[A cura di: Assoedilizia] “Il settore immobiliare è un volano chiave per il rilancio del Paese”. Con questa affermazione, il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha aperto i lavori dell’ottava edizione di Re Italy-Winter Forum, la convention dell’immobiliare organizzata da MonitorImmobiliare alla Borsa di Milano, in Palazzo Mezzanotte.
Rilevando come Re Italy sia ormai “un appuntamento centrale nel panorama italiano del real estate”, Toninelli ha ricordato come il settore immobiliare abbia una “sua doppia, fondamentale valenza per la nostra economia: da una parte è cartina di tornasole dello stato di salute del sistema nel suo complesso; dall’altra è un volano chiave per il rilancio del Paese”.
Proseguendo: “Si fa un gran parlare di “grandi opere. Questo Governo è a favore delle grandi opere utili e ne abbiamo tante da portare avanti. Siamo invece contrari agli sprechi di denaro pubblico. Tuttavia, non va mai dimenticato che la prima grande opera di cui abbiamo bisogno sono le tantissime piccole opere diffuse che l’Italia aspetta ormai da decenni. Un miliardo investito nel Ponte sullo Stretto crea 900/1000 posti di lavoro. Lo stesso miliardo investito nella riqualificazione degli edifici crea 15mila occupati. Ecco perché bisogna puntare sulla manutenzione del territorio, sulle infrastrutture digitali, sulla ristrutturazione delle reti idriche, sulla rigenerazione urbana, sugli interventi al patrimonio storico e all’edilizia civile, a partire da scuole e ospedali. Non va fatto solo in base a un principio di elementare giustizia e civiltà, ma giova anche alla ricchezza della nazione, alla qualità della vita e alla sicurezza dei cittadini”.
Due economisti, Giulio Sapelli e Mario Baldassarri assieme a Renato Panichi di S&P, hanno aperto i lavori. Entrambi gli economisti, rilevando sia pure con sfaccettature diverse, che siamo all’inizio di una frenata dell’economia mondiale, e quindi anche del nostro Paese, ma hanno escluso la possibilità di una recessione analoga a quella del 2008 a patto che non intervengano drammatici sviluppi politici.
Secondo Sapelli “non ci può essere ripresa economica senza gli in vestimenti indispensabili ai due settori trainanti: automotive e immobiliare. È il 20% della produzione che sostiene l’80% dei servizi. Si stanno incrociando due fattori negativi: da un lato la deflazione europea che porta alla stagnazione dell’economia di lungo periodo e dall’altro lato il rallentamento (relativo, resta sempre un Pil nettamente al di sopra del 6%) della Cina anche a causa della politica delle sanzioni di Trump. Nello stesso tempo, Wall Street è cresciuta soprattutto per la leva finanziaria e non per una prospettiva industriale, ed oggi è in frenata. L’Italia soffre per l’intreccio di questi due fattori perché siamo un Paese fondato sull’esportazione anziché sull’ampliamento del mercato interno, quindi non possiamo essere che i più danneggiati sia dalla politica economica europea sia dalla congiuntura internazionale. Sembra proprio che siamo destinati ad essere gli ultimi dei primi e i primi degli ultimi. Comunque, ha concluso Sapelli, nervi saldi e niente panico”.
Anche Panichi non prevede crisi nell’anno corrente, ma un rallentamento: “Per capire come andranno le cose, bisognerà attendere i dati di dicembre e gennaio. Gli investitori, che stanno alla finestra, decideranno, anche se è probabile che nel 2019 e nel 2020 l’Italia continuerà a crescere meno della media UE”.
È d’accordo Baldassarri che, nelle previsioni sui prossimi Pil di Cina (già prima economia del mondo), Usa ed UE ritiene che l’Italia, cresciuta negli ultimi decenni la metà della media europea, nei prossimi anni crescerà di un quarto. Snocciolando una impressionante serie di tabelle e di grafici ha spiegato, inoltre, come la manovra di Governo potrà incidere, nel bene o nel male, con pochi decimali sul Pil e sull’occupazione. Anche il tanto temuto aumento dell’Iva si rivelerebbe poco influente: nel 2021 arriveremo a 2.500 miliardi di debito pubblico senza aumentare l’Iva, a 2.450 aumentandola. Con questo ordine di grandezza, anche una ipotetica manovra correttiva di 6-7 miliardi è ben poca cosa. “Per intervenire sul debito pubblico, vera palla al piede del Paese, occorrerebbe una manovra coraggiosa come quella attuata da Amato nel 1992; oltre a un deciso taglio alla spesa pubblica che è di 900 miliardi di euro”.
Infine, Baldassarri non si preoccupa molto di una possibile procedura di infrazione da parte della UE alla vigilia delle elezioni del Parlamento europeo. Tutto rimandato a settembre, quindi (con un 7 in condotta). Ma i mercati aspetteranno?
Il parterre dei relatori conferma la rilevanza del Forum: