la Corte di Appello omesso di motivare la ritenuta alterazione dell’aspetto architettonico dell’edificio) appare manifestamente infondato, avendo invece la Corte territoriale puntualmente motivato in proposito, sottolineando che la serra ha “dimensioni molto rilevanti, tanto da apparire come un prolungamento dei locali interni dell’unità immobiliare delle condomine”, e “insiste sulla facciata, incidendo sull’aspetto della stessa”;
– il quarto motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 55, cod. civ., in relazione all’interpretazione del regolamento condominiale da parte dei giudici di merito) appare inammissibile, sia perché l’interpretazione degli atti negoziali è tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità, sia perché la censura non supera la soglia dell’assoluta genericità;
Ritenuto che il ricorso può essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi rigettato»;
Considerato che:
– il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis cod. proc, civ., alla quale non sono stati mossi rilievi critici, rilevando altresì l’inammissibilità del primo motivo, in quanto nuovo rispetto ai motivi di gravame (cfr. p. 4 della sentenza di appello);
– il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente;
(omissis)
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 5400, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.