Un quesito di natura tecnica che però consente di ribadire il principio di diritto inerente la modifica della cosa comune e la portata del concetto di pari uso della stessa. Di seguito una sintesi della vicenda e il parere legale espresso dall’avvocato Gabriele Bruyère, presidente nazionale UPPI (nella foto).
Una nostra filiale si compone di una show room e magazzino idraulico. La show room è dotata di un impianto di ventilazione meccanica controllata, le cui tubazioni passano all’interno del magazzino e sono state fatte emergere in prossimità della sua copertura.
Siccome ci sono state alcune lamentele da parte dei condòmini, ad oggi le tubazioni sono state interrotte all’interno del magazzino, spegnendo l’impianto di aerazione. Vorremmo, tuttavia, trovare una soluzione stabile e definitiva, quindi ci chiedevamo se per ripristinare i condotti d’aria a tetto (la normativa lo richiede) sia necessaria l’approvazione dell’assemblea di condominio o se invece non sia il caso (l’aria in questione è assolutamente respirabile e non proveniente da esalazioni di alcun tipo). Si specifica che i locali sono in affitto.
Gli impianti di ventilazione meccanica controllata (VMC) che consentono il ricambio d’aria con l’ambiente esterno in modo controllato e non sprecando energia sono sempre più utilizzati perché sono considerati come uno degli ultimi ritrovati nel campo del risparmio energetico, soprattutto per il riciclo dell’aria viziata negli ambienti abitativi.
La ventilazione meccanica controllata è infatti un impianto che permette di avere un ricambio di aria, recuperando dall’aria il calore che viene espulso, ottenendo in tal modo aria più pulita.
Un tempo, la soluzione adottata normalmente era quella di aprire le finestre perché vi fosse il ricambio di aria, ma questo metodo non serve a molto perché l’aria esterna oggi giorno è certamente meno pulita di una volta tenuto conto anche del traffico nelle metropoli. Inoltre la semplice apertura delle finestre è sicuramente un modo per compromettere la temperatura interna di una unità immobiliare che con questa operazione necessita senza dubbio di ulteriore energia per la perdita di calore che inevitabilmente si produce.
Ciò posto, è pacifico che l’impianto per il riciclo dell’aria necessita di uno scarico al tetto o, in casi particolari, di alcuni fori di modeste dimensioni sul muro comune.
La giurisprudenza ha già fatto chiarezza da tempo sulla collocazione di canne fumarie decidendo che non serve il consenso degli altri condòmini (se non impedisce agli altri l’uso del muro comune e non ne altera la normale destinazione).
Non vi è necessità, quindi, di autorizzazione condominiale per aprire un foro di areazione sul muro comune e per apportare altre modifiche a proprie spese quali il ripristino di condotte di aria a tetto. Difatti, l’apertura di piccoli fori nella parete al muro comune perimetrale di un edificio condominiale e l’installazione o il ripristino di condotti di aria a tetto individuano una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca, appunto, il pari uso degli altri condòmini, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, e non ne alteri il decoro architettonico.
La nozione di pari uso della cosa comune cui fa riferimento l’art. 1102 c.c. (orma applicabile al condominio a sensi dell’art. 1139 c.c.) non va ovviamente intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, poiché ciascun partecipante alla comunione ha possibilità di una più intensa utilizzazione, purché questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione.
Ne consegue che la modifica apportata dal condomino per ripristinare i condotti di aria a tetto deve ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è prevista la massima espansione dell’uso, il limite al godimento di ciascuno dei condòmini è solo dato dagli interessi altrui, i quali possono costituire impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che gli altri condòmini possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto.
Nessun dubbio, quindi, sul fatto che il lettore abbia il diritto a fare la modifica necessaria ad areare il suo locale, e gli altri interventi conseguenti, in quanto questo potere rientra tra quelli riconosciuti dall’articolo 1102 del Codice civile in base al quale non occorre autorizzazione per eseguire lavori sulle parti comuni finalizzati a garantire un vantaggio personale.