Quali voci di dettaglio deve contenere la fattura inerente il compenso professionale dell’amministratore di condominio? È la domanda posta da uno spettatore nell’ambito della rubrica legale del Tg del Condominio. Di seguito, la risposte fornita dall’avvocato Massimo Agerli, consulente legale di Ape-Confedilizia di Torino.
D. Sono un amministratore di condominio. Secondo un condomino (peraltro della Guardia di Finanza – tributaria) la fattura dell’amministratore del condominio, in conformità all’art. 21 del Dpr 633, deve indicare natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione. Io pensavo che un professionista non potesse valutare in termini di quantità ed importo la responsabilità penale del committente, la specifica competenza nell’espletare le sue mansioni, oppure il tempo dedicato a telefonate, conversazioni e tante altre mansioni “astratte”. In sintesi, pensare di descrivere in fattura ciò che fa l’amministratore in un anno e dare una quantità e valore ad ogni voce, credo sia molto complesso. Come devo comportarmi? Cosa dice la norma?
R. La domanda non è molto chiara. Da quello che si evince, il problema è duplice: da un lato il formalismo dell’indicazione delle specifiche prestazioni svolte in fattura; dall’altro capire se la quantificazione di queste prestazioni è stata correttamente portata all’assemblea. Mi spiego: secondo la riforma del 2012, l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta. Questa introduzione del legislatore è stata finalizzata a risolvere tutti i problemi che sorgono dalla quantificazione del compenso per le prestazioni dell’amministratore, dato che non esiste una norma o un tariffario previsto dalla legge. Viceversa, è un tariffario che si è sviluppato essenzialmente per prassi. In sintesi, più l’amministratore, quando viene nominato, è in grado di dettagliare le proprie prestazioni e quindi ottenere il consenso dell’assemblea (è una pattuizione privatistica, un contratto vero e proprio), più è facilitato nel poter chiedere e pretendere quella somma. Infatti, nel caso vi fossero contestazioni, se manca il preventivo (a parte che la nomina sarebbe nulla), l’amministratore dovrebbe dimostrare di aver svolto la prestazione e la quantificazione della stessa, che sono due aspetti assai complicati da portare in un giudizio. Se, invece, ha il preventivo, la quantificazione della prestazione è stata determinata e si tratterà soltanto di vedere se l’ha fatta. In questo caso è un po’ più semplice per lui dimostrare che ha svolto la prestazione.
Altra questione è cosa l’amministratore deve indicare in fattura. È chiaro che la norma tributaria dice che bisogna specificare nella descrizione della fattura quella che è la prestazione. Ora, se l’amministratore ha fatto un preventivo è sufficiente richiamare nella fattura il preventivo e le macro-categorie di prestazioni che ha svolto. Ad esempio, la telefonata, la corrispondenza, il contatto con i condòmini sono solitamente comprese nella voce “spese forfetarie”. Pertanto, è vero che bisogna dettagliare le spese in fattura, ma questo dipende dal fatto che abbia (o meno) analiticamente presentato all’assemblea il preventivo. Se non l’ha fatto, dovrà specificare meglio tutta una serie di prestazioni per le quali chiede il pagamento.