[A cura di: Dott.ssa Silvia Zanetta] La mediazione immobiliare è uno strumento ampiamente diffuso nella prassi commerciale, e ha assunto rilevanza sempre maggiore negli ultimi anni. L’attività del mediatore, o colloquialmente chiamato “agente immobiliare”, ai sensi dell’art. 1754 c.c., consiste nel mettere in relazione due o più parti per la conclusione di un affare. La mediazione è consentita, ai sensi della Legge 39/1989, solo a chi è iscritto in ruolo speciale presso le Camere di Commercio.
Il contratto di mediazione non richiede particolari forme, ossia per la sua esistenza non è necessaria la stipula di un vero atto scritto. Il mandato può essere anche orale. Il mandato di agenzia può avere origine anche da un contratto di fatto, cioè dall’accettazione tacita della partecipazione del mediatore durante le trattative la conclusione dell’affare. Nel caso di conferimento dell’incarico in forma orale, il contratto è sempre revocale. Invece, se l’incarico ha origine da un atto scritto, esso scade o è revocabile secondo le regole individuate nell’atto stesso.
Circa la provvigione, è necessario analizzare l’art. 1755 c.c. ai sensi del quale “il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento. La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità”.
Il diritto alla provvigione si basa quindi sui seguenti presupposti:
Occorre quindi analizzare cosa si intenda per “affare concluso”.
Secondo consolidata giurisprudenza, l’affare può considerarsi concluso quando fra le parti è sorto un valido rapporto obbligatorio, come accade in caso di stipula di contratto preliminare, che legittima ciascuna delle parti ad agire in giudizio per il rispetto del vincolo giuridico sorto oppure per il risarcimento del danno. In caso di stipula fra le parti di contratto preliminare il diritto al compenso del mediatore sorge a prescindere dalla successiva stipula del contratto definitivo (Cass. civ., 30.11.2015, n. 24397).
L’affare non può dirsi concluso quando le parti hanno stipulato una semplice minuta o puntuazione poiché rientrano nella fase di avvio delle trattative contrattuali dalle quali non sorge alcun vincolo giuridico (Cass. civ. 2.4.2009, n. 8038; Trib. Venezia, 30.8.2002).
Ulteriore ipotesi da analizzare è il caso di stipulazione di un contratto preliminare di preliminare, ossia un accordo che si pone a monte del contratto preliminare e poi del definitivo. È una figura che ha assunto nel corso degli anni una rilevanza importanza all’interno del mondo immobiliare. Le S. U. della Cassazione, con sentenza n. 4628/2015, hanno evidenziato che un preliminare del preliminare è ammissibile solo quando vi sia un interesse specifico e il secondo accordo non costituisca una mera riproduzione del precedente. Sarà poi compito dell’interprete individuare caso per caso la sussistenza dell’interesse.
Le S. U. hanno riconosciuto al preliminare del preliminare una autonomia contrattuale produttiva di effetti giuridici (cfr. Cass. S. U. n. 4628/2015 “deve ritenersi produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare”).
Di conseguenza, i magistrati sono anche concordi nel ravvisare l’insorgenza del diritto alla provvigione derivante dalla stipulazione di un siffatto accordo proprio in quanto idoneo a rappresentare quell’affare che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, deve essere inteso come qualsiasi vincolo di natura economica in grado di generare un rapporto obbligatorio, che dia diritto alle parti di agire in giudizio per ottenere un adempimento/risoluzione dello stesso o, in subordine, per il risarcimento del danno (Cass. Civ., 19 ottobre 2007, n. 22000).
In un’altra pronuncia, la Cassazione ritiene che l’accettazione della proposta di acquisto possa già essere in grado di far sorgere il diritto al compenso provvigionale (Cass. 24397/2015).
Inoltre il diritto al compenso non sorge quando l’intervento del mediatore sia stato inutile e cioè quando le parti, inizialmente messe in relazione dal mediatore, non concludono alcun affare, oppure tramite autonome nuove iniziative concludono l’affare a condizioni diverse rispetto a quelle proposte dal mediatore (Tribunale di Roma, sez. X, sentenza 17 gennaio 2017, n. 656). In ogni caso, occorre sottolineare che il diritto al compenso del mediatore sorge esclusivamente nel caso in cui il professionista sia iscritto al Rea, o in caso di attività esercitata in forma di impresa.