Perplessità. È questa la reazione del presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, di fronte alla notizia di stampa secondo cui il Comune di Milano starebbe valutando uno scaglionamento, con tanto di proroga progressiva, dell’obbligo di dotