[A cura di: Mario Fiamigi – vice presidente nazionale Appc] Come è autorevolmente riportato dagli organi d’informazione, l’iter burocratico per i proprietari che intendono usufruire del superbonus del 110% non è propriamente semplicissimo se, nel caso in cui si intendesse cedere il credito fiscale alla banca (scelta che dovrebbe essere di gran lunga la più gettonata), i documenti necessari da predisporre raggiungono il non irrilevante numero di 36.
Siamo di fronte all’ennesimo esempio di come le leggi, anche quelle che perseguono obiettivi giusti e condivisi, nascono inquinate da un agente patogeno che si annida negli interstizi ministeriali, nelle aule parlamentari, nelle mentalità dei funzionari e dei dirigenti che materialmente scrivono i testi normativi sempre più spesso incomprensibili e indecifrabili anche per i giuristi.
Le conseguenze purtroppo sono sotto gli occhi di tutti, perché ognuno di noi affronta giornalmente uno slalom tra norme confuse e contraddittorie disseminate di trabocchetti che sembrano messi apposta per sanzionare il cittadino e degradarlo al rango di suddito.
Aumenta così il discredito delle istituzioni e si alimenta quel sentimento antiparlamentare che in Italia sembra in forte crescita. La legge che ha introdotto l’agevolazione del 110% è importante e necessaria perché tiene insieme l’esigenza di intervenire sull’efficienza energetica degli edifici, sulla loro sicurezza antisismica, sulla produzione di energia pulita e di rilanciare l’edilizia che da sempre è il volano della ripresa economica.
Il rischio però è che quel male che definiamo “burocrazia” riduca gli effetti positivi di un impianto normativo che dovrebbe costituire l’elemento portante della ripartenza e del cambiamento del Paese.