Il cosiddetto supercondominio: vale a dire una struttura complessa
anche dal punto di vista del suo inquadramento giuridico. Quali sono le norme
che lo disciplinano? È questo, in sostanza, l’oggetto di un quesito posto da
uno spettatore nell’ambito della rubrica legale del Tg del Condominio. A
seguire, la risposta fornita dall’avvocato Emanuela Peracchio dello studio
legale Bruyère di Torino.
D. Quali novità ha
apportato la Legge n. 220/12 in materia di supercondominio?
R. Il legislatore, con la
Legge n. 220/12, ha adeguato la disciplina civilistica del condominio alle
nuove realtà edilizie, e con il nuovo art. 1117 bis c.c. ne ha esplicitamente
esteso l’ambito applicativo sino a ricomprendere, tra le altre fattispecie, il
cosiddetto supercondominio o condominio complesso. Con tale espressione si
intende la situazione che si verifica nel caso di un complesso edilizio
distinto in diversi corpi di fabbrica i quali, pur essendo strutturalmente
autonomi, sono dotati di beni strumentali destinati al servizio comune dei
complessi edilizi stessi, quali, ad esempio, il viale d’ingresso, il cortile,
il giardino, l’impianto centrale per il riscaldamento, l’impianto di
illuminazione, il parcheggio, i locali per la portineria e il servizio di
portierato, la piscina, i campi da tennis, ecc.
Secondo l’indirizzo uniforme della Cassazione (da ultimo Cass. 3945/08
e 4973/08) il supercondominio sorge “ipso iure et facto” qualora talune
cose o impianti e servizi (viali, strade, impianti di riscaldamento
centralizzati, locali per la portineria, fognature) presentino la relazione di
accessorietà necessaria con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro
quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi
fabbricati; la differenza con la disciplina della comunione risiede nel fatto
che i beni non sono suscettibili di autonoma utilità, come invece la
giurisprudenza ritiene avvenire per quanto concerne beni quali campi da tennis
piscine, ecc…
Con specifico riferimento alla materia delle delibere e delle maggioranze
assembleari, trova poi applicazione il disposto del nuovo art. 67 disp. att.
c.c., i cui commi 3 e 4, nel disciplinare le ipotesi nelle quali i partecipanti
al supercondominio siano complessivamente più di sessanta, prevedono in
particolare che il singolo condominio designi il proprio rappresentante
all’assemblea convocata per la gestione delle parti comuni e per la nomina
dell’amministratore; in mancanza, all’individuazione del rappresentante
provvederà l’autorità giudiziaria. Il rappresentante del condominio – che
agisce in base all’istituto del mandato – riferirà poi all’amministratore di
ciascun condominio gli esiti dell’assemblea.
Pertanto, la legge n. 220/12, introducendo l’assemblea dei
rappresentanti degli edifici in supercondominio, nominati secondo l’articolata
procedura descritta e nei limiti numerici sopra individuati, esclude che tutti
i proprietari delle singole unità abitative site nei diversi fabbricati
partecipino personalmente alle adunanze “ordinarie”; in tutte le altre assemblee
dovranno essere convocati e dovranno partecipare direttamente tutti i
condòmini, al di là del loro numero, fatta sempre salva la possibilità di
conferire delega.
Con specifico riferimento all’ipotesi di cui al comma 3 dell’art. 67
disp. att. c.c., si deve desumere che l’amministratore di condominio di uno
degli edifici in supercondominio non possa assumere, contemporaneamente,
l’incarico di rappresentante della compagine in seno all’assemblea
supercondominiale. A conferma della necessaria alterità tra amministratore di
condominio e delegato all’assemblea di supercondominio vi è il comma 4
dell’art. 67 disp. att. c.c., che prevede che «il rappresentante comunica
tempestivamente all’amministratore di ciascun condominio l’ordine del giorno e
le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei condomini».
Ciò premesso, si osserva che prima della riforma, invece, la Corte di
Cassazione in materia di supercondominio aveva avuto orientamenti oscillanti in
merito all’applicazione delle regole sulla “comunione” piuttosto che quelle sul
“condominio”.
Il testo del nuovo art. 1117 bis cod. civ., introdotto dalla Legge n.
220/12, prevede che nei casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero
più condomini di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi
dell’articolo 1117 cod. civ., trova applicazione la normativa in materia di
condominio. In particolare, l’art. 1117-bis “Ambito di applicabilità” statuisce
che: “Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in
tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di
unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117
c.c.”.
Questo articolo è stato aggiunto ex novo dal
legislatore per disciplinare i cosiddetti supercondomini oltre che i complessi
immobiliari composti da unità anche unifamiliari, dissipando in tal modo ogni
dubbio interpretativo ed ogni incertezza applicativa della disciplina
applicabile nei casi de quibus. Premesso quanto sopra a livello
normativo, è appena il caso di evidenziare che in considerazione del rapporto
di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell’edificio elencate in
via esemplificativa (se il contrario non risulta dal titolo) dall’art. 1117
c.c. alle parti di proprietà esclusiva, la nozione di condominio in senso
proprio è configurabile non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendono in
senso verticale ma anche nel caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente (le
cosiddette villette a schiera), in quanto siano dotate delle strutture portanti
e degli impianti essenziali di cui al citato art. 1117 c.c. in rapporto di
funzionalità con le singole unità immobiliari autonome.