[A cura di: Soloaffitti.it]
Il contratto d’affitto transitorio, meglio noto come contratto breve,
è spesso oggetto di dubbi e incertezze. Per aiutare i proprietari immobiliari,
ma anche i conduttori, a districarsi tra le previsioni di legge, il blog del franchising
immobiliare Solo Affitti ha pubblicato un approfondimento, a firma di Isabella
Tulipano, che parte da una premessa: legarsi per 4 anni (la durata del
contratto libero in Italia) spaventa evidentemente i proprietari, ma spesso
ancor di più spaventa gli inquilini che si immaginano a breve già in altre case
o per lo meno vogliono sentirsi liberi di spostarsi, cambiare vita e quindi
alloggio. Tuttavia, nonostante sia possibile, a partire dalla legge di riforma
delle locazioni, la 431 datata 1998, stipulare un contratto d’affitto
transitorio, di fatto rimangono ancora molti dubbi sul come e quando esso sia
regolare e quando no. E poi permane il più grande dei quesiti: lo posso
rinnovare? Tutte le risposte nella breve guida di Solo Affitti, che riportiamo
di seguito.
1. Durata e rinnovo. Il
contratto transitorio ha una durata minima di 1 mese e massima di 18 mesi.
Quindi un arco di tempo circoscritto a specifiche esigenze. Questo non vuol
dire che si può iniziare con contratto di due mesi e poi rinnovarlo fino a
coprire la durata massima di 18 mesi; considerando che una caratteristica
fondamentale del transitorio è la non rinnovabilità.
2. Canone. Poiché il
contratto transitorio rientra tra i contratti tipo o del secondo canale,
introdotti come alternativa rispetto al contratto libero, nei comuni capoluoghi
di provincia ed in quelli presenti nell’elenco
dei comuni ad alta densità abitativa il canone deve essere concordato,
ovvero calcolato in base agli accordi territoriali del comune di riferimento,
con la possibilità di un aumento del 20%. Negli altri comuni è possibile
stipulare contratti transitori a canone libero.
3. Motivazione. Un
contratto transitorio è regolare se a giustificarlo c’è una reale esigenza di
transitorietà, di una delle due parti. Quindi il contratto deve riportare la
motivazione per cui ad esempio un inquilino ha necessità di stipulare un
contratto di solo 12 mesi. Il caso più comune è quello di un lavoratore che ha
un contratto per un solo anno nella città in cui si trova l’immobile preso in
affitto. In questo caso il contratto di lavoro andrebbe allegato. Oppure,
l’immobile viene concesso per soli 6 mesi, perché allo scadere di questo
periodo sarà il proprietario stesso a tornare in Italia e dover andare a vivere
nella sua casa. Qui il motivo va riportato in contratto e confermato tramite
lettera raccomandata prima dello scadere dei sei mesi da parte del proprietario,
confermando la sua intenzione di andarci ad abitare.
4. Fiscalità. Che sia un
canone libero o concordato, il contratto transitorio non comporta agevolazioni
fiscali per il proprietario che quindi potrebbe scegliere la cedolare secca al
21% o di tassare il reddito con una deduzione Irpef del 5%. Quindi, a meno di
prossime novità, non valgono neanche eventuali agevolazioni Imu, se previste
dal Comune, che fanno espresso riferimento ai contratti concordati di 3 anni +
2.
5. Spese. Le spese
accessorie, come gli oneri condominiali, rimangono a carico dell’inquilino. La
questione potrebbe porsi rispetto alle bollette che spesso rimangono intestate
al proprietario, e soprattutto alla tassa sui rifiuti, che per contratti fino a
sei mesi rimane di competenza della proprietà.
6. Disdetta. Considerando
una durata relativamente breve, è corretto indicare e specificare nel contratto
il periodo di preavviso con cui l’inquilino può lasciare l’immobile. Perché la
facoltà per l’inquilino di lasciare l’immobile prima della scadenza rimane
sempre valida, per gravi motivi, ma i sei mesi previsti dalla legge in questi
casi risulterebbero eccessivi. Quindi è giusto accordarsi su un periodo di 1 o
due mesi magari.
7. Residenza. Anche se
nel caso di contratto transitorio parliamo di affitti brevi e di esigenze
abitative appunto transitorie, non c’è comunque un’esclusione automatica della
possibilità per l’inquilino di chiedere la residenza. Su questo punto ci sono
spesso diversi pareri: alcuni sostengono che il contratto transitorio sia
stipulabile solo per inquilini che non hanno la residenza nel Comune dove si
trova l’appartamento scelto. In realtà non esiste questo tipo di limitazione, e
quindi se l’inquilino valuta più conveniente chiedere la residenza, se può
dimostrare di abitare stabilmente nell’immobile in affitto, potrà ottenerla.
8. Arredamento. La
maggior parte dei contratti transitori verrà stipulata su immobili arredati. Ma
l’assenza del mobilio non esclude necessariamente e strettamente la possibilità
di stipulare contratti transitori anche su immobili non arredati. Non ci sembra
molto pratico, ma non possiamo escluderlo.
9. Deposito. Anche per i
contratti transitori viene richiesto un deposito cauzionale che possa coprire
eventuali danni arrecati all’immobile. Rispetto alla richiesta diciamo che
potrebbe essere inferiore alle tre mensilità: mediamente ci si attesta sulle
due mensilità, in ogni caso potrebbe arrivare fino alle classiche tre
mensilità. Rimangono valide anche altre formule di garanzia, o la possibilità
di inserire un garante esterno che assicuri il regolare pagamento del canone
fissato.
10. Sfratto. Abbiamo lasciato per ultimo la note dolente.
Sebbene questo contratto venga spesso richiesto dai proprietari pensando che
possa essere un “banco di prova” prima di dare fiducia all’inquilino, e quindi
pensando che se questi non pagherà sarà più facile mandarlo via, dobbiamo dire
che si tratta di un’illusione. Per il contratto transitorio valgono le regole
di tutti gli altri contratti abitativi: se l’inquilino non paga (ritardo di
oltre 20 giorni) si procede con uno sfratto per morosità; se non lascia
l’immobile allo scadere del contratto si procede con uno sfratto per finita
locazione; se usa l’immobile per scopi diversi da quello abitativo ed in ogni
caso di grave inadempienza, si procede con uno sfratto di diritto. Stesse
modalità, stesse tempistiche.