[A cura di: Virginio Trivella, coordinatore comitato tecnico scientifico Rete IRENE – www.reteirene.it] Gli articoli del Decreto Rilancio che riguardano l’incentivazione dell’efficienza energetica e del miglioramento sismico sono il 128 e il 128-ter.
Il primo articolo istituisce il cosiddetto Superbonus: un nuovo incentivo pari al 110% delle spese sostenute per una serie di categorie di lavori che il provvedimento vuole spingere, con la doppia finalità di contrastare la congiuntura negativa causata della pandemia Covid-19 e di stimolare un piano di trasformazione del patrimonio immobiliare nazionale in chiave di sostenibilità energetica e ambientale, destinato a durare nei prossimi decenni.
Il secondo articolo revisiona i meccanismi di trasferimento dei crediti d’imposta (attraverso la cessione e lo “sconto in fattura”) in logica sperimentale e con l’obiettivo di rendere più fruibile ed efficace il sistema degli incentivi. Proprio su questo punto, che noi riteniamo cruciale per lo sviluppo delle attività, soprattutto in un periodo drammatico come l’attuale, si è concentrata la nostra attenzione.
Sin da quando si sono avute le prime notizie sul nuovo Superbonus, ci siamo sforzati di capire se il provvedimento che si stava delineando sarebbe stato in grado di rispondere alla duplice esigenza di stimolare la domanda di interventi e di consentire alle imprese di accettare condizioni che, senza opportuni accorgimenti, potrebbero essere devastanti per il loro equilibrio finanziario.
Con lo “sconto in fattura” a percentuali altissime (ma lo stesso vale con la cessione di analoghe detrazioni), l’impresa incassa poco o nulla dal cliente, ma paga di tasca propria l’IVA, forse anche la ritenuta dell’8% (non risulta che sia stata abolita), oltre naturalmente i costi del personale, dei materiali, dei ponteggi, ecc..
Se fossero mantenute le regole vigenti, in forza delle quali l’amministratore del condominio comunica all’Agenzia delle entrate una sola volta all’anno l’esercizio dell’opzione per lo sconto o la cessione, le banche continuerebbero a non pre-finanziare le PMI, che sono soggetti tipicamente con merito creditizio non particolarmente brillante. L’ulteriore incremento delle detrazioni peggiorerebbe addirittura la situazione. Esattamente il contrario dell’obiettivo del decreto Rilancio.
L’apertura della cessione alle banche, contenuta nel decreto e accettata dalla Ragioneria dello Stato in conseguenza della temporanea sospensione del Patto di Stabilità, sarà forse in grado di rendere più dinamico il mercato, ma non sarà sufficiente se non accompagnata da altri accorgimenti in grado di sgravare le imprese dall’onere di reperire una quantità di risorse finanziarie dello stesso ordine di grandezza del loro fatturato annuo. Praticamente una missione impossibile.
È da tempo che suggeriamo ai governanti che si succedono di risolvere il problema con una mossa molto semplice: rendere istantaneo il trasferimento dei crediti d’imposta alle imprese, e da queste ai soggetti disposti a finanziarle. Rete IRENE si è molto spesa negli ultimi mesi, attraverso azioni di sensibilizzazione condivise con associazioni della filiera e culminate con un appello al Governo affinché questo problema sia affrontato risolutivamente.
“Devo necessariamente sospendere il giudizio sul provvedimento – afferma Virginio Trivella, coordinatore del Comitato tecnico scientifico di Rete Irene -. Da un lato le novità del decreto rilancio sono molto interessanti, dall’altro non è affrontato il problema che impedisce alle imprese di lavorare e che sta rimandando dietro le barricate artigiani e installatori.
Si badi bene che non si tratta solo di costi: nel caso del Superbonus 110% l’onere finanziario è sostenuto dallo Stato con il 10% di differenza rispetto al prezzo dei lavori. Negli altri casi non è chiaro, ma non è questo il punto”.
“Il problema vero – prosegue Trivella – è la capacità di credito delle imprese, che era già deteriorata prima della crisi, figurarsi oggi. Oggi non c’è nessuno che accetta di pagare i crediti d’imposta prima che questi raggiungano il cassetto fiscale delle imprese e, quindi, passino a quello delle banche o di qualunque altro soggetto che decida di comprarli. Oggi questo trasferimento avviene una sola volta all’anno in caso di cessioni, e anche in caso di sconto delle fatture ai condomini. E questo inchioda le imprese, che non possono mettere a rischio il loro già fragile equilibrio finanziario”.
La soluzione che abbiamo suggerito noi a Fraccaro e a tutti quelli che si sono occupati del decreto – chiosa Trivella – è di rendere il trasferimento dei crediti d’imposta velocissimo, fattura per fattura, in modo da poterli far arrivare ai cessionari finali in tempi compatibili con il pagamento degli operai e delle ricevute bancarie dei fornitori. Purtroppo, il suggerimento è stato recepito solo a metà: il testo approvato non impedisce l’accelerazione dei cassetti fiscali, ma semplicemente non ne fa un obiettivo esplicito, e rinvia la decisione di tempi e modi a un provvedimento dell’Agenzia delle entrate per il quale, tra l’altro, non è nemmeno fissato un tempo per il rilascio (art. 128-ter, comma 8).
In questo momento tutte le attività sono bloccate. Non solo i nuovi lavori che devono ancora iniziare, ma anche quelli che in questi giorni avrebbero potuto ripartire dopo la sospensione per il Covid-19. L’annuncio della possibilità di non pagare più un euro ha sospeso tutto in attesa di capire come sfruttare le nuove possibilità”.
Secondo rete Irene, le azioni da mettere in campo sono due:
Qualora non si volesse modificare il decreto, potrebbe essere sufficiente una dichiarazione del Governo che impegni l’Agenzia verso questo obiettivo: in questo modo si consentirebbe al mercato di prepararsi senza perdere mesi preziosi. Questa è la cosa più importante e urgente.