Un contratto d’affitto “fantasma”. L’affannosa ricerca della copia originale da parte del conduttore, che si è visto incrementare dal proprietario il canone e gli oneri da sostenere. Questi gli ingredienti del quesito posto da un lettore alla rubrica di consulenza legale di Italia Casa e Quotidiano del Condominio. Di seguito una sintesi della vicenda e il parere espresso dall’avvocato Emanuela Rosanna Peracchio.
D. Mi chiamo M.M. e sono in affitto dal 1992 presso lo stesso appartamento. Il mio padrone di casa sostiene che il contratto di affitto, a canone libero, e risalente al 1992, sia stato modificato e aggiornato con gli importi in euro e altre modifiche relative alla ripartizione delle spese. Soltanto che io, questo contratto “aggiornato” non lo riesco a trovare e, anzi, non ricordo di averlo mai firmato.
A causa di questa vicenda, non sono più in buoni rapporti con il proprietario che, tra l’altro, non sarebbe disposto a fornirmi gli originali del contratto.
Come posso fare per recuperare una copia ufficiale del contratto? Quali strade esistono? Sono anche andata all’Agenzia delle Entrate, ma mi hanno risposto che la registrazione è stata fatta online e loro non dispongono della copia originale (neanche della fotocopia). Chiedo quindi, inoltre: è possibile che l’Agenzia delle Entrate non conservi copia del contratto? Grazie.
R. Ad evasione del quesito posto si osserva quanto segue.
La premessa è che il lettore conduce in locazione ad uso abitativo a canone libero un appartamento sin dall’anno 1992, anno di stipula del relativo contratto locativo (con durata 4 + 4). Riferisce inoltre il lettore, che il proprietario dell’immobile sostiene che nel corso degli anni sarebbero intervenute tra le parti modifiche al contratto sia in merito all’importo del canone sia in merito alla ripartizione delle spese. Il conduttore, tuttavia, non è in possesso del contratto “aggiornato” e la proprietà non gliene fornisce copia.
Anzitutto occorre premettere che l’unico aggiornamento del canone legalmente previsto è quello in base agli indici ISTAT, mentre un canone diverso comporterebbe una diversa pattuizione contrattuale che potrebbe trovare suffragio solo nella stipula di un nuovo contratto di locazione con un nuovo canone.
Analogamente a dirsi per quanto concerne il pagamento degli oneri accessori, che è regolamentato dalla Legge n. 392/78 nonché dagli usi e consuetudini.
Per quanto specificamente concerne gli oneri accessori, a mente dell’art. 9 Legge 392/78 “sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi e delle latrine, nonché alla fornitura dei servizi comuni. Le spese per il servizio di portineria sono a carico del conduttore nella misura del 90 per cento salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore”.
Nel caso in esame, dalle circostanze prospettate, pare doversi concludere che il contratto di locazione de quo è sempre quello originariamente sottoscritto tra le parti nell’anno 1992, rinnovatosi negli anni successivi a causa della mancata disdetta da parte dei contraenti. Alcuna pattuizione successiva può essere validamente intervenuta se non per atto scritto e debitamente sottoscritto tra le parti. In ogni caso, alcun aumento di canone superiore a quello determinato sulla base agli indici ISTAT può essere legittimamente intervenuto.
Con riferimento all’ottenimento di copia del contratto di locazione, non più rinvenuto, si ritiene che l’Agenzia delle Entrate abbia comunque nel proprio archivio (cartaceo o informatizzato) copia dello stesso ed in ogni caso la proprietà non può esimersi dal consegnare copia del medesimo al conduttore.