L’amministratore del condominio è legittimato a proporre l’azione di cui all’art. 1669 c.c., relativa ai gravi difetti di costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell’edificio condominiale, anche senza preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale. È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 9911 del 19 aprile 2017, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 19.4.2017,
n. 9911
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Il condominio… conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Dolo, l’Impresa Coop …, per sentirla condannare, quale venditrice-costruttrice del fabbricato condominiale, alla eliminazione di gravi difetti costruttivi dell’edificio.
Parte convenuta nel resistere in giudizio eccepiva il difetto di legittimazione dell’amministratore del condominio, non trattandosi di interventi di tutela conservativa dell’edificio comune; e negava la propria responsabilità, essendosi limitata a vendere le singole unità abitative dell’edificio, la cui realizzazione aveva appaltato a terzi (la A. s.r.l.).
Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava la Coop ad eliminare i difetti così come accertati dal c.t.u. nominato nel giudizio.
L’appello della Coop era respinto dalla Corte distrettuale di Venezia, con sentenza n. 539 pubblicata il 7.3.2012. Riteneva la Corte territoriale che l’amministratore del condominio era stato debitamente autorizzato con delibera che, sebbene non riprodotta in appello, era stata pacificamente adottata dall’assemblea condominiale e non oggetto d’impugnazione. Come risultante da apposita attestazione del comune di …, il condominio non era inadempiente all’obbligo di trasferire al comune stesso alcune aree da asservire ad uso pubblico, conformemente alla convenzione di lottizzazione stipulata il 26.3.1990 tra il comune e la Coop e all’accordo concluso il 14.6.1999 tra quest’ultima e il condominio. Infine, dovevano condividersi le osservazioni del c.t.u., il quale aveva rilevato che la Coop non aveva ottemperato all’obbligo di eliminare i difetti riscontrati, per cui correttamente il giudice di primo grado aveva condannato detta cooperativa a porvi rimedio secondo le modalità suggerite dal c.t.u. stesso.
Per la cassazione di tale sentenza l’Impresa Coop propone ricorso, affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso il condominio ….
(omissis)
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo lamenta, congiuntamente, il vizio motivazionale della sentenza impugnata e la violazione degli artt. 1669 e 1130 c.c.; il secondo mezzo espone, del pari, la carente motivazione e la violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c. e art. 115 c.p.c.; il terzo motivo allega la violazione o falsa applicazione dell’art. 1160 c.c. (recte, 1460); il quarto motivo allega il vizio di extrapetizione della sentenza impugnata, perché la domanda proposta dal condominio avrebbe dovuto essere “ancorata” alla convenzione stipulata tra le parti il 14.6.1999, non avente minimamente ad oggetto la modalità di esecuzione delle opere edilizie.
2. I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro interrelazione, sono manifestamente infondati.
Premesso che il vizio di motivazione, secondo il paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo, applicabile alla fattispecie ratione temporis, anteriore alle modifiche di cui al n. 83/12, convertito in L. n. 134 del 2012), può avere ad oggetto solo fatti decisivi e controversi e non questioni inerenti alla corretta interpretazione di legge, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che l’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall’art. 1669 c.c., può essere esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera, e sempre che si tratti di gravi difetti, i quali, al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità del medesimo (Cass. nn. 2238/12, 8140/04, 4622/02, 9853/98, 3146/98, 9313/97 e 8109/97).
E nella specie è la stessa parte odierna ricorrente ad affermare a chiare lettere di aver venduto ai singoli condòmini le unità immobiliari dell’unico edificio la cui costruzione essa, in qualità di proprietaria del terreno, affidò in appalto ad un terzo (v. pag. 3 del ricorso).
2.1. Non scalfita la riconduzione della fattispecie alla previsione dell’art. 1669 c.c., così come operata dalla Corte di merito, va da sé che:
a) sussiste la legittimazione ad processum dell’amministratore, anche a prescindere dall’esistenza, dalla prova e dal quorum della delibera di autorizzazione a proporre la domanda giudiziale; infatti, l’amministratore del condominio è legittimato a proporre l’azione di cui all’art. 1669 c.c., relativa ai gravi difetti di costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell’edificio condominiale, anche senza preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale (Cass. nn. 17484/06, 12231/02, 3304/00 e 8294/99);
b) sono irrilevanti le vicende relative alla convenzione 14.6.1999 tra la Coop e il condominio; invero, indipendentemente dalla natura extracontrattuale (secondo la giurisprudenza) o contrattuale (secondo la dottrina prevalente) dell’azione ex art. 1669 c.c., la responsabilità per gravi difetti dell’opera non è inquadrabile entro un nesso di corrispettività tra le prestazioni, per cui la relativa azione non è paralizzata dall’eccezione d’inadempimento relativa ad un (diverso) rapporto.
(omissis)
3. In conclusione il ricorso va respinto.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che liquida in Euro 4.200, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.