Riscaldamento in condominio: che cosa prevede la “nuova” Uni 10200?
[A cura di: ing. Deborah De Angelis – Cristoforetti Servizi Energia S.p.A.] Risale al 1993 la prima edizione della UNI 10200. Al tempo, la suddivisione delle spese sulla base degli effettivi consumi non era ancora obbligatoria e la norma non godeva di particolare fama. Da allora si sono susseguiti tre diversi aggiornamenti (nel 2005, 2013 e 2015) fino ad arrivare all’ultima revisione rilasciata ad ottobre 2018.
Tra norma e legge
Ad oggi, gli obblighi di legge relativi all’applicazione della norma sono ormai noti e consolidati:
- in caso di sistemi di riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda sanitaria centralizzata, è fatto obbligo di suddividere l’importo delle spese in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile secondo quanto previsto dalla norma UNI 10200 e successive modifiche e aggiornamenti (Art.9, comma 5, lettera d., e ss.mm.);
- ove la UNI 10200 non sia applicabile, oppure laddove siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l’edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, è possibile suddividere l’importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate (Art.9, comma 5, lettera d., e ss.mm.)
Perché una nuova 10200?
La nuova versione della norma si pone come obiettivo il superamento di alcune criticità emerse nell’applicazione delle versioni precedenti:
- come trattare gli edifici con uso prevalentemente saltuario;
- come ripartire le spese relative alla climatizzazione estiva;
- come trattare alcuni casi particolari.
Che cosa cambia?
Molte sono le differenze rispetto alla versione precedente. Alcune riflettono un cambiamento radicale di approccio alla suddivisione dei consumi, altre riguardano il calcolo analitico del dato.
In sintesi, le variazioni principali riguardano l’introduzione di:
- indicazioni specifiche riguardanti alcune situazioni particolari (ad esempio: tubazioni a vista, edifici con più corpi fabbrica, supercondomini, generatori e vettori energetici asserviti a più servizi, contatori di calore divisionali asserviti a più servizi, unità immobiliari prive di contabilizzazione o impossibilità di effettuare le letture, compresenza di sistemi di contabilizzazione differenti, presenza di locali ad uso collettivo, assenza totale di contabilizzazione, presenza di un impianto di ventilazione meccanica, ecc.);
- una modalità di valutazione per i fabbisogni dell’edificio, della singola unità immobiliare e delle perdite di distribuzione (Appendice D);
- una metodologia per la ripartizione delle spese per gli edifici ad utilizzazione discontinua o saltuaria, attraverso l’utilizzo di un “fattore di utilizzo” che rappresenta il grado di occupazione e dell’edificio;
- una metodologia di ripartizione delle spese anche nel caso di climatizzazione estiva o raffrescamento.
Affronteremo di seguito le implicazioni pratiche di tali variazioni sulla ripartizione dei consumi.
Situazioni particolari
Si pensi agli edifici polifunzionali, alla presenza di un complesso immobiliare composto da più corpi di fabbrica (supercondominio) oppure alla presenza di un impianto di ventilazione meccanica o di montanti verticali a vista. Questi “casi particolari” richiedono una correzione della consueta procedura di ripartizione delle spese prevista dalla UNI 10200.
Nel caso di tubazioni a vista, ad esempio, la norma distingue le tubazioni poste a valle del punto di distacco dall’impianto da quelle poste a monte. I montanti verticali, essendo posti a monte del punto di distacco dall’impianto condominiale, costituiscono una servitù non attribuibile all’unità immobiliare. Le emissioni di tali tubazioni devono quindi essere ricomprese nel consumo involontario ed essere ripartite a millesimi tra le unità immobiliari.
Tra i “casi particolari” non viene trattato il distacco dell’unità immobiliare dall’impianto centralizzato, poiché la tematica non è di competenza della normazione tecnica ed è già regolata dalla legge (Riforma del condominio – Legge 11.12.2012, n. 220).
I fabbisogni energetici
Per comprendere i cambiamenti introdotti, è necessaria una piccola digressione sulle UNI/TS 11300 (parte 1 e 2), le norme che regolano il calcolo del fabbisogno energetico. Parliamo delle stesse norme utilizzate – ad esempio – per redigere gli APE. Esse prevedono che il fabbisogno di energia termica utile possa essere calcolato in tre diverse modalità: A1, A2 e A3.
Il calcolo in modalità A1 e A2 si porta dietro alcune semplificazioni che rendono il risultato – in termini di fabbisogno – slegato dai consumi effettivi. Si tratta di una elaborazione utile per confrontare fra loro più edifici, e infatti costituisce la base del calcolo degli APE.
Al contrario, il calcolo in modalità A3 tiene conto dell’uso effettivo della struttura, delle abitudini delle utenze, dei dati climatici reali e fornirà in uscita un valore molto più vicino al fabbisogno reale. Infatti, questa procedura viene utilizzata per confrontare il consumo effettivo dell’edificio in esame con il consumo atteso, ed è la base per la redazione della Diagnosi Energetica.
La nuova UNI 10200 prevede che:
- per il calcolo dei millesimi di climatizzazione, è necessario valutare l’edificio in condizioni standard (A2 asset rating), in base alle caratteristiche originali, tenendo conto di eventuali interventi eseguiti sulle parti comuni o innovazioni, ma senza considerare gli interventi sulle singole unità immobiliari;
- per il calcolo dei fabbisogni energetici finalizzati alla ripartizione delle spese nel prospetto previsionale e a consuntivo, è necessario effettuare la valutazione in condizioni di uso reale dell’edificio, quindi con una diagnosi energetica (A3 tailored rating). Il modello dell’edificio da cui si ricavano i dati deve essere riferito allo stato attuale, tenendo conto di eventuali interventi, sia su parti comuni sia sui singoli alloggi.
Utilizzazione saltuaria o discontinua
L’uso saltuario è tipico delle “seconde case”, cioè di quegli edifici i cui appartamenti sono principalmente utilizzati a fini turistici. Ma vi possono essere annoverati anche gli edifici di recente costruzione, sino a quando restano invendute un numero rilevante di unità immobiliari.
In questi edifici, come è facile comprendere, la componente involontaria è tanto maggiore quanto minore è l’occupazione dell’edificio. Ma la precedente UNI 10200 non permetteva di distinguere fra “edificio più occupato” e “meno occupato”, e questo generava ripartizioni particolarmente sfavorevoli per i pochi utilizzatori, che si trovano a dover corrispondere una quota annuale molto alta perché calcolata partendo dal presupposto che l’edificio fosse totalmente occupato.
Oggi, la ripartizione tiene conto del fattore di utilizzo, ovvero dal rapporto fra il consumo totale effettivo e il fabbisogno in ingresso alla distribuzione, calcolato però in modalità A3 ovvero tenendo conto del consumo reale e dei dati climatici effettivi. Se il fattore di utilizzo risulta superiore a 0,8, allora si rientra nella casistica degli edifici “normalmente occupati”. Se risulta inferiore, si è nel caso di edifici ad occupazione saltuaria o discontinua. In questo caso è prevista la correzione dei consumi involontari sulla base del fattore d’uso, con l’obiettivo di limitare l’incidenza delle spese sui pochi condòmini che usufruiscono maggiormente del servizio.
I quesiti in condominio
Questi approcci, completamente rinnovati rispetto alla vecchia versione della norma, hanno alcune implicazioni sulle quali vale la pena soffermarsi.
- Devo cambiare il mio criterio di suddivisione delle spese? In tutti i casi di ripartizione indiretta, ovvero contabilizzazione con ripartitori, la nuova norma obbliga al calcolo del fattore d’uso ogni anno. Variando ogni anno l’utilizzo, e quindi il fattore d’uso, varierà anche la determinazione della quota fissa, che non può più essere “congelata” per tutti gli anni ma dovrà essere ricalcolata anno per anno. Pertanto, la quota fissa non è più fissa.
- Devo ricalcolare i millesimi? Se abbiamo utilizzato i fabbisogni ricavati da una certificazione energetica, o non ci siamo riferiti allo stato attuale dell’edificio, la ripartizione delle spese che abbiamo ottenuto non è più corretta e nella prossima ripartizione delle spese dovranno essere rivalutati i millesimi di fabbisogno ai sensi della nuova UNI 10200:2018 utilizzando la modalità A2.
- Devo calcolare il fattore d’uso nel caso di edifici ad utilizzo saltuario? Occorre che l’assemblea incarichi un professionista abilitato affinché verifichi la sussistenza dell’occupazione discontinua o saltuaria o parziale calcolando il fattore d’uso e, se necessario, individui il criterio di ripartizione, qualora questo non fosse già desumibile dalla relazione effettuata stante la vigenza della precedente versione della norma UNI.
- La programmazione dei ripartitori è ancora valida se effettuata con la precedente versione della UNI 10200? Qualora vi siano tubazioni a vista in montanti verticali, la potenza calcolata con la vecchia versione sarà superiore a quella calcolata con la nuova versione; pertanto il calcolo effettuato non sarà conforme alla nuova norma e sarà eventualmente necessario riprogrammare i ripartitori.
- Devo ricalcolare le quote di ripartizione se l’edificio è dotato di climatizzazione estiva ed è già presente una ripartizione dei consumi secondo la precedente norma? La precedente versione della norma non considerava la ripartizione dei consumi e delle spese relative alla climatizzazione estiva, quindi è necessario adeguare e aggiornare i criteri di ripartizione.
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FONTI: Dossier CTI pubblicato sul numero di luglio-agosto di “Il CTI informa – Energia e Dintorni”, dal titolo “Contabilizzazione del calore – La nuova UNI 10200″