Quali sono i casi in cui il regolamento condominiale è modificabile? E a quali condizioni? Il quesito posto da un lettore alla rubrica di consulenza legale di Italia Casa e Quotidiano del Condominio si presta all’approfondimento dottrinale a cura dell’avvocato Gabriele Bruyère (foto), presidente nazionale Uppi.
D. Buonasera. Faccio parte di un condominio di 36 famiglie con una area condominiale verde bella ed immensa. Il condominio è del 1978 e la maggior parte delle persone che hanno approvato il regolamento non ci sono più.
Insieme ad un gruppo di 10 famiglie avevamo pensato di fare delle variazioni al regolamento. In merito a ciò, che cosa possiamo fare? Nel caso ci siano dei contrasti, vige sempre la regola della maggioranza? Come procedere per richiedere modifiche?
R. I regolamenti di condominio per stabili con più di dieci condòmini sono normalmente di origine contrattuale, cioè predisposti dall’originario proprietario, specificatamente richiamati, successivamente, nei singoli atti di acquisto ed accettato dagli acquirenti con apposita clausola contrattuale inserita essenzialmente in ogni atto di compravendita. In detti regolamenti sono contenute norme disciplinanti, in modo generale, l’organizzazione e la gestione degli interessi collettivi del condominio (norme meramente regolamentari) e altre disposizioni aventi natura contrattuale che, concernendo i diritti e gli obblighi di ciascuno dei condomini rispetto agli altri, non solo non possono essere modificate se non con l’unanime consenso di tutti i condòmini, ma devono essere puntualmente applicate dall’amministratore del condominio tra i cui compiti rientra appunto l’osservanza del regolamento a sensi dell’art. 1130 n. 1 cod. civ..
L’accettazione negoziale dei predisposti regolamenti di condominio fatta da ogni condomino con la ricezione di esso nel proprio atto di acquisto con una specifica clausola contrattuale, sulla quale è stato essenzialmente fondato il consenso dei contraenti, fa sorgere tra gli stessi condòmini un patto che trae la sua forza vincolante dalla loro espressa volontà e che diviene la legge interna del condominio con efficacia propter rem.
Le clausole e disposizioni che hanno natura contrattuale incidono nella sfera dei diritti e degli obblighi di ciascuno dei contraenti determinandone la misura rispetto a quella dei diritti e degli obblighi propri dell’altro e costituiscono fra costoro, soggetti alla efficacia giuridica di tali clausole contrattuali reciprocamente accettate, un vinculum iuris negoziale avente, come detto, forza di legge tra essi obbligati che non può essere sciolto senza il loro unanime consenso.
Anche il diritto dominicale sulle singole unità immobiliari comprese in un edificio condominiale può incontrare delle limitazioni per il solo fatto che non può prescindersi dalle conseguenti implicazioni sul piano giuridico nei rapporti tra conòomini trovandosi le unità incorporate in un complesso del quale altre porzioni appartengono in dominio esclusivo ad altri soggetti.
Per quanto concerne il contenuto del Regolamento di condominio, l’art. 1138, ultimo comma, cod. civ. contiene due disposizioni, l’una generica e l’altra specifica:
Ciò posto, venendo alle richieste del lettore è bene precisare che il carattere di inderogabilità, come stabilito perentoriamente dell’ultimo comma del citato art. 1138 cod. civ., degli articoli di cui sopra rende “radicalmente nulle” e prive di qualsiasi efficacia eventuali modifiche che possano essere apportate dai condòmini. E non potendo detti articoli essere derogati in alcun modo dalla maggioranza dei condòmini, neanche se essi si ispirano al conseguimento di obiettivi per una più razionale e/o moderna gestione del condominio, occorre il voto favorevole di tutti i condòmini (mille millesimi) presenti in apposita assemblea, con apposito ordine del giorno, perché la modifica posa essere efficace.
La maggioranza in assemblea dei condòmini, che deve rappresentare almeno 500 millesimi e la maggioranza delle teste presenti (anche con delega) può tuttavia deliberare delle modifiche alle norme del regolamento che non hanno carattere contrattuale ma solo regolamentare e che ad esempio riguardino l’uso e le modalità di godimento delle cose comuni, nonché l’uso delle stesse, purché ne sia assicurato il pari uso a tutti i condòmini.
Ovviamente nell’avviso di convocazione di assemblea deve essere indicata la richiesta di modifica del regolamento e deve essere data idonea informazione ai condomini di quali sarebbero le norme da modificare con le relative modifiche che si vorrebbero apportare.
Vi possono essere anche regolamenti di origine assembleare, cioè regolamenti non esistenti all’atto della costituzione del condominio ed eventualmente approvati successivamente dall’assemblea condominiale. L’art. 1138 comma 3 cod. civ. prevede che le maggioranze siano quelle dell’art. 1136 secondo comma c.c.. Un regolamento condominiale sarà pertanto valido se approvato dalla maggioranza dei partecipanti all’assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio (normalmente 500 millesimi). Le stesse maggioranze sono richieste per le eventuali modifiche.
Il regolamento o le norme modificate devono essere allegate al verbale di assemblea che le ha approvate e sono valide per tutti i condòmini, anche per i futuri acquirenti.