[Intervista di: Vincenzo
Perrotta]
Nonostante
la produzione e la lavorazione di amianto siano fuori legge in Italia dal 1992,
una recente indagine del centro di ricerca dell’Inail ha posto nuovamente
l’accento sull’esistenza di una correlazione tra esposizione all’amianto, anche
in ambito residenziale, e insorgenza di tumori. In particolare, dai dati del
Registro nazionale dei mesoteliomi è emerso come il peso dell’esposizione non
occupazionale nell’insorgenza del mesotelioma sia stimabile intorno al 10%. In
altre parole, un caso di tumore ogni dieci è determinato da esposizioni
all’amianto avvenute in ambito non lavorativo. Per comprendere a fondo questo fenomeno, senza
cedere a facili allarmismi, abbiamo intervistato Alessandro Marinaccio (nella foto), esperto di epidemiologia del mesotelioma e responsabile del gruppo
di ricercatori che ha condotto l’indagine.
Dottor Marinaccio, prima della messa al bando
quanto amianto è stato prodotto o importato in Italia? È possibile che il
materiale sia ancora presente in ambito residenziale? Quali sono le parti
dell’edificio solitamente interessate da presenza di amianto?
Prima del bando del 1992 in Italia sono stati
prodotti e importati oltre 3 milioni e mezzo di tonnellate di amianto. Il bando
ha eliminato ogni forma di estrazione, commercializzazione, utilizzo e
trasformazione, ma non ha potuto eliminare il problema dell’amianto messo in
circolazione fino a quel momento. Oggi la presenza di amianto in ambito
residenziale può essere riscontrata nei tetti delle case, in particolare negli
ondulati di cemento-amianto, nel rivestimento delle canne fumarie, nei tubi per
il riscaldamento, nei cassoni dell’acqua o nei pavimenti in linoleum.
Secondo la vostra ricerca, qual è l’incidenza di
patologie riconducibili alla presenza di amianto negli edifici?
Come noto, l’inalazione di fibre disperse di
amianto è causa di mesotelioma (il tumore della pleura), ma anche di patologie
quali tumore del polmone e della laringe. In ragione del lavoro svolto
dall’Inail possiamo affermare che circa il 10% dei casi di mesotelioma ha
origine da esposizioni avvenute in ambito non lavorativo, e quindi
residenziale. Inoltre, dei soggetti ammalati per ragioni professionali, circa
il 15% sono persone che hanno lavorato nel settore dell’edilizia.
Qual sono i siti industriali maggiormente
interessati e dove sono stati riscontrati i maggiori clusters di malattie
legate all’amianto?
La distribuzione territoriale dei siti
contaminati o dei siti in cui oggi si rileva un numero molto importante di casi
corrisponde alla mappa dei luoghi dove si usava massicciamente amianto,
all’incirca 40 anni fa. Sono le aree di Casale Monferrato in provincia di
Alessandria, Broni in quella di Pavia, Bari e Reggio Emilia per l’esposizione
nel settore della produzione di manufatti in cemento amianto. A queste vanno
aggiunte le zone interessate dalla cantieristica navale come Monfalcone,
Trieste, i cantieri liguri di Genova, La Spezia e Savona, Castellammare di
Stabia e Ancona. Inoltre, ci sono aree, ad esempio Venezia, Livorno e Taranto,
in cui la presenza di situazioni di rischio per la salute dei lavoratori (e in
qualche caso della popolazione residente nelle zone limitrofe) è riconducibile
alla compresenza di più contesti industriali differenti.
La rimozione dell’amianto negli edifici
residenziali è sempre necessaria? Deve avvenire per tramite di ditte
specializzate?
L’amianto è pericoloso per la salute nel momento
in cui c’è una dispersione di fibre nell’aria. Vale a dire, la semplice
presenza di materiali di amianto, se in buone condizioni, non comporta, di per
sé, un rischio per la salute. Viceversa, se sono riscontrabili fenomeni di
deterioramento, allora è possibile il rilascio di fibre di amianto nell’aria,
l’inalazione e quindi il rischio per la salute. La scelta se rimuovere o meno
l’amianto deriva da questo. Se il materiale si trova in perfetto stato di
conservazione, in qualche caso può essere addirittura strategia migliore
lasciarlo dov’è, senza muoverlo e senza perturbarlo. In ogni caso la bonifica,
per non comportare rischi, deve essere svolta da personale specializzato.
L’esposizione per i lavoratori edili. Sono
ancora a rischio? Esiste una maniera “standard” per tutelare i
lavoratori?
Prima del 1992, l’amianto è stato utilizzato in
modo massiccio anche in ambito residenziale. Potenzialmente quindi, i
lavoratori che fanno manutenzione o ristrutturazione di edifici costruiti
precedentemente, potrebbero essere a rischio, a maggior ragione se non sono
consapevoli della presenza di amianto. La cosa più importante in assoluto è che
dovunque vi sia presenza di amianto, questa venga segnalata in maniera
inequivoca, in modo che si possano prendere le dovute precauzioni.
L’Italia continua a produrre o importare
amianto?
Assolutamente no. Ma bisogna dire che la messa
al bando interessa, ancora oggi, soltanto una minoranza di Paesi del modo.
L’amianto è correntemente usato in moltissime nazioni del mondo come Cina,
Russia, India, Brasile e parte del Canada, malgrado la produzione scientifica
abbia ampiamente dimostrato quanto sia pericoloso. Il pericolo, anche per
l’Italia, è che vengano importati (inconsapevolmente) materiali e beni di
qualsiasi genere che contengono amianto. Per questo motivo, organismi
internazionali e agenzie di ricerca hanno, da tempo, sottolineato l’importanza
e l’urgenza di un bando internazionale.