Quale maggioranza occorre per approvare modifiche che vadano ad incidere sull’estetica della facciata condominiale? È questo, in estrema sintesi, l’oggetto di un quesito indirizzato da un lettore alla rubrica di consulenza legale di Italia Casa e Quotidiano del Condominio.
Di seguito, il parere espresso dall’avvocato Gabriele Bruyére, presidente nazionale Uppi.
D. In un condominio costituito da 3 scale (A-B-C-) e un tetto in comune, un condomino della scala C, residente nell’appartamento all’ultimo di 3 piani, più mansarda (non c’è sottotetto) chiede di poter alzare il tetto per aumentare altezza della mansarda (che risulta abitabile); di conseguenza modifica estetica/disegno esterno del condominio.
Per l’approvazione dei lavori bisogna avere la votazione all’unanimità di tutti i condòmini presenti in assemblea o anche degli assenti?
R. Occorre innanzitutto verificare presso il Comune se sono state ristrette le aree o le tipologie di immobili nei quali i sottotetti non possono essere recuperati, e controllare se nel regolamento di condominio vi siano particolari divieti o limitazioni in merito al tetto e alle mansarde, che possano vietare ogni modificazione architettonica dell’edificio, nonché un pregiudizio della sua stabilità.
Occorre anche considerare che se l’innalzamento del tetto non arreca alcun pregiudizio alla statica dell’edificio, laddove comporti una modificazione dell’andamento architettonico del complesso immobiliare, in contrasto con il regolamento condominiale contrattuale, che potrebbe vietare qualsiasi modificazione della struttura architettonica del fabbricato vi è allora la possibilità per il singolo condomino di intervenire su parti comuni dell’edificio senza autorizzazione della maggioranza condominiale, purché le modifiche non pregiudichino l’uso comune.
Difatti, le modifiche alle parti comuni dell’edificio, contemplate dall’art. 1102 c.c., possono essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di conseguire un uso più intenso, sempre che non alterino la destinazione e non impediscano l’altrui pari uso.
A complicare le cose vi è l’articolo 1127 cod.civ., “Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio”, il quale dispone che «Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare. La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono. I condòmini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti. Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condòmini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condòmini avevano il diritto di usare».
La Suprema Corte è intervenuta in merito e con la sentenza a sezioni unite numero 16794/2007 ha chiarito che si è in presenza di sopraelevazione ex art. 1127 c.c., laddove non ci si limiti a modificazioni soltanto interne contenute negli originari limiti del fabbricato. In tal senso, con specifico riferimento ad un’ipotesi di rifacimento di un sottotetto, la Corte si era già espressa con la sentenza numero 1498/1998, affermando che si ha sopraelevazione solo nel caso in cui “non ci si limiti alle modificazioni interne del sottotetto nell’ambito dei limiti strutturali originari del fabbricato, ma ci si adoperi nel superamento di tali limiti strutturali attraverso l’innalzamento dell’originaria altezza dell’edificio e lo spostamento in alto della copertura del fabbricato”.
Non è quindi necessaria l’autorizzazione dell’assemblea condominiale ma alzando il tetto si può incorrere nelle ipotesi previste dal citato art. 1127 cod. civ. con le relative conseguenze.