Si riferiscono ancora al terzo trimestre 2016. Ma i dati diffusi nei giorni scorsi dall’Agenzia delle Entrate sull’andamento del mercato immobiliare la dicono lunga sulla tendenza positiva che ha caratterizzato il comparto nel 2016. Tra giugno e settembre dell’anno scorso, si è infatti consolidato il trend di crescita delle compravendite già evidenziato nei due trimestri precedenti, con tassi stabilmente a doppia cifra. Tra i fattori alla base dell’incremento, spiccano il permanere di tassi di interesse sui mutui particolarmente bassi e il contesto economico nel suo complesso: elementi che accrescono l’attrattività relativa dell’investimento immobiliare, soprattutto in una fase del ciclo che sembra propizia (grazie anche alla discesa dei prezzi nominali registrata dall’Istat negli ultimi trimestri). La crescita, peraltro, coinvolge tutti i segmenti del mercato, con il terziario (+31,1%, oltre il doppio rispetto al tasso di crescita del trimestre precedente) ed il commerciale (da +12,9% a +23,3%) che registrano delle forti accelerazioni; gli altri settori presentano invece una crescita in decelerazione, a partire dal residenziale, che passa dal +22,9% del semestre precedente, che rappresentava il massimo incremento percentuale nella serie storica considerata, ad un comunque significativo +17,4%, che consente al settore di raggiungere il volume di compravendite più alto dal 2012.
IL TRIMESTRE
Limitando l’analisi al solo terzo trimestre di ciascun anno, si evidenzia una serie storica caratterizzata da ripetute cadute del mercato in atto dal 2006, interrotte da una fase di stabilizzazione tra 2009 e 2011. A partire dal 2013 l’intensità dei cali si è attenuata per lasciare spazio, nel corso del 2014, ad un percorso di risalita che si è poi consolidato nel 2015 e, appunto, nel 2016.
Dall’osservazione delle variazioni percentuali tendenziali dei volumi di compravendita (numero di transazioni normalizzare) in ogni trimestre a partire dal 2004, risulta evidente anche da questa elaborazione un prolungato andamento mediamente negativo, che parte dal terzo trimestre 2006, interrotto da segni positivi nei primi due trimestri del 2010, ma solo per le abitazioni, e negli ultimi due del 2011. Nel 2012, come osservato in termini di volumi, le flessioni sono state fortemente accentuate in tutti i trimestri, raggiungendo il massimo con la perdita del quarto trimestre (quasi un terzo degli scambi). Nel 2013 le variazioni negative rallentano invece in intensità; il 2014 si apre con un tasso tendenziale positivo, interrotto da un secondo trimestre al ribasso, per poi proseguire con rialzi crescenti nella seconda parte dell’anno. Nel 2015, assorbito l’effetto del nuovo regime dell’imposta di registro che ha influenzato il risultato del primo trimestre, il mercato mostra variazioni tendenziali positive in tutti i restanti trimestri per abitazioni e pertinenze e la sola eccezione, per il non residenziale, del quarto trimestre 2015. Il 2016, infine, ha consolidato in tutti i settori, come visto, i segnali di ripresa.
RESIDENZIALE
Aree geografiche. L’analisi per aree geografiche evidenzia una crescita generalizzata in tutto il Paese; il segno è positivo in tutte le aree, anche se con un rallentamento generalizzato rispetto al trimestre precedente, in alcuni casi abbastanza vistoso. Ancora una volta è il Nord a registrare la crescita più significativa (+22,3%), di poco inferiore a quella registrata nel secondo semestre; il dato assume una valenza ancora maggiore se si considera che le regioni settentrionali rappresentano oltre la metà del mercato complessivo. Al Centro il rallentamento è nell’ordine dei 5 punti percentuali (da +20,7% a +15,2%), in linea con la dinamica nazionale; è il Sud, invece, a ridurre in modo più evidente la spinta propulsiva, con un tasso più che dimezzato rispetto alla rilevazione precedente (da +20,8% a +10,0%).
Valutando l’andamento delle transazioni per macro aree geografiche, oltre alla forte volatilità stagionale si evidenziano linee di tendenza caratterizzate da sensibili decelerazioni nel 2008 e nel 2012, e da una ripresa, più graduale, negli ultimi semestri. Anche i tassi di variazione tendenziali di ciascun trimestre fanno emergere con evidenza il calo sempre più accentuato dal 2006 al 2012, con la parentesi che, a cavallo tra 2009 e 2011, vede tassi in ripresa o addirittura positivi; dal 2012 i tassi iniziano a decrescere progressivamente, fino a tornare in territorio positivo a partire dal 2014, pur con qualche eccezione (al Sud all’inizio del 2014, al Centro ad inizio 2015). Dal secondo semestre 2015 il segno diviene stabilmente positivo, fino al massimo dello scorso semestre.
Sviluppando un’analisi differenziata tra comuni capoluogo e resto delle province, emergono peculiarità di un certo interesse, soprattutto nella distinzione per macro aree territoriali. A differenza delle rilevazioni immediatamente precedenti, il tasso di crescita più alto si registra nei comuni non capoluogo, sia alla scala nazionale (+17,9% a fronte di un +16,4%), sia nelle due macro aree centrale (oltre 5 punti di differenza) e meridionale (oltre 3 punti di differenza), mentre al Nord permane, pur assottigliandosi, una leggera prevalenza dei capoluoghi (un punto percentuale).
La peculiarità del terzo trimestre 2016 è che si tratta dell’unico in cui la crescita dei comuni non capoluogo è superiore a quella dei capoluoghi di provincia.
Le metropoli. Il rallentamento della crescita del mercato, pur nella permanenza di un deciso segno positivo, è una tendenza che si conferma, senza eccezioni, in tutte le 8 maggiori città italiane per popolazione. Spicca, in particolare, il dato di Napoli, che dopo due trimestri caratterizzati da una crescita superiore al 20% presenta, nel terzo trimestre, un volume di compravendite di poco superiore a quello dell’analogo periodo del 2015 (solo +2,4%); anche Palermo e Roma non riescono a confermare tassi a doppia cifra. In deciso calo (pari o superiore a 10 punti) il tasso di crescita di Bologna e Firenze, mentre l’arretramento è assai meno significativo negli altri casi, a partire da Genova. Più articolato, invece, il quadro dei corrispondenti comuni non capoluogo di provincia: solo in due casi si registra un rallentamento significativo (di circa 14 punti a Bologna, di poco più di 10 a Genova), in quattro casi (Roma, Milano, Torino e Napoli) il rallentamento è inferiore ai 5 punti, mentre a Palermo e Firenze si è registrata addirittura un’ulteriore accelerazione della dinamica espansiva (rispettivamente di 8 e 4 punti percentuali).