[A cura di: ing. Fabrizio Mario Vinardi, consigliere segretario Ordine Ingegneri prov. di Torino]
Quante volte, camminando per strada, ci siamo chiesti: “Se cadesse qualcosa dall’alto e mi facessi male, di chi sarebbe la responsabilità? Potrei avere diritto ad un risarcimento?”.
Sicuramente la protagonista della nostra vicenda, Valentina, non se lo era chiesto quando aveva acquistato l’ultimo piano di uno stabile di fine ’800 e immediatamente – senza neppure andare ad abitarlo – ne aveva affidato la ristrutturazione all’impresa edile Alfa, che si era adoperata nel presentare alla propria cliente anche il progettista architettonico e direttore dei lavori (il preventivo dell’impresa conteneva una voce che, testualmente, recitava: “pratiche Comune e Catasto” ed, in effetti, veniva nominato un professionista che depositava idonea pratica edilizia).
Occorre a questo punto far presente che nonostante sia molto comodo per la proprietà avere un unico interlocutore tanto per i lavori, quanto per i servizi professionali (il famoso “chiavi in mano”), tuttavia le figure del progettista e, soprattutto, del direttore dei lavori (che spesso, nei piccoli interventi, coincidono) non è opportuno che siano indicate dall’impresario edile, ma al contrario devono essere professionisti di fiducia della committenza.
Infatti, tra i compiti principali del direttore dei lavori vi è non solo quello di far costruire l’opera in coerenza con il progetto licenziato dall’ufficio tecnico comunale (per evitare di incorrere in opere che, tecnicamente, rappresentino un abuso edilizio), ma anche quello di verificare che i lavori vengano eseguiti a regola d’arte, ordinandone in caso contrario il rifacimento. È intuitivo comprendere che tale importante ruolo di controllo può essere esercitato solo se il direttore dei lavori è figura indipendente, economicamente e psicologicamente, dall’impresa.
Tornando al nostro caso, quello che è accaduto nella realtà è che, quando il cantiere era ormai quasi terminato, è intervenuta l’impresa Beta per sostituire i serramenti esterni, manufatti verosimilmente risalenti all’epoca della costruzione. Proprio mentre veniva rimossa la prima finestra, il pesante davanzale esterno in pietra precipitava in strada, dove colpiva un malcapitato passante, che – per sua fortuna – riportava lesioni non particolarmente gravi.
Intervenivano le Forze dell’Ordine, che accertavano una situazione di cui la nostra povera Valentina era ignara: la presenza in cantiere dell’impresa Alfa (cui erano stati appaltati i lavori di ristrutturazione e, indirettamente, anche la progettazione) e dell’impresa Beta (presso il cui negozio la proprietaria si era recata unicamente per visionare e scegliere i serramenti esterni) rendevano necessaria la previa nomina del Coordinatore della sicurezza, obbligo che ai sensi del TU Sicurezza di cui al D.Lgs. 81/08 smi incombe sul committente. Non solo, ma gli accertamenti a cura della Polizia Giudiziaria rivelavano una situazione ben più complessa: ciascuna delle imprese aveva subappaltato una parte dei relativi lavori a vari artigiani, uno dei quali era proprio la persona che materialmente stava rimuovendo il vecchio serramento al momento dell’incidente.
In un attimo, la nostra protagonista – che aveva già scelto i mobili per arredare la nuova casa e contava di abitarla entro una decina di giorni – ha dovuto cercarsi un avvocato penalista ed un ingegnere forense in quanto indagata, insieme con l’appaltatore e l’artigiano di cui sopra, per lesioni colpose (art. 590 cod. pen.), senza contare il sequestro del cantiere, il pagamento della sanzione pecuniaria, la necessità di nominare in tempi brevi un Coordinatore della Sicurezza, il ritardo nella chiusura dei lavori e, dulcis in fundo, la richiesta da parte dell’amministratore condominiale di pagare le spese per i lavori urgenti di messa in sicurezza della facciata.
Le indagini condotte dalla Magistratura nella fase penale della vicenda hanno tuttavia chiarito, nel tempo record di un anno, che:
Per tutti questi motivi, il procedimento penale per lesioni veniva definitivamente archiviato, pur proseguendo il giudizio penale nei confronti del legale rappresentante dell’impresa Beta per omessa redazione del POS, restando impregiudicata per i vari protagonisti la possibilità di instaurare giudizi civili per il risarcimento dei danni a vario titolo patiti (non solo da parte del passante per le lesioni subite, ma anche da parte di Valentina per i notevoli costi affrontati e i ritardi nella ultimazione dei lavori).
In conclusione, alcuni insegnamenti possono certo trarsi dall’analisi di questo caso studio, che dimostra come anche una semplice ristrutturazione, se affrontata senza la necessaria serietà professionale, possa trasformarsi in un piccolo calvario: