[A cura di:Silvio Rezzonico – presidente nazionale Confappi]
Il cippato è il combustibile più conveniente: a parità di energia primaria prodotta costa 32 euro/MWh contro i 45 euro della legna, i 62 euro del pellet (sia in sacchi da 15 Kg che in autobotte), gli 82 euro del metano a uso domestico, i 136 euro del gasolio e i 253 euro del gpl sfuso. Pesa l’aumento dell’IVA al 22% sul pellet. Nella legge di stabilità 2015 i generatori a biomassa sono una delle novità su cui spingono gli incentivi, concessi fino al 65% della spesa. Tali generatori, a differenza del “credo” comune, sono molto diffusi nelle case degli italiani (si parla di circa 10milioni d’impianti di questo tipo presenti nelle abitazioni del Paese) e hanno un mercato oggi principalmente domestico, oltre che una tecnologia che ben si adatta a sostituire le tradizionali caldaie, specie nei contesti in cui non è disponibile l’allacciamento a metano.
Che cos’è la biomassa
Con il termine “biomassa”, definito anche dalla direttiva europea sulle fonti rinnovabili, s’intendono tutti i residui che provengono sia da coltivazioni agricole e dalla deforestazione che da attività industriali di lavorazione del legno e della carta oltre agli scarti di origine biologica, la legna che si può ardere, i rifiuti di tipo urbano e ciò che si può trasformare in energia elettrica, in maniera diretta o mediante specifici trattamenti. Le caldaie a biomassa sfruttano questi combustibili non fossili per produrre, bruciando, energia. Sono ritenuti sistemi a impatto zero nella produzione di CO2, in quanto l’anidride carbonica emessa durante la combustione e restituita all’ambiente è la stessa già assorbita (ad esempio nel caso delle biomasse vegetali) durante la crescita della pianta.
Biomassa nell’uso civile
Diverse per taglia e potenza e per le soluzioni impiegate (anche a seconda che vengano utilizzate per riscaldare l’aria o allacciate all’impianto ad acqua), le caldaie a biomassa si differenziano soprattutto per il combustibile adoperato (pur se esistono modelli ad alimentazione mista).
Nell’uso civile i combustibili che vengono impiegati sono, nella grande maggioranza dei casi, di origine vegetale. Che, tradotto, significa: la legna, il cippato (pezzetti di legno ricavati da scarti di segherie o da potature) o il pellet (scarti della lavorazione del legno resi in cilindretti pressati). Si tenga presente che, in alcune aree agricole sono diffusi anche impianti alimentati con gli scarti di specifiche lavorazioni, come ad esempio quelli che derivano dalla produzione di olio di oliva in Liguria o dalla coltivazione di nocciole in Piemonte.
Legna, pellet o cippato
Basandosi su una mera analisi dei prezzi, come detto il cippato è senza dubbio il combustibile più conveniente a parità di energia primaria prodotta. Per valutare l’impianto migliore da installare in casa fra quelli a biomassa, tuttavia, occorre andare al di là del valore economico della fornitura e analizzare altri parametri.
I generatori a cippato sono ideali se utilizzati per grandi sistemi centralizzati, come quelli per un condominio o per reti di teleriscaldamento che collegano più edifici, perché richiedono la presenza di un grosso silos di stoccaggio. Per questa ragione sono impiegati in genere per impianti al di sopra dei 100 KWh. Parliamo ad esempio di sistemi a servizio alberghi, agriturismi o imprese agricole. In questo caso, dove ci sono spazi adeguati e l’approvvigionamento della materia prima è magari l’indotto di una lavorazione locale, l’investimento è conveniente. Sul prezzo del cippato occorre anche tenere presente come incida il trasporto: a differenza del pellet, questo combustibile non viene venduto “al minuto”, in sacchetti. Le forniture, effettuate anche con cadenza annuale, richiedono un’area di stoccaggio, che oltretutto sia facilmente accessibile per eventuali operazioni di carico e scarico.
Per impianti unifamiliari, specie se si ha accesso gratis o a poco prezzo al combustibile, una soluzione alternativa e molto praticata sono le caldaie a legna: oggi le più moderne arrivano a rendimenti anche al di sopra al 90%, sono dotate di accensione automatica, sono modulabili e s’interfacciano con un termostato. Ci sono anche in questo caso dei pro e dei contro: innanzitutto lo stoccaggio non è una questione di secondo ordine, perché la legna deve seccare ed essere preservata dall’umidità. In secondo luogo, questo tipo di impianti richiede interventi di gestione: il caricamento della legna va effettuato a mano, la cenere va svuotata ogni 2 o 3 giorni e, mentre alcuni sistemi hanno un automatismo apposito, altri necessitano di una pulizia settimanale degli scambiatori.
