[A cura di: Assites] Nella Legge di Bilancio 2019 viene prevista la proroga per un anno delle detrazioni fiscali per l’efficienza energetica, con percentuali differenziate a seconda della tipologia di intervento prescelto. Anche in questa tornata viene lasciata al 50% la detrazione per le schermature solari.
In un recente incontro con il Sottosegretario MISE Davide Crippa (il 10 aprile scorso) Assites ha osservato come non siano stati considerati i risultati, attesi ma non per questo meno clamorosi, del Dossier recentemente elaborato dal Servizio Studi dei Dipartimenti Ambiente e Finanze della Camera dei Deputati in collaborazione con il Cresme. Il dato che emerge non può essere aggirato: un saldo positivo per il Paese di 23, 5 miliardi di euro nel decennio.
In particolare per quanto riguarda gli interventi sulle schermature solari, in soli quattro anni dall’introduzione essi sono diventati la seconda voce in ordine di tipologia di interventi, generando mediamente 150 milioni di investimenti annui con circa 80.000 piccoli cantieri interessati (si consideri che la spesa media è di 2.000 euro ad intervento).
La questione attiene ad una ben precisa scelta politica e non può essere “derubricata” come mera conseguenza di calcoli tecnici. Con l’abbattimento al 50% di sole due tipologie di intervento di riqualificazione energetica (infissi e schermature solari), ponendole alla stregua di quelle per le ristrutturazioni edilizie, si confondono le idee circa una misura il cui successo è attribuibile, nel tempo, anche alla chiarezza del dispositivo e si ingenera confusione anche nella valutazione della convenienza dell’intervento da parte del consumatore stante il diverso grado di complessità insito nelle due differenti procedure di richiesta della detrazione.
“Anche il Governo, dopo una quinquennale e continua opera informativa da parte di Assites, aveva condiviso questa valutazione ed aveva inserito le schermature solari tra gli interventi ammessi alla detrazione fiscale del 65% – afferma Fabio Gasparini, presidente Assites –. Si trattava, quindi, di una misura sicuramente opportuna sotto il profilo del contributo al risparmio energetico, sotto quello industriale e di bolletta energetica del Paese, senza contare che, per una volta, il mercato di riferimento, le industrie e i consumatori di tali investimenti sono omogeneamente diffusi tra Nord, Centro e Sud Italia ed anzi, forse, con una prevalenza quest’ultima area, almeno in proporzione agli abitanti”.
Assites chiede dunque con forza – utilizzando magari il veicolo del Decreto crescita – la riammissione alla detrazione del 65% per le schermature solari – meno di dieci milioni di mancato introito (tutto da dimostrare) per l’Erario – con la sicurezza di mantenere attivi 28.000 lavoratori in un Paese che si chiama Italia. Fossimo in Svezia, forse sarebbe giustificato questo atteggiamento di resistenza. Ma siamo in Italia, un Paese dove – nell’intera sua parte meridionale ed insulare – si consuma ormai più energia (pregiata) per difendersi dal caldo che dal freddo.
Le scelte di maggiore costo ed efficienza vanno premiate, ma non vanno penalizzati gli interventi sui singoli componenti.
Ricordiamoci che gli interventi “meno efficienti” (non “inefficienti”…) contribuiscono grandemente al risparmio energetico ed alla occupazione della filiera italiana di questo settore industriale.
Su tali premesse, già di per sé problematiche, si è poi innestata un’altra grave area di criticità costituita dalla possibilità di sconto immediato al posto della detrazione che, pur partendo dal condivisibile principio di facilitare l’attivazione degli interventi, è suscettibile di sortire un risultato assai negativo. L’articolato – di cui al momento disponiamo – del Decreto cosiddetto “Crescita”, all’ articolo 9, infatti, prevede la possibilità, per il soggetto che ha diritto alle detrazioni, di poter optare, al posto del loro utilizzo diretto, per un contributo anticipato di pari importo come sconto su quanto dovuto all’impresa che effettua l’intervento di riqualificazione energetica o di adozione di misure antisismiche, che viene rimborsato a quest’ultima come credito di imposta da usare in compensazione in cinque quote annuali.
Nella sostanza si scarica sull’impresa gran parte dell’onere finanziario derivante dal costo dell’intervento. Né vale affermare che questa misura è opzionale e si può utilizzare il metodo previgente di semplice fruizione della detrazione da parte del committente: chi infatti sceglierebbe di percorrere questa ipotesi, il cui importo può scontare in dieci anni, potendo usufruire della stessa somma subito?
Quale sarà il risultato sul mercato? È evidente come sia piuttosto difficile immaginare che siano le piccole imprese del settore a vantare crediti d’imposta nei confronti del fisco. Imprese, che se non si prevede almeno la possibilità di ulteriore cessione del credito, si troveranno soffocate da questo meccanismo. Chi ha rilevanti crediti di imposta da compensare sono con ogni probabilità le multiutilities e gli ex monopolisti dell’energia che negli ultimi anni, approfittando della condizione di trovarsi di fatto in una posizione dominante, sono entrati nel mercato della riqualificazione energetica esercitando nella pratica – anche grazie all’utilizzo dei dati informativi già in loro possesso per l’attività da loro svolta pressoché in regime di monopolio – una concorrenza sleale nei confronti delle piccole imprese.
È un tema, quello del restringimento della concorrenza del mercato, da non sottovalutare, specie se sentiamo dire da fonti istituzionali o para-istituzionali che “tanto poi i lavori sempre le imprese li fanno…”. Si, ma come ed in che posizione?