[A cura di: FINCO] L’ottimo Dossier dello scorso mese di novembre elaborato dal Servizio Studi dei Dipartimenti Ambiente e Finanze della Camera dei Deputati, in collaborazione con il Cresme, dal titolo “Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell’impatto delle misure di incentivazione” dimostra ancora una volta, ove mai ce ne fosse bisogno, l’impatto positivo sull’economia nazionale delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie ed, in particolare, per la riqualificazione energetica.
“Tali misure hanno nel tempo costituito non solo un volano di sviluppo (ed ancor prima una barriera alla de-industrializzazione di questi settori) ma anche uno stimolo all’innovazione, alla stabile emersione del nero sia fiscale che contributivo, all’abbattimento della bolletta energetica del Paese, oltre che, naturalmente, al miglioramento della qualità ambientale, alla riduzione delle emissioni di CO2 ed all’incremento del valore degli edifici ”- sostiene Angelo Artale, Direttore Generale FINCO.
Alla luce dei dati – secondo FINCO – deve considerarsi come addirittura autolesionistico il decremento dal 65 al 50% per gli eco bonus relativi ai settori dei serramenti e delle schermature solari (specie ove, malauguratamente, accoppiati a tetti di costi ammissibili per metro quadrato del tutto fuori dal mercato della qualità). Bene monitorare costantemente l’andamento ed il ritorno di tali misure ma i dati, ormai da tempo, vanno in un’unica, positiva, direzione.
Dal 1998 ad oggi si sono, infatti, registrati 17,8 milioni di interventi, ossia in oltre il 57% delle abitazioni italiane stimate dall’Istat (31,2 milioni), per investimenti complessivi pari a 292,7 miliardi di euro.
Per il 2017 si stima un volume di investimenti pari a 28.106 milioni di euro veicolati dagli incentivi, di cui 3.724 milioni di euro per la riqualificazione energetica e 24.382 milioni di euro per il recupero edilizio.
Le previsioni per il 2018 parlano di un volume di spesa complessivo pari a 28.587 milioni di euro, superiore ai livelli del 2017, di cui 3.549 milioni di euro per la riqualificazione energetica e 25.038 milioni per il recupero edilizio.
Dal documento emergono anche chiari ritorni sull’occupazione: nel 2018 si stimano 426.745 occupati (284.497 diretti e 142.248 nell’indotto). Inoltre, i 202,4 miliardi di euro attivati dagli incentivi nel periodo 2011-2017 hanno prodotto oltre due milioni di occupati diretti nel settore del recupero edilizio e della riqualificazione energetica ed un milione di occupati indiretti nelle industrie e nei servizi collegati. Ma il dato più eclatante è il saldo positivo di 23,5 miliardi per il sistema Paese che emerge dallo studio nel decennio preso in esame.
“Molti interventi potevano avere un rapporto costo-beneficio più alto? Alcune sostituzioni di infissi sono state fatte per ragioni più estetiche che di efficienza energetica? Va bene: e allora? – domanda retoricamente Angelo Artale -. Non vogliamo considerare che comunque tali misure hanno sostenuto la filiera industriale italiana e la relativa occupazione ed innovazione tecnologica e che in ogni caso si è certamente prodotto un risultato complessivamente assai favorevole? Vogliamo dire che altre e diverse soluzioni, certamente efficaci, sono fattibili in villette mono/pluri familiari e assai meno, talvolta, in litigiosi condomini? E vogliamo dire che queste sono misure pensate soprattutto per i cittadini/contribuenti: sono loro che debbono scegliere, liberamente e in base anche alle proprie disponibilità, quali soluzioni di efficientamento perseguire, senza che si abbia la pretesa di orientarne le scelte, ed il mercato, come attraverso certe campagne, peraltro effettuate con soldi pubblici?”.
FINCO confida che il Legislatore voglia acquisire definitivamente queste semplici verità, che emergono dai numeri del documento in questione, e dunque:
“Si tratta di proposte ragionevoli – conclude Artale – sulle quali ci dovrebbe essere ampio consenso in un Paese dove siamo in procinto di spendere ben altre cifre per misure sociali comprensibili, ma che poco hanno a che fare con lo sviluppo”.