Di chi è la proprietà del terrazzo condominiale e del vano realizzato su di esso? È la comlessa questione cui ha fatto fronte la Corte di cassazione, con la sentenza 1672 dl 29 gennaio 2015, che riportiamo di seguito.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 29.1.2015, n. 1672
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FATTO E DIRITTO
l. In esito a controversia possessoria, relativa all’utilizzo di un terrazzo e dell’area libera soprastanti l’edificio di via (omissis), nel 2001 i signori S.U. e F.R. convenivano in giudizio altri 10 condòmini dello stabile, per far accertare che erano proprietari esclusivi del terrazzo e del vano realizzato su di esso e “titolari dell’uso esclusivo di detti beni pertinenziali”.
I convenuti, costituendosi, chiedevano in via riconvenzionale l’accertamento della proprietà comune del lastrico solare e la demolizione dei manufatti.
Il contraddittorio veniva integrato con la chiamata di altri 4 condòmini, che aderivano alle difese dei convenuti.
Restava contumace il condomino S..
Il tribunale di Palermo accoglieva la domanda principale, riconoscendo ai convenuti soltanto la comproprietà della camera di manovra dell’ascensore e il diritto di servitù di accesso al lastrico per eseguire lavori di manutenzione delle parti comuni.
Stabiliva che gli attori avevano acquistato, per derivazione dai titoli di acquisto degli aventi causa, il terrazzo e l’area libera soprastante.
La Corte di appello 1’8 febbraio 2011 riformava parzialmente la decisione di primo grado.
Affermava che la proprietà dello spazio soprastante una costruzione, separata da quella dell’immobile sottostante, è da qualificare come diritto di superficie e non come diritto di proprietà e che pertanto, a prescindere dalle espressioni adoperate negli atti di acquisto, i costruttori-venditori si erano riservati solo un diritto di superficie, restando così il lastrico solare quale bene condominiale ex art. 1117 c.c..
La Corte riconosceva tuttavia la legittimità dell’uso del diritto di superficie al fine di costruire l’abbaino, collocare un serbatoio e spostare le porte della scala, come avevano fatto gli appellati S.-R..
La Corte di appello respingeva, perché tardive e comunque non provate, le deduzioni degli appellanti relative allo spostamento di una finestra lucifera del vano di manovra dell’ascensore e la lesività della collocazione della nuova porta del vano comune.
Giudicava non provate la demolizione della soletta lastrico e le doglianze concernenti le modalità di ricostruzione della stessa.
G.T. e altri dieci condòmini hanno proposto 5 motivi di ricorso per cassazione, notificato il 12 marzo 2012.
S. e R. hanno resistito con controricorso.
Disposta in sede camerale integrazione del contraddittorio e depositati gli atti, la causa è pervenuta all’odierna pubblica udienza, senza costituzione di altri soggetti.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt.1362, 1363, 1366 e 1369 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c..
La censura lamenta che la Corte di appello incongruamente avrebbe affermato l’esistenza, oltre al diritto di superficie, di un autonomo diritto relativo alla facoltà degli appellati di “servirsi del lastrico solare senza limitazione alcuna”, diritto inammissibilmente desunto dal’’aver gli atti di acquisto accordato la possibilità non solo di costruire sul lastrico, ma anche di spostare le porte di accesso alla scala condominiale e quella di accesso a detto vano.
2.1. Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 1470, nonché la presenza di vizi di motivazione.
I ricorrenti espongono due profili di censura, che appaiono entrambi fondati.
Con il primo rilevano che la sentenza impugnata, se ha inteso veramente riconoscere agli attori S.-R. un ulteriore diritto di natura reale oltre il diritto di superficie, è contraddittoria.
Essa infatti, esaminando la questione preliminare, aveva escluso che gli originari costruttori si fossero riservati la proprietà esclusiva del lastrico solare e che la riserva da essi trattenuta contemplasse diritti poziori rispetto al diritto di superficie, ma poi aveva riconosciuto il diritto di servirsi del lastrico solare senza limitazione alcuna.
Oltre questa contraddizione interna, il ricorso espone che sarebbe stato violato l’art. 1470 c.c., perché la sentenza non avrebbe analizzato gli atti di acquisto dei vari condòmini dagli originari costruttori dell’edificio (V. e S.) e avrebbe ammesso che i danti causa degli S.-R. avessero potuto alienare un diritto più ampio di quello a suo tempo da essi acquisito.
2.1.1. Dopo aver ricostruito le vicende degli altri acquirenti (atti risalenti al 1965), il ricorso evidenzia che i costruttori V. e S. non avrebbero potuto trasferire nell’agosto 1966 ad A.M. (che aveva acquistato da loro e ha rivenduto ai signori S.-R.) un diritto reale parziario che limitasse il diritto di comproprietà dei condòmini sul lastrico solare, “ad eccezione del diritto reale di superficie”.
3. Le doglianze sono fondate, perché mettono in luce l’inconsistenza dell’affermazione di una imprecisata “facoltà di servirsi del lastrico solare senza limitazione alcuna”, che sarebbe stata riconosciuta ai resistenti dal loro atto di acquisto.
Essa è in intima contraddizione con l’affermazione dell’esclusiva riserva del diritto di superficie ed è lesiva del disposto dell’art. 1470 c.c., che consente la vendita di una cosa o di un diritto reale soltanto a chi ne sia proprietario. Chi invece abbia già trasferito tutti i diritti inerenti quella cosa (nella specie il lastrico solare) e si sia trattenuto solo il diritto di superficie sull’area soprastante il fabbricato non può alienare diritti o facoltà ulteriori.
3.1. La sentenza ha omesso di verificare il contenuto degli atti di vendita e del diritto di uso del lastrico solare alla luce di questa regola.
L’’ccoglimento di questo motivo di ricorso impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, poiché il giudice di appello dovrà nuovamente pronunciarsi, emendando la sentenza dai suindicati vizi motivazionali e concettuali.
Risultano assorbiti tutti gli altri motivi: il primo, che attiene all’interpretazione dell’atto di acquisto S.-R. e quindi a un accertamento logicamente successivo a quello imposto dall’accoglimento del primo motivo.
Il terzo, che concerne la violazione dell’art. 1102 c.c., cioè la possibilità del proprietario o del superficiario di compiere le opere di cui si tratta.
È bene a questo proposito rilevare che non si può escludere in linea astratta che ex art. 1102 c.c. possa essere ritenuto dai giudici di merito che una scaletta di collegamento tra alloggio all’ultimo piano e lastrico solare corrisponda solo ad un uso più intenso della cosa e che altrettanto si possa dire anche delle altre opere di cui si tratta, ma tale accertamento non risulta essere stato condotto esplicitamente dal giudice di appello quale seconda ratio decidendi. Il relativo profilo di ricorso è stato proposto infatti ipoteticamente (ricorso pag. 27).
Non deve essere quindi esaminato, ma rinviato all’esame esplicito dei giudici di appello, ove necessario nell’economia della futura sentenza.
Altrettanto vale anche per quarto e quinto motivo.
Altra sezione della Corte di appello di Palermo provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Palermo, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.