[A cura di: Confabitare] Il comma 59 della legge di stabilità 2019 (legge 30/12/2018, nr. 145) recita: «Il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell’anno 2019, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente, può, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, essere assoggettato al regime della cedolare secca, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l’aliquota del 21 per cento. Tale regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale».
Si tratta della possibilità di aderire al regime fiscale della cedolare secca (all’aliquota del 21%) per i proprietari “persona fisica” di negozi: è l’approvazione di un’importante norma, cavallo di battaglia di tutte le associazioni, Confabitare in testa. A prima vista la norma sembra chiara: in un articolo 1 della legge composto da 1143 commi dove, per la maggior parte, si citano semplici locuzioni che modificano, annullano o prorogano articoli di leggi esistenti, senza comprenderne l’oggetto, il comma 59 è invece detta in maniera diretta norma e ambito di applicazione. Si applica ai contratti stipulati nel 2019; con effettive nuove locazioni, per unità immobiliari di categoria C/1 di superficie fino a 600 mq (pertinenze escluse dal calcolo dei 600 mq), aliquota 21% prevista dall’articolo 3 del DL 14/3/20111 n 23.
Tra le varie problematiche, uno dei punti su cui potrebbe nascere un contenzioso è la misura massima delle unità immobiliari: 600 mq escluse le pertinenze. Quale dato prendere in considerazione: la superficie riportata sulla visura catastale o una rilevata da un professionista? La logica direbbe quella presente in visura, ma qui sono presenti due valori: consistenza che per le categorie “C” viene espressa in mq e la superficie catastale. Quest’ultima comprende la superficie vani o locali accessori che hanno una “funzione principale nella specifica categoria” e vani o locali accessori, mentre la consistenza può considerare il solo vano adibito alla vendita. Sarebbe quindi quest’ultima la superficie da prendere in considerazione come limite per considerare il possibile assoggettamento al regime di cedolare secca?
La categoria catastale ammessa è, come abbiamo visto, la C/1 – negozi e botteghe. Sono esclusi quindi: C/3 – laboratori per arti e mestieri e A/10 – uffici. L’ampliamento anche a questa categoria di immobili è una delle richieste che andranno avanzate. Se è vero che la motivazione principale, riportata dal governo, per l’introduzione, dopo anni di tentennamenti, di questa norma è quella di agevolare la locazione di negozi sfitti, è altrettanto una valida motivazione per non escludere dai benefici fiscali della cedolare secca i proprietari di immobili appartenenti a queste categorie.