[A cura di: Ancca]
Sull’attuazione della Direttiva sull’efficienza energetica, recepita dal decreto legislativo 102 del 4 luglio 2014, incombe la minaccia di una situazione caotica nei condomini e di impropri aggravi spesa per i condòmini. Tutto dipende dalla volontà di alcuni gruppi di interesse di imporre l’adozione della norma tecnica UNI10200 per la ripartizione dei consumi nei condomini dove le scale e i corridoi sono dotati di radiatori e dove la produzione dell’acqua calda avviene in modo centralizzato.
Il testo approvato nel luglio scorso prevedeva l’adozione della norma tecnica UNI 10200 per effettuare queste ripartizioni. In fase di esame del correttivo al decreto legislativo 102, il Senato nel suo parere ha consigliato al Governo di evitare la farraginosità della norma tecnica UNI10200 stabilendo che:
* i costi debbano essere ripartiti tra gli utenti finali per una quota di almeno il 50 per cento, fino ad un massimo del 70 per cento, sulla base del consumo rilevato;
* in edifici alimentati da gasolio o gas e nei quali i tubi di distribuzione esterni siano prevalentemente coibentati, i costi per l’esercizio del riscaldamento debbano essere ripartiti tra gli utenti finali con una percentuale del 70 per cento del totale dei consumi rilevati;
* il condominio possa scegliere percentuali diverse da quelle indicate con una delibera dell’assemblea, sulla base di una relazione tecnica giustificativa;
* in edifici dove le tubazioni di distribuzione del calore non siano prevalentemente isolate e dove, di conseguenza, una parte rilevante di calore del consumo non possa essere rilevata, il consumo relativo di calore degli utenti finali possa essere determinato secondo le regole della tecnica, considerando il consumo così determinato per ciascun utente nel conteggio come “calore rilevato”;
* i costi rimanenti (costi fissi) possano essere ripartiti secondo i millesimi riscaldamento, metri quadri o metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.
Contro questa ragionevole proposta che semplifica i calcoli e restituisce il giusto potere all’assemblea, si è scatenata una campagna di lobbying di gruppi interessati all’uso della UNI10200 per obbligare i condomini a ricorrere a tecnici specializzati per realizzare una serie di adempimenti farraginosi, costosi e inutili. La UNI 10200 costringe infatti a ricorrere ad un tecnico abilitato per fare un progetto, una diagnosi energetica, ricalcolare i millesimi di riscaldamento in tutti i condomini secondo i fabbisogni (invece di quelli previsti ora, che si basano sui millesimi delle superfici riscaldate oppure sulle potenze nominali dei radiatori installati o un compromesso tra i due). Se poi esiste anche l’acqua calda sanitaria centralizzata, i costi aumentano, visto che i fabbisogni per l’ACS si devono calcolare diversamente considerando anche la destinazione d’uso.
Se ci si rivolge a un tecnico abilitato che fa questi lavori seriamente, la spesa minima per un condominio medio/grande parte da un minimo di circa 100 euro e può arrivare anche 350 euro. Questo, come detto, vale per un condominio medio grande. Se poi il riscaldamento centralizzato fornisce solo 2-3-4 appartamenti, questa cifra ovviamente si moltiplica, perché c’è un costo minimo per fare il sopralluogo e i calcoli. Il costo per famiglia supera i 1.000 euro.
Altri costi potrebbero aggiungersi se venissero eseguiti lavori di coibentazione: i millesimi di riscaldamento dovranno essere ricalcolati e di nuovo da un professionista abilitato. Inoltre, ci sono i conteggi a fine esercizio, che come previsti dalla UNI 10200 sono di una complessità elevata per un non addetto ai lavori, che dovrebbe acquistare la norma UNI 10200 (80 euro), studiarsi le oltre 80 pagine con calcoli farraginosi di difficile comprensione anche per un tecnico specializzato. Quindi sarà sempre costretto a rivolgersi a un’azienda specializzata oppure a un progettista in possesso di speciale software dedicato per farsi fare i calcoli. Anche questo comporta un costo di almeno circa 30-40 euro l’anno per appartamento (senza considerare se c’è l’acqua calda centralizzata).
Se si segue quanto proposto dalla X Commissione del Senato per il metodo di calcolo, nessuno di questi costi dovrà essere affrontato:
* i millesimi di riscaldamento possono rimanere come sono. E se si volessero cambiare per basarli sulle potenze installate dei radiatori invece che sulle superfici riscaldate (mq o mc), che forse sarebbe anche più giusto, in presenza dei ripartitori questi dati sono a disposizione gratuitamente, visto che le potenze dei radiatori si devono comunque rilevare per i ripartitori. E in tutte le aziende serie che installano i ripartitori il prezzo per il rilevamento delle potenze è compreso nel prezzo d’installazione.
* nel caso di cambiamenti dei millesimi di riscaldamento in singoli appartamenti per ristrutturazioni e quindi diminuzioni di potenze installate ecc, anche questi valori sono già a disposizione gratuitamente. Basta ricalcolare la tabella millesimale.
* se qualcuno vuole effettuare il calcolo in proprio, ciò è facilmente possibile per qualsiasi privato e/o amministratore: ad esempio, per dividere i costi al 50% sulla base dei consumi e l’altro 50% in base alle potenze installate non serve essere grandi tecnici. Infatti un elevato numero di amministrazioni di condomini lo fa in completa autonomia.
* poi ci sono quelle tante realtà menzionate prima, con 2-3-4 appartamenti, nelle quali, in genere, il calcolo viene fatto in autonomia da un proprietario, che legge i consumi sui ripartitori/contatori e poi esegue il calcolo con l’ausilio di una semplice tabella Excel. Quindi, a costo 0: cosa che la UNI 10200 non permette.
Un’ultima considerazione: gravare di costi impropri e inutili l’operazione di contabilizzazione potrà avere due conseguenze: una valanga di liti condominiali e di ricorsi contro la norma UNI 10200 e – cosa ancora più grave – la constatazione che con questi costi aggiuntivi la contabilizzazione individuale prescritta dalla Direttiva 27/2012 diventa economicamente non vantaggiosa e quindi da evitare. È questo ciò che vuole il Governo?