L’assegnazione e l’esecuzione dei lavori straordinari nelle palazzine che non necessitano per legge della nomina di un amministratore. Un tema controverso quello sottoposto da un lettore alla rubrica di consulenza legale di Italia Casa e Quotidiano del Condominio. Di seguito una sintesi della vicenda e il parere fornito dall’avvocato Emanuele Bruno, di Matera (www.studiobruno.info).
D. Io e la mia famiglia abitiamo da circa due anni in un appartamento in affitto, situato in una palazzina di quattro piani, senza amministratore di condominio. Anche i miei vicini di casa (ad esclusione di uno) hanno stipulato un contratto d’affitto con il medesimo proprietario che abita fuori città. L’unico proprietario, che vive nell’edificio, abita al piano terra.
Recentemente ho parlato al telefono con il padrone di casa, il quale mi ha comunicato che a breve verranno fatti dei lavori di manutenzione della facciata (l’anno prossimo, invece, altri lavori di riammodernamento dell’ascensore).
Volevo capire una cosa, prima di trovarmi a pagare una spesa esorbitante per questi lavori: quando scatta l’obbligo (per legge) di avere un amministratore di condominio? Perché deve scegliere una sola persona (anche se si tratta del padrone di casa) la ditta che eseguirà i lavori, quando magari esistono altre aziende che costano meno? Possibile che noi residenti non abbiamo voce in capitolo?
R. L’obbligo di nominare un amministratore, ex art. 1129 comma 1 c.c., sussiste quando i condòmini sono più di otto.
Per condòmini si intende numero di proprietari, quindi, se un edificio è composto da sei immobili di proprietà di un unico soggetto, non esiste condominio, invece, se i proprietari sono due o più, vi è condominio.
L’assemblea dei condòmini, in caso di lavori straordinari, è composta da tutti i proprietari (non dai conduttori) cui spetta il potere di scegliere se, come e in che modo eseguire lavori straordinari.
Per effetto diretto, gli oneri derivanti dalla ristrutturazione straordinaria spettano al proprietario.
Il principio è esposto nell’art. 1576 c.c. il quale afferma che il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore. Il principio è confermato e ribadito all’art. 9 della L. n. 392/1978.
La possibilità del conduttore di intervenire nelle assemblee e di partecipare alla formazione della volontà del condominio, è regolata dall’art. 10 della L. n. 392/1978, così formulato: “il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell’appartamento locatogli, nelle delibere dell’assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria. Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni. La disciplina di cui al primo comma si applica anche qualora si tratti di edificio non in condominio. In tale ipotesi i conduttori si riuniscono in apposita assemblea convocati dal proprietario dell’edificio o da almeno tre conduttori. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice civile sull’assemblea dei condòmini”.
Il diritto-potere del conduttore di intervenire in assemblea è limitato alle ipotesi espressamente previste dalla norma la cui ratio è riconoscere al conduttore appunto il diritto-potere di esprimere la sua volontà in tutte quelle decisioni che determinino aggravi di spesa nella gestione dei servizi comuni, spese di manutenzione ordinaria che graveranno proprio su di lui.
In tal senso: il diritto d’intervenire, senza diritto di voto, del conduttore alle assemblee di condominio deve essere coordinato con l’interesse del medesimo a non sopportare aggravi di spese. Lo stesso, pertanto, non può che riferirsi alle sole modificazioni dei servizi comuni che importino una spese o un aggravio di spese che, in definitiva, andrà a gravare sul conduttore. Non sussiste, quindi, il diritto del conduttore a partecipare a assemblee con diverso oggetto, oppure su deliberazioni su servizi comuni, ma senza riflessi sull’onere delle spese – Cass. Civ. n. 19308/2005.