MONTASCALE PER DISABILI: I CONDOMINI CONTRARI DEVONO VERBALIZZARE LA LORO POSIZIONE
Quando l’assemblea di condominio decide di procedere con l’installazione di un montascale per favorire l’accesso di persone disabili, le spese vanno ripartite tra tutti i condòmini oppure no? La delicata questione è stata posta da un condomino (nostro abbonato) nell’ambito della rubrica di consulenza legale di Quotidiano del Condominio. Di seguito, il quesito e il parere legale fornito dall’avvocato Emanuele Bruno.
D. Mi chiamo F. B. e abito in un condominio in provincia di Milano. Durante l’ultima assemblea di condominio è stato chiesto a tutti i condòmini di esprimersi sull’opportunità di installare un montascale per disabili, che consenta l’accesso al pianerottolo (posto su un piano rialzato rispetto alla strada), presso il quale si trova l’ascensore. Il problema è che l’ascensore del condominio non è abbastanza grande per permettere a una carrozzina di entrare. Dunque, a cosa serve il montascale? E inoltre, perché dobbiamo pagarlo tutti, se servirà soltanto ai coinquilini del piano rialzato?
RISPONDE L’AVVOCATO E. BRUNO
Il montascale potrebbe servire a raggiungere il piano rialzato a soggetti che, pur non utilizzando – o non utilizzando unicamente – carrozzelle o altri ausili, hanno difficoltà di deambulazione. Se l’assemblea discute di questa possibilità, evidentemente qualche condomino avrà avanzato specifica richiesta, per cui basterà chiedere contezza all’amministratore.
Individuare le ragioni poste a fondamento della richiesta, unitamente alla modalità di esecuzione dell’intervento, sarà utile a qualificare l’opera come modifica (art. 1102 c.c.), innovazione (art. 1120 c.c.), innovazione gravosa o voluttuaria (art. 1121 c.c.) o opera non consentita.
Sembrerebbe doversi escludere la semplice modifica (art. 1102 c.c.) perché, quale che sia l’opera da eseguirsi, occuperà definitivamente uno spazio comune (scale) e richiederà adeguamenti (es. modifica o mutamento di utilizzo del passamano) capaci di alterare la consistenza materiale della parte comune.
Sono innovazioni, spiega la cassazione, le modifiche, approvate dall’assemblea con la maggioranza qualificata (art. 1136 comma 5 c.c. – maggioranza degli intervenuti e due terzi dei millesimi) nell’interesse di tutti i condomini, le quali comportino l’alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano utilizzate per fini diversi da quelli precedenti. In quanto novità, mutamento, trasformazione, le innovazioni consistono sempre nell’atto o nell’effetto del facere. Non è pertanto viziata, per violazione della disciplina delle innovazioni, la delibera della assemblea dei condomini, la quale conservi immutato lo status quo concernente la utilizzazione o il godimento della parti comuni (Cass. Civ. n. 12654/2006).
Una innovazione così approvata, impone la partecipazione economica di tutti i condomini, tuttavia potrebbe accadere che il montascale serva soltanto ad alcuni condomini o ad uno soltanto. In tal caso, se l’installazione non esclude l’uso dello spazio interessato da parte degli altri condomini, si tratterà di innovazione gravosa o voluttuaria e potrà essere effettuata con oneri a carico dei soli condomini interessati (art. 1121 c.c.).
I condomini che intendo non partecipare alla spesa dovranno manifestare e verbalizzare il loro disinteresse in assemblea.
Solo i paganti potranno usufruire dell’innovazione, inoltre, ove – in un momento successivo – anche altri condomini decidessero di utilizzare l’innovazione, potranno farlo previo versamento della relativa quota. La regola citata si fonda sul principio generale secondo il quale il bene comune non può essere definitivamente sottratto all’uso di tutti ma ciascuno può trarne utilità maggiore-minore rispetto agli altri.
La Cassazione ha chiarito che “la nozione di pari uso della cosa comune cui fa riferimento l’art. 1102 c.c. – che in virtù del richiamo contenuto nell’art. 1139 c.c. è applicabile anche in materia di condominio negli edifici – non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Ne consegue che, qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è prevista la massima espansione dell’uso il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto. Pertanto, raffigura un uso più ampio della cosa comune – ricompreso nelle facoltà attribuite ai condomini dall’art. 1102, primo comma, c.c. – l’apertura di un varco nella recinzione comune (con apposizione di un cancello) effettuata per mettere in comunicazione uno spazio condominiale con una strada aperta al passaggio pubblico, sia pedonale che meccanizzato. Cass. Civ. n. 8803/2003”.