Esaminate le altre due opzioni, la soluzione più semplice per chi vuole installare una caldaia a biomassa in casa è rappresentata dal pellet, una tecnologia importata da una ventina d’anni nel nostro Paese dall’Austria e che sta prendendo molto piede in Italia, fra le prime nazioni in Europa a utilizzarla. Si tratta di una soluzione “raffinata” rispetto al legno (di cu si perde l’impatto emotivo). Tuttavia, i generatori più moderni a pellet sono ormai completamente automatizzati, si gestiscono come una caldaia a gas e non comportano grandi manutenzioni o la necessità di una pulitura costante. I residui di cenere sono minimi: in media circa 7 Kg a fronte di una tonnellata di combustibile. Anche l’approvvigionamento è semplice: i pellet sono venduti in sacchetti e possono essere acquistati in moltissimi supermercati, lontano anche dal luogo di produzione originaria.
Montare la caldaia
Per installare un generatore a biomassa in casa occorre avere una serie di requisiti. Innanzitutto, se parliamo di un alloggio singolo, è necessario che l’unità non sia servita da un impianto di riscaldamento centralizzato. In secondo luogo, occorre che nell’appartamento sia presente una canna fumaria dedicata e messa a norma, oltre allo spazio (una questione a volte non indifferente) dove stoccare il combustibile.
Quale convenienza
Negli ultimi anni la vendita di generatori a legna di scala domestica ha superato quella a gas e gpl. Il confronto fra queste tecnologie è a netto vantaggio della biomassa. Se l’impianto, infatti, costa da 1,5 a 3 volte in più rispetto al gas (si va da cifre intorno agli 8/9 mila euro fino a 20mila euro per l’installazione completa chiavi in mano), il risparmio sull’uso è consistente, considerato che il prezzo del legno è meno della metà rispetto al gasolio e circa un terzo (cioè il 70% in meno) del gpl. Diverso il discorso quando è disponibile il metano: in questo caso, non è detto che la biomassa non convenga comunque, ma occorre valutare bene la situazione. Una buona caldaia a condensazione, pur costando il 10-15% in più di gestione annuale, potrebbe rivelarsi più conveniente.
L’opportunità o meno dell’intervento può inoltre variare a seconda della tipologia di edificio. Se per una villetta autonoma installare una caldaia, magari a pellet, richiede uno spazio di stoccaggio che può essere contenuto, lo stesso discorso non vale per un condominio, dove per un impianto che supera i 100 Kw o più, la necessità di avere uno spazio dedicato, sia per la centrale che per il silos di stoccaggio, impone importanti lavori di adeguamento della struttura.
Gli incentivi fiscali
Rispetto al passato, sono aumentate da quest’anno le possibilità per chi installa un impianto a biomassa. Oltre al conto termico, che fino a oggi anche per mancanza di informazione non è decollato, ma che resta lo strumento principe per il finanziamento di caldaie a legna e consente un recupero della spesa anche in due anni nel caso dei generatori unifamiliari, la legge di stabilità 2015 ha deciso di scommettere di più sulla biomassa estendendo le possibilità dell’ecobonus.
Le spese sostenute per l’acquisto e la posa in opera di questo tipo di generatori di calore, in sostituzione di vecchi impianti per il riscaldamento sono oggi detraibili fino al 65%, per un valore massimo di 30.000euro. Questo indipendentemente dall’aver effettuato o meno interventi sull’involucro edilizio, condizione “sine qua non” a cui era agganciata fino al 2014 la misura.
Si tenga però presente che, se da una parte il Governo ha spinto la biomassa, dall’altra l’ha affossata con la recente decisione di aumentare l’Iva del pellet dal 10 al 22% (in Germania questo combustibile è tassato al 7%). Sicuramente questa misura, se non sarà corretta avrà un impatto negativo per il settore. Tanto più che l’andamento delle vendite degli apparecchi sta risentendo, in questi due ultimi anni di due fattori negativi che sono la crisi economica e inverni non particolarmente freddi.
Norme sui controlli
Sotto l’aspetto della normativa, la recente introduzione del libretto d’impianto anche per gli apparecchi a biomassa, oltreché l’istituzione del catasto degli apparecchi, stanno regolamentando un settore che prima era molto legato all’improvvisazione e al fai-da-te, e stanno facendo emergere lo spaccato di un gran numero di sistemi da mettere a norma. Nel prossimo futuro, inoltre, il settore in Italia sarà fortemente influenzato dalle nuove normative sulla classificazione degli apparecchi domestici sia dal punto di vista del rendimento che delle emissioni e sull’Ecodesign per le caldaie e per gli apparecchi domestici, che porrà dei limiti molto stringenti sia di rendimento che di emissione per la commercializzazione dei prodotti.