Il parcheggio in condominio. una delle tematiche più frequentemente oggetto di liti, che se non sfociano in vere e proprie controversie legali, spesso minano quantomeno i rapporti di civile convivenza tra i residenti dello stabile. Ecco un quesito posto da uno spettatore nell’ambito della rubrica legale del Tg del Condominio. E, a seguire, la risposta fornita dall’avvocato torinese Massimo Agerli.
D. Il nostro parcheggio condominiale è privato a uso pubblico. Alcuni condòmini, quando non trovano un posto “regolare”, lasciano l’auto davanti alla catena dell’area riservata a carico/scarico e all’accesso dei mezzi di soccorso. Tale comportamento, oltre che scorretto, è anche molto pericoloso. Come farlo cessare?
Risponde l’avvocato M. Agerli
R. Non mi è ben chiaro cosa intenda il lettore con parcheggio “privato ad uso pubblico”, ossia se – posto che il parcheggio sia in area condominiale – vi sono posti ad uso esclusivo di alcuni condòmini oppure se è libero e quindi chi prima arriva è legittimato ad occupare il posto. A parte questa considerazione, il punto essenziale è individuare gli strumenti più efficaci per far cessare le condotte irregolari evidenziate.
Anzitutto occorre individuare il condomino e documentare la condotta illegittima, e a tal fine è sufficiente fare delle foto al veicolo parcheggiato in posizione irregolare. Dopodiché, bisognerebbe segnalare la cosa all’amministratore invitandolo a scrivere una lettera di diffida a tale/i condomino/i.
Se la condotta irregolare non cessa, il primo strumento praticabile è legato all’esistenza di un regolamento di condominio che disciplini l’uso di quei parcheggi e di quelle aree destinate specificatamente al carico/scarico ed ai mezzi di soccorso. Se il regolamento c’è, allora si può applicare l’art. 70 delle disp. att. c.c. che prevede le sanzioni per le infrazioni al regolamento da una somma di euro 200 fino ad euro 800 in caso di recidiva. La somma andrebbe al fondo per le spese ordinarie, quindi a beneficio di tutti i condòmini. Tale sanzione la applica l’amministratore condominiale, ma solo previa delibera assembleare con le maggioranze di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c. (maggioranza intervenuti e almeno metà del valore dell’edificio).
Se il regolamento di condominio non prevede nulla in proposito, occorre invece rivolgersi al Giudice, sempre previa delibera assembleare, per ottenere un provvedimento che ordini la rimozione a quel o a quei condomino/i; certamente è abbastanza problematico, soprattutto metterlo in esecuzione, perché lo deve fare l’Ufficiale Giudiziario, e non essendo una condotta continuativa, ma che si verifica casualmente e per periodi di tempo limitati, far intervenire l’Ufficiale Giudiziario al momento giusto con il carroattrezzi per la rimozione è molto difficile (oltre ai problemi legati alla custodia del mezzo, dove lo si deposita ecc.).
Può soccorrere la recente formulazione dell’art. 614 bis c.p.c. che prevede una forma di coercizione indiretta (una sorta di penale che colpisce sempre economicamente): con il provvedimento di condanna, il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Il giudice determina l’ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile.