Le spese di recupero crediti in condominio vanno imputate al condomino inadempiente oppure ripartite in base ai millesimi? Questo, in sintesi, l’oggetto di un quesito indirizzato da un abbonato alla rubrica di consulenza legale di Italia Casa e Quotidiano del Condominio segreteria@italia-casa.com( per inviare il quesito).
Di seguito una sintesi della vicenda e il parere espresso dall’avvocato Emanuele Bruno, di Matera (www.studiobruno.info).
D. L’amministratore annuncia in sede di nomina che il suo compenso prevede che i solleciti per ritardati versamento avranno il costo di euro 20,00. Durante l’anno si manifesta questa situazione ed addebita a “SPESE PERSONALI” questo costo al condomino interessato/moroso.
A fine esercizio il condomino contesta e si oppone; il condominio e l’amministratore trasferiscono la spesa prima al condominio (spese generali) e poi ripetono ovviamente al condomino moroso.
La cosa non si ferma lì e nasce un contenzioso (ancora in evoluzione) ma l’avvocato dell’amministratore sostiene la tesi del condomino avversario, che non si possono reclamare spese personali se non ci fu l’unanimità all’approvazione.
Domando: sbaglia l’avvocato dell’amministratore? Oppure come deve agire l’amministratore per ottenere senza lite il proprio compenso (per solleciti) annunciato in sede di nomina, considerato che il recupero e tutela del credito sono quasi un obbligo per il professionista?
R. L’imputazione delle spese a carico del singolo condomino è questione annosa e controversa, pertanto, appare assai difficile fornire una risposta univoca.
Una osservazione occorre farla subito: perché continuare a qualificare le spese di riscossione dei contributi, come spese di gestione ordinaria?
Le spese per il funzionamento dell’assemblea
L’orientamento giurisprudenziale consolidato afferma il principio per effetto del quale le spese necessarie al funzionamento dell’assemblea, sono spese sopportate nell’interesse di tutta la compagine, quindi, spese comuni da ripartire tra tutti.
Il Tribunale Civile di Milano, SEZ XIII, 9 giugno 2015, n. 7103 – “Le spese postali sopportate dal condominio, anche se relative all’invio di corrispondenza ai singoli condòmini, attenendo alle spese di amministrazione, vanno ripartite tra tutti i condòmini in base alle tabelle millesimali e non invece imputate “ad personam”. Conseguentemente va dichiarata la nullità della delibera assembleare di approvazione del bilancio consuntivo, nella parte in cui non ripartisca pro quota millesimale le spese di corrispondenza per invii postali”.
Le spese per recupero dei contributi
La S.C. ha affermato che, le spese necessarie a sollecitare il singolo condomino a versare i contributi ordinari “possono” essere addebitate a tutti i condòmini perché qualificabili come spese necessarie a garantire il funzionamento generale – Cass. n. 12573/2019.
Possono, non devono.
Il percorso seguito dai giudici di legittimità è il seguente.
Norma di riferimento è l’art. 1123 c.c. commi 1 e 2:
Il secondo comma è così inteso dai giudici: la possibilità di ripartizione delle spese personali di ciascun condomino “in funzione delle utilità che in concreto” lo stesso gode e ricava sostanzia un criterio che – a ben vedere – si riferisce all’uso di cose comuni e non ad altro.
La Cass. n. 4403/1999, in continuità con l’orientamento indicato, già affermava che l’art. 1123 c.c. si applica solo per le spese riferite alle “cose comuni”.
La S.C. (Cass. n. 12573/2019) ha chiarito che “l’addebitabilità di spese al singolo condomino, che usufruisca di servizi, può essere affermata, ma non col rinvio al generale principio ex art. 1123 c.c., comma 1, della ripartizione proporzionale. L’addebito alla intera comunità condominiale di spese (quali quelle postali e di attività ulteriore svolta nell’interesse di un singolo condomino), sulla base del generico ed errato riferimento al criterio della ripartizione delle spese sulla proporzione di uso è quindi errato”.
In sostanza, l’addebito, a carico del singolo condomino beneficiario, delle spese postali (sollecito pagamento) non può essere imputata ex art. 1123 c.c. perché non riferito a beni bensì a servizi.
La Cass. n. 12573/2019, ha utilizzato una formula che sembra voler dire: non si può applicare l’art. 1123 c.c. ma non si può neanche affermare che si tratti di spesa comune.
Per assurdo, se l’appartamento di un condomino arreca danno ad un altro appartamento, il proprietario del primo pagherà spese di ripristino ed eventuali danni in favore del secondo: accade uguale ogni volta che dalla condotta di un soggetto giuridico derivi un danno ad altro soggetto giuridico.
Al pari, se l’inadempimento di un condomino determina, a carico del condominio, la necessità di sopportare spese e danni (basti pensare alla maturazione degli interessi), l’inadempiente resta responsabile.
La spesa per la riscossione non spontanea degli oneri condominiali non può essere qualificata come mero onere di gestione ordinaria, ove si osservi che essa consiste in una spesa originata da una condotta inadempiente, come tale, voce di danno per il condominio ed imputabile alla responsabilità unica e diretta del soggetto inadempiente.
A parere di chi scrive, occorre prestare maggiore attenzione alla natura delle spese di recupero/riscossione degli oneri condominiali. Il condominio affronta la morosità del singolo componente attivandosi avverso una condotta inadempimente.
L’art. 1223 c.c. statuisce che “Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.
D’altra parte, in qualsiasi attività di recupero crediti, le spese di recupero sono poste a carico del debitore.
Il condomino inadempiente
L’obbligo, a carico di ciascun condomino, di effettuare il versamento delle quote condominiali, sorge con l’approvazione del bilancio preventivo e/o consuntivo (al più decorsi i termini di impugnazione).
Sul punto si segnala: “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione (…)” – disp. att. c.c. art. 63.
In caso di morosità, l’art. 1130 comma 1 n. 3 c.c., chiarisce che l’amministratore, esercitando i suoi poteri ordinari, deve attivarsi per riscuotere i contributi (art. 63 disp. att. c.c.) necessari ad erogare le spese occorrenti per la gestione delle parti comuni, se omette la riscossione può essere revocato.
Quantificare le spese
Si potrebbe porre un problema sul quantum delle spese di riscossione corrispondenti all’intervento di un legale (questione che rimandiamo ad altra trattazione) tuttavia, per quel che attiene le spese postali, trattandosi di tariffe fisse, di spese vive, non si pone alcun problema.
Il compenso dell’amministratore
Quanto alla possibilità per l’amministratore di indicare un importo per la redazione ed inoltro delle diffide, ovvero, per la remunerazione del suo lavoro, si rimanda al comma 14 dell’art. 1130 c.c.: “L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”.
I giudici di legittimità hanno chiarito che “In tema di condominio, per quanto l’attività dell’amministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali e non esorbitante dal mandato con rappresentanza, debba tendenzialmente ritenersi compresa, quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa, rientra nelle competenze dell’assemblea quella di riconoscergli, con una specifica delibera, un compenso aggiuntivo al fine di remunerare un’attività straordinaria, non ravvisando sufficiente il compenso forfettario in precedenza accordato – Cass. n. 5014/2018.
Non si vede perché, l’amministratore non possa prevedere e far deliberare un preventivo di spesa analitico in cui sia prevista apposita quantificazione per attività ordinaria o straordinaria.
Le osservazioni formulate nelle righe che precedono costituiscono presupposto per imputare la spesa a favore del singolo.
L’orientamento giurisprudenziale prevalente considera le spese di riscossione come spese generali di gestione, tuttavia, ove si osservi la natura e il modo di essere della spesa, tale qualificazione non è poi così definitiva (Cass. n. 12573/2019).