La manutenzione degli immobili situati in zone sismiche. Questo uno degli aspetti del quesito sottoposto da un abbonato alla rubrica di consulenza legale di Italia Casa e Quotidiano del Condominio.
Di seguito una sintesi della vicenda e il parere espresso dal prof. avv. Rodolfo Cusano (foto).
D. Sono un ex insegnante di Brescia, da tempo domiciliato in un appartamento di mia madre nel quartiere Arenella di Napoli. Ho assistito al degrado della struttura del condominio di Brescia, a causa di una infiltrazione proveniente da un tetto carrabile di una autorimessa, destinato a parcheggio pubblico, che ha determinato il distacco del copriferro del pilastro orizzontale portante al piano terra del condominio. L’intervento di un professionista esperto, che opera a livello nazionale, ha escluso danni immediati alla struttura del condominio, ma ha previsto la messa in sicurezza del pilastro orizzontale che costituiva una nicchia per ciclomotori.
Nel condominio di Napoli, invece, lo stato di degrado dei balconi ha messo in evidenza la corrosione dell’armatura, che potrebbe trasferirsi alla struttura interna del solaio e delle travi di molti piani. La giurisprudenza prevalente tratta dei balconi, aggettanti e non, in riferimento al decoro dell’edificio, ma non alla possibilità che la corrosione dell’armatura, di parti significative dello stabile, venga compromessa dalla mancata manutenzione dei balconi.
Vorrei chiedere se, in una zona sismica come Napoli, la eventuale compromissione della struttura in calcestruzzo armato, possa costituire motivo di necessità e di urgenza per una maggioranza ridotta, al fine di ridurre il rischio sismico dell’edificio.
M.C. (Napoli)
Il quesito così come posto evidenzia due fattispecie che di frequente si verificano in condominio.
La prima può e deve essere riferita unicamente ai beni in comune, laddove il fondamento normativo della responsabilità del condominio è certamente rinvenibile nell’art. 2051 c.c.: “Danno cagionato da cose in custodia”: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo caso fortuito”.
Preliminarmente, occorre premettere che quando si parla di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia parliamo di danni conseguenti al dinamismo proprio ed intrinseco della cosa, ovvero, dipendenti dall’insorgere nella stessa di un processo dannoso anche se provocato da elementi esterni. Proprio a proposito dei balconi, la giurisprudenza oramai consolidata ne attribuisce la proprietà unicamente a chi è proprietario dell’immobile cui il balcone serve. Per cui abbiamo che il proprietario ne è anche custode e come tale obbligato agli obblighi di manutenzione.
Tranne che per la parte cd. a vista e cioè il frontalino (e se facenti parte della facciata anche il parapetto esterno se esistente ed il sottobalcone).
A questo punto se la responsabilità degli ammaloramenti è attribuibile unicamente al proprietario del balcone è costui l’unico tenuto a risarcire il danno (costo del rispristino).
Ed allora, se il condominio può essere chiamato a rispondere ex art. 2051 c.c. in conseguenza dei danni provocati dalla difettosità od omessa manutenzione della cosa comune – grava, infatti, sull’ente, in qualità di custode, l’obbligo di mantenerla e conservarla in maniera tale da evitare danni a terzi (Trib. Bari III Sez. Civ. 30/08/2013 n. 2489) – sarà il condominio a dover adottare le delibere conseguenti.
In questo caso il riferimento è all’art. 1136 c.c. il quale prevede che: “Le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riprazioni straordinarie di notevole entità debbono essere adottate con la maggioranza di cui al II comma dello stesso articolo”, e cioè la maggioranza dei presenti in assemblea ed almeno 500/1000. La stessa maggioranza è prevista dall’art. 1120 c.c. anche nel caso di innovazioni che riguardano la sicurezza.
Quando questi interventi non siano di notevole entità allora pur rimanendo fermo il primo quorum quello per persone saranno sufficienti 1/3 dei millesimi.
Ma quando siamo in presenza di opere che non sono di notevole entità?
Sul punto, proprio di recente in un giudizio di impugnativa riguardante lavori straordinari per circa 18.000,00 € il Giudice del Tribunale di Napoli ha ritenuto non necessaria la maggioranza dei 500/1000 perché non si era in presenza di opere di notevole entità perché dividendo il costo di 18.000,00 € per il numero dei condomini (ben) 137 la somma in capo ad ognuno di essi non poteva essere considerata di notevole entità.
Infine, dal tenore del quesito appare la necessità di procedere ai lavori straordinari pena la sicurezza dell’edificio. Se così fosse certificato nella perizia cui si riferisce, e l’assemblea convocata sul punto non dovesse per un qualsiasi motivo provvedere (assenza dei condòmini, mancato raggiungimento del quorum, ecc.) il singolo condomino previo appunto l’inutile esperimento della convocazione assembleare potrà rivolgersi al Giudice ex art. 1105 c.c. che in funzione sostitutiva nominerà un commissario ad acta per provvedere alle opere necessarie.