Il padre di tutti i quesiti fiscali in materia di locazione: “I canoni d’affitto devono essere dichiarati anche se non sono stati percepiti?”. Il quesito posto da un contribuente alla rubrica di consulenza di FiscoOggi (organo di stampa dell’Agenzia delle Entrate) si incentrà, in realtà, sulla locazione non di un appartamento bensì di un negozio. Precisazione indispensabile, perché una differenza c’è. Vediamo quale nella risposta fornita dall’esperto, Gennaro Napolitano.
In base a quanto previsto dal Tuir, in linea generale i redditi fondiari sono imputati al possessore indipendentemente dalla loro percezione (articolo 26). Pertanto, anche per il reddito da locazione non è richiesta, ai fini della imponibilità del canone, la materiale percezione di un provento. Per le sole locazioni di immobili a uso abitativo è previsto che i relativi canoni, se non percepiti, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del locatore dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Pertanto, questi canoni non devono essere indicati nella relativa dichiarazione dei redditi se, entro il termine di presentazione della stessa, è giunto al termine il procedimento di convalida di sfratto per morosità. Inoltre, per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti, come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, è riconosciuto un credito d’imposta di pari ammontare. Questa regola, peraltro, vale solo per la locazione di immobili a uso abitativo.
Ne consegue che per le locazioni di immobili non abitativi (come un negozio) il relativo canone, anche se non percepito, deve essere comunque dichiarato, nella misura in cui risulta dal contratto di locazione, fino a quando non intervenga una causa di risoluzione del contratto; le imposte assolte sui canoni dichiarati e non riscossi non potranno essere recuperate (circolare n. 11/E del 21 maggio 2014, paragrafo 1.3).