[A cura di Osservatorio T6 – www.osservatoriot6.com] Un’Italia in deflazione, traumatizzata dal lockdown e con il Pil in calo per tutto il 2020. Eppure, anche in questo quadro negativo, gli spunti per la ripresa ci sono: per sfruttarli a pieno, occorre un’immediata mobilitazione delle forze imprenditoriali e finanziarie del Paese, insieme ad una visione del futuro coraggiosa e strategica.
Il ritratto del Paese tratteggiato nell’ultimo appuntamento di Evoluzioni, il convegno on line organizzato dall’Osservatorio T6 – il Tavolo di studio sulle esecuzioni italiane – è pieno di ombre, ma offre anche qualche luce e spunti per la ripresa.
Secondo Luca Dondi dall’Orologio, amministratore delegato di Nomisma, “la situazione è in continua trasformazione, i nostri dati vanno continuamente aggiornati. L’avvio del 2020 faceva ben sperare, poi la pandemia ha stravolto tutto, basti pensare al Pil: nel corso di quest’anno perderemo complessivamente circa 160 miliardi di euro”. Gli indicatori descrivono un’economia debole, in piena deflazione, che vede le aziende in crisi di fiducia, non solo di fatturato. Il grande freddo dovrebbe perdurare per tutto l’anno, per poi intravedere il disgelo nel 2021 e, ancora di più, nel 2022”.
Chi è che resiste alla marea montante? La famiglia. “Forse non c’è ancora una totale consapevolezza di quello che sta accadendo e che accadrà – ha commentato l’a.d. di Nomisma – tuttavia, secondo le nostre rilevazioni, il 68,8% delle famiglie italiane dichiara di avere un reddito invariato, mentre la capacità di risparmio, per il 41%, è rimasta inalterata”. Senza contare che 2,4 milioni di persone affermano di progettare l’acquisto dell’abitazione: un numero sovrapponibile alle percentuali del 2019”.
Accanto a chi resiste, però, già si sente la voce di chi è colpito dalla crisi. “Circa il 32% dei nuclei familiari teme di non riuscire a pagare le rate del mutuo nei prossimi mesi – aggiunge -. Ancora più critica la fascia di chi vive in affitto, già in affanno prima del Covid”. Secondo le rilevazioni di Nomisma, il 40,9% delle famiglie teme di non farcela a pagare il canone nei prossimi mesi. Inoltre, occupazione e Pil, anche in caso di uno scenario recessivo soft si ridurranno ulteriormente, tanto che il lavoro rappresenta una preoccupazione per il 66% degli italiani”.
Tutto questo non può non ricadere sul mondo creditizio e sul real estate. Gli stessi prezzi delle case tenderanno a ridursi e le banche manterranno un atteggiamento prudente nella concessione dei mutui, nonostante un costo del denaro che si manterrà molto basso.
In prevedibile crescita i crediti deteriorati (Npl). Due tendenze, di recente intensificatesi, dovranno essere verificate: smart working e acquisti online. Secondo Dondi, infatti, “dall’evoluzione di queste due opzioni, non solo professionali ma di vita, nel post-Covid si capirà meglio l’impatto dei cambiamenti indotti dalla pandemia sul real estate del futuro”.
Una cosa è certa: il Coronavirus ha già cambiato il nostro modo di vedere la casa, quindi anche il settore immobiliare. Lo ha ben spiegato Giuseppe Roma, presidente di Rur, la Rete urbana delle rappresentanze: “Il lockdown ci ha segnato. Abbiamo vissuto intensamente casa e quartiere, lavorando a distanza ed in isolamento. Ora dobbiamo uscire da questo forte trauma, sapendo che nulla sarà come prima”. La domanda di abitazioni è ancora sostenuta, anche perché la chiusura dovuta al Covid ha fatto crescere l’insoddisfazione per la propria casa: il 37% dei milanesi vorrebbe cambiare, il 38% a Firenze, il 44% a Roma”.
La stessa crisi può definirsi a macchia di leopardo, fa male soprattutto alle micro-imprese e al terziario. “Chi ha reddito per farlo cercherà una casa più grande. E potrebbero avere un nuovo sviluppo anche le abitazioni destinate alle vacanze: Stiamo tornando al turismo in stile anni ’60, ovvero in casa comprata o affittata”.
Proprio il turismo, colpito duramente dalla pandemia, è un segnalatore di crisi. “Anche in questo settore, nulla sarà come prima – ha avvertito Roma – per questo occorre intelligenza strategica. Bisogna concentrarsi su misure in grado di far ripartire il settore quando i turisti torneranno”. Metà del mercato turistico è composto da stranieri, che quest’anno diserteranno l’Italia. “Ma in vista della ripresa, si potrebbe lavorare alla riqualificazione del patrimonio ricettivo, tramite un tax credit del 110%”, ha proposto il presidente di Rur.
Contro la crisi, anche la comunicazione ha un ruolo centrale. Per Gianluca Giansante, partner di Comin & Partners e docente Luiss, la buona comunicazione è un elemento per ripartire. “Fiducia, velocità di reazione ed empatia sono tre strumenti chiave per affrontare il momento difficile, informando in modo trasparente e corretto. Per aziende e istituzioni la drammaticità di una crisi può essere un’occasione per mostrare la leadership nel proprio settore o recuperare la vicinanza alla propria comunità”.
Ci vuole coraggio, ha rilanciato Guglielmo Pelliccioli, giornalista economico, fondatore del Quotidiano Immobiliare. “Il real estate, compreso l’indotto, vale 300 miliardi di euro – ha dichiarato – ecco perché occorre superare le divisioni e costruire un nuovo patto sociale tra politica, imprenditori e banche. La chiave per la ripresa è il digitale. L’80% del territorio italiano è a rischio calamità naturale, la tecnologia può aiutarci a prevenire, a costruire meglio, ad inventare nuovi materiali, a controllare le nostre case. In questo caso, davvero si potrebbe dire che dalla crisi nascono opportunità”.
Una soluzione che ha visto il plauso dell’Osservatorio T6. “Come centro studi composto anche da aziende del settore immobiliare, vediamo con favore questa nuova alleanza – ha sottolineato il presidente Stefano Scopigli – e siamo disponibili a dialogare da subito. Fino all’autunno, quando termineranno le moratorie di mutui e licenziamenti, in molti preferiranno vivere in sospensione. Ma le imprese non possono più aspettare, ecco perché l’impegno per la ripartenza deve essere immediato”.