La variazione delle tabelle millesimali, anche per quanto riguarda i
millesimi di due soli appartamenti sulla totalità di quelli in condominio, non
può comunque essere tacita, ma si deve evincere la precisa volontà in tal senso
dell’assemblea condominiale. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con
la sentenza 13296 del 26 giugno, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent 26.6.2015, n. 13296
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. A.V. impugnava le delibere dell’assemblea del condominio di Napoli,
via … del 10 giugno 2003 e del 30 giugno 2003 nelle quali all’appartamento di
esso istante erano stati attribuiti 14,625 millesimi invece dei 9,25 millesimi
risultanti dalle tabelle allegate al regolamento condominiale.
Faceva presente che: gli appartamenti dell’ottavo piano, interni 16 e
16 bis, già titolari rispettivamente di mm. 9,25 e mm 20,00 erano di proprietà,
tempo addietro, dei germani A.V. e M.V.V.; su entrambi gli immobili insisteva
l’usufrutto della madre, R.T.; era stato richiesto all’amministratore, alla
fine del 1991, di suddividere le spese condominiali in parti uguali tra i due
appartamenti; tale modalità, recepita dal condominio era stata osservata fino
al 2001, epoca del decesso dell’usufruttuaria, a seguito del quale fu chiesto
all’amministratore il ripristino dell’originaria distribuzione tabellare; il
che era avvenuto per le riunioni del 2001 e del 2002; nonostante la richiesta,
formulata nell’imminenza dell’assemblea del 10 giugno 2003, di applicazione
della originaria tabella millesimale, l’amministratore del Condominio aveva
sostenuto che era intervenuta modifica consensuale della ripartizione
millesimale tra gli interni 16 e 16 bis accettata da tutti i condòmini.
Pertanto, A.V. chiedeva al Tribunale di Napoli la declaratoria di
nullità delle delibere impugnate.
Il condominio di Napoli, via … si costituiva chiedendo il rigetto
della domanda, deducendo la carenza di interesse ad agire dell’attore;
l’avvenuta legittima revisione delle tabelle contrattuali sulla base della
richiesta del 1991 accettata all’unanimità da tutti i condòmini per facta
concludentia, rilevando la mancata accettazione da parte dei condòmini
S.-M. (nuovi proprietari dell’appartamento int. 16 bis) della richiesta di
ripristino del A.V..
Il tribunale di Napoli, con sentenza n. 3594/06, rigettava la domanda.
Con sentenza n. 1327/2009 la Corte di appello di Napoli rigettava
l’impugnazione proposta dall’attore.
I Giudici ritenevano quanto segue:
– a seguito della richiesta rivolta all’amministratore di ripartizione
delle spese relative ai due appartamenti 16 e 16 bis in parti uguali sin dal
1991, le delibere e le spese condominiali furono rispettivamente adottate e
ripartite per un decennio attribuendo all’appartamento 16 e 16 bis millesimi
14,62 ciascuno;
– la modifica della ripartizione delle spese condominiali fu accettata
per facta concludentia dagli altri condòmini, che in tal modo aderirono
alla convenzione modificatrice delle originarie tabelle millesimali;
– la distinzione fra ripartizione delle spese e la modifica delle
tabelle millesimali, invocata dall’appellante, era un sofisma;
– d’altra parte, indipendentemente dalle finalità soggettiva
perseguite, la ripartizione in misura paritaria rispondeva alla mutata
consistenza dei due appartamenti, essendo pacifico e comunque provato
l’avvenuto aumento della originaria superficie dell’appartamento 16;
– la richiesta di ripristino degli originari valori millesimali,
peraltro chiesta soltanto da A.V., non venne mai approvata, non potendo
ritenersi oggetto di una convenzione assentita tacitamente da tutti i
condòmini, spante l’opposizione dei condomini che avevano nel frattempo
acquistato l’appartamento di M.V.V..
2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione A.V. sulla
base di due motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Il primo motivo censura la sentenza impugnata che, in violazione
dei criteri ermeneutici di interpretazione di cui agli artt. 1362 e 1363 cod. civ., non aveva
operato la distinzione fra ripartizione delle spese che aveva formato oggetto
della richiesta formulata da A.V. all’amministratore – circostanza pacifica
secondo quanto risultava dalla stessa comparsa del convenuto – e la modifica
delle tabelle millesimali, che hanno la funzione non solo di costituire un
criterio di ripartizione delle spese ma anche di determinare i quorum
costitutivi e deliberativi della assemblea. Al riguardo, non aveva considerato
che l’operazione posta in essere dalle parti non era altro che la assunzione di
debiti altrui da parte del ricorrente e che la richiesta era finalizzata acché
la ripartizione delle spese venisse a gravare soltanto sui nudi proprietari e
non sulla madre.
2.1. Il secondo motivo, proposto subordinatamente al primo, censura la
sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che l’approvazione delle tabelle
millesimali sarebbe avvenuta per facta concludentia, atteso che secondo
i principi della stessa giurisprudenza di legittimità richiamata, occorre che:
a) il pagamento reiterato in base alle tabelle modificate abbia a oggetto spese
di manutenzione straordinaria e non già ordinaria, il che non era dimostrato nella
specie; b) il reiterato pagamento non rileva come comportamento concludente per
sé, ma solo in base a tutte le circostanze del caso concreto come
manifestazione tacita di volontà, che deve necessariamente rapportarsi a un
comportamento univoco e concludente, dal quale possa desumersi un determinato
volere con un preciso contenuto incompatibile con un volere diverso. Nella
specie, la sentenza non aveva considerato le circostanze del caso concreto.
3. I motivi – che, stante la stretta connessione per la reciproca
interferenza, vanno esaminati congiuntamente – sono fondati nei limiti di
quanto si dirà infra.
Occorre premettere che la ratio decidendi su cu si fonda la
sentenza impugnata è la tacita modifica per facta concludentia da parte
dei condòmini delle tabelle millesimali conseguente alla protratta approvazione
delle delibere e ripartizione delle spese in base ai valori attribuiti agli
appartamenti di proprietà dei germani V. per effetto della richiesta di
ripartizione delle spese in parti uguali inviata dai germani V.
all’amministratore, da questi accettata e trasfusa nei verbali di assemblea: il
riferimento pure compiuto dai Giudici alla mutata consistenza degli
appartamenti in questione sembra piuttosto stare a indicare quella che sarebbe
la ragione giustificatrice della richiesta di ripartizione in parti uguali
delle spese condominiali, posta alla base della tacita convenzione
modificatrice delle tabelle millesimali da parte dei condòmini.
Va qui chiarito innanzitutto che il criterio di identificazione delle
quote di partecipazione al condominio, derivando dal rapporto tra il valore
dell’intero edificio e quello relativo alla proprietà del singolo, esiste prima
ed indipendentemente dalla formazione dei millesimi (Cass. 17115/2011;
3264/2005; 431/1990); la deliberazione che approva le tabelle millesimali non
si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, che è nella
legge prevista, ma solo come parametro di quantificazione dell’obbligo,
determinato in base ad una valutazione tecnica; l’atto di approvazione della
tabella, che non ha natura negoziale, fa capo ad una documentazione ricognitiva
di tale realtà (S.U. 184477/10).
Ancora, è da sottolineare che l’approvazione per facta concludentia,
conseguente alla applicazione continua negli anni, della modifica delle tabelle
millesimali deve manifestarsi in un comportamento univoco, dal quale possa
senza incertezze desumersi una precisa volontà in tal senso dei condòmini.
Ciò posto, ai fini di stabilire il valore della quota di partecipazione
al condominio dell’appartamento di proprietà dell’attore ovvero la rilevanza o
meno – sotto il profilo di una tacita revisione delle originarie tabelle
millesimali allegate al regolamento condominiale – delle indicazioni contenute
nei verbali di assemblea attribuiti ai condòmini V., l’indagine avrebbe dovuto
considerare che, secondo quanto esposto dallo stesso condominio con la comparsa
di costituzione (integralmente riportata nel ricorso), a richiesta formulata
dall’attore: 1) aveva avuto a oggetto la ripartizione in parti uguali delle
spese relative agli appartamenti 16, in
nuda proprietà dell’attore, e 16 bis della sorella, sui quali la madre aveva il
diritto di usufrutto; 2) era stata rivolta all’amministratore e da questi
accettata; 3) nessun effetto aveva avuto sulla posizione degli altri condòmini.
Ed invero, la sentenza non ha in alcun modo preso in considerazione il tenore
letterale della richiesta laddove in essa non era formulato alcun riferimento
alla modifica delle tabelle millesimali: infatti, i Giudici hanno
sbrigativamente superato la questione sollevata dall’appellante circa la
distinzione fra ripartizione delle spese e modifica delle tabelle millesimali,
giudicandola un sofisma, laddove il contenuto della richiesta e la
circostanza che la stessa era stata rivolta all’amministratore avrebbe
piuttosto dovuto indurre i Giudici a verificare se avesse riguardato
esclusivamente le modalità di pagamento convenute con l’amministratore –
deputato alla riscossione egli oneri condominiali e certo non legittimato ad
accettare modifiche delle tabelle millesimali, rientranti evidentemente nelle
attribuzioni dell’assemblea – e ciò indipendentemente da quelle che potessero
essere le finalità soggettive perseguite dai V., finalità che sono del tutto
irrilevanti nel presente giudizio così come è ininfluente la natura (di accollo
liberatorio) dell’accordo sottostante che aveva determinato i germani V. alla
richiesta. Ma allora, nel verificare la esistenza di una volontà manifestata
tacitamente dagli altri condòmini per facta concludentia ovvero di un
comportamento univoco volto a modificare i valori delle originarie tabelle
millesimali, la sentenza avrebbe dovuto accertare se l’approvazione delle
delibere e la ripartizione dei contributi secondo le indicazioni dei millesimi
indicate nei verbali di assemblea fossero riconducibili a una volontà
consapevole dell’assemblea ovvero che corrispondessero (alla) e fossero
sintomatiche (della) effettiva, seppure tacita, volontà degli altri condòmini
di procedere, anche se limitatamente ai due appartamenti in oggetto, alla
revisione delle tabelle millesimali allegate al regolamento condominiale: al
riguardo, sarebbe stato necessario tenere conto e valutare – alla luce del
contenuto della richiesta e del rapporto di parentela esistente fra i
proprietari degli appartamenti interessati – che la posizione degli altri
condòmini era estranea a quella che aveva riguardato la ripartizione delle
spese relativa (e limitata) ai condòmini richiedenti, nel senso che alcuna
rilevanza poteva di per sé solo assumere per gli altri la mera indicazione nei
verbali di assemblea dei valori millesimali dei due appartamenti, difforme da
quanto previsto nelle tabelle millesimali, per un totale rimasto invariato, e
senza alcun riflesso sui criteri di ripartizione delle spese per gli altri
condòmini. In considerazione delle ricordate particolarità della fattispecie
che i Giudici hanno omesso di analizzare, non appare pertinente il precedente
di legittimità (Cass. 4814/19 4) citato in proposito dalla sentenza impugnata.
La sentenza va cassata, con rinvio, anche per le spese della presente
fase, ad alta sezione della Corte di appello di Napoli.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso per quanto in motivazione,
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese della presente fase,
ad altra sezione della Corte di Napoli