Controsoffittatura ed eliminazione di alcuni radiatori: sono o meno interventi che, anche se attuati di propria spontanea volontà, sfociano automaticamente nella riduzione della propria quota di spese di riscaldamento condominiale? È la vicenda sulla quale si è espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza 1187 del 22 gennaio 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 22.1.2015, n. 1187
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 15 ottobre 2007 il Giudice di pace di Torino dichiarò la propria incompetenza per valore in ordine alla domanda proposta dalla società semplice V. e dall’associazione M. Club nei confronti del condominio dell’edificio sito in quella città in via …; domanda diretta a ottenere l’annullamento della deliberazione assembleare del 26 settembre 2006, con cui era stato deciso di non consentire alcuna riduzione della spesa per il riscaldamento centralizzato alle parti attrici, anche se avevano eliminato due radiatori e diminuito mediante controsoffittatura la cubatura di due loro locali al piano terreno dello stabile.
Su appello dei soccombenti, il Tribunale di Torino, con sentenza del 29 gennaio 2009, affermata la competenza del Giudice di pace, ha deciso la causa in primo ed unico grado, respingendo la domanda. La pronuncia si basa sul rilievo che l’art. 9 del regolamento del condominio, avente natura contrattuale, dispone che per operazioni come quelle attuate dalle parti attrici occorre il preventivo benestare scritto dell’amministratore, che postula a sua volta il consenso dell’assemblea, negato con la delibera in questione.
La società semplice V. e l’associazione M. Club hanno proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi. Il condominio dell’edificio sito in via … a Torino non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la società semplice V. e l’associazione M. Club, lamentano “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.) con particolare riferimento agli articoli 1130 comma 2 e 1133 c.c., nonché omessa e/o insufficiente o contraddittorietà della motivazione, prospettata dalle parti o rilevabile d’ufficio (360 n. 5 c.p.c.)” e a conclusione dell’illustrazione della doglianza formulano il seguente quesito di diritto:
“Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se in relazione e con riferimento all’art. 1130 n. 2 c.c. e all’art. 1133 c.c. è attribuzione dell’amministratore disciplinare l’uso delle cose comuni e le prestazioni di servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento di tutti i condòmini e se, conseguentemente, nell’ambito di questa attribuzione, l’amministratore deve sopperire alla mancanza del regolamento o alla sua incompletezza ovvero, in sua mancanza l’eventuale diniego o inerzia dell’amministratore è impugnabile davanti all’assemblea”.
L’interrogativo posto dalle ricorrenti a questa Corte è articolato in maniera non conforme alle prescrizioni dell’art. 366-bis c.p.c., poiché difetta del requisito della pertinenza sia alla ratio decidendi posta a base della sentenza impugnata, sia alla censura che ad essa viene rivolta: non è attinente alla prima, dato che il Tribunale non ha affatto disconosciuto, ma anzi ha espressamente affermato, che competeva all’assemblea, come “organo che guida e veicola la volontà del condominio”, provvedere sulla richiesta avanzata dalla società semplice V. e dall’associazione M. Club; non è congruente con la seconda, poiché non vi è cenno alcuno alla tesi di quell’abuso attuato dalla maggioranza assembleare, che nell’illustrazione del motivo di ricorso è addotto quale ragione di invalidità della delibera in questione. Quanto poi alla contestuale denuncia ex art. 360 n. 5 c.p.c., manca del tutto la chiara indicazione, in un apposito momento di sintesi, del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume viziata o inidonea a giustificare la decisione.
Una tale indicazione può invece essere ravvisata nell’intitolazione – “Omessa motivazione su un punto decisivo della causa relativamente alla possibilità di eliminare il numero degli elementi esistenti, prevista dal regolamento di condominio, senza distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato (art. 360 n. 5 c.p.c.)” – del secondo motivo di ricorso. Anch’esso però è inconferente, stante la mancanza di ogni precisazione circa la ravvisabilità nella specie di una qualche figura sintomatica (come per esempio la disparità di trattamento) di un eccesso di potere: ipotesi che rende sindacabile nel merito e annullabile una deliberazione assembleare, pur se formalmente legittima, ove risulti arbitraria e preordinata al solo perseguimento, da parte della maggioranza, di interessi diversi da quelli della compagine condominiale, o volutamente lesiva dei singoli, senza una propria autonoma giustificazione causale basata sull’interesse comune (cfr., da ultimo, Cass. 21 febbraio 2014 n. 4216).
Il ricorso viene pertanto dichiarato inammissibile. Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale il condominio intimato non ha svolto attività difensive.
DISPOSITIVO
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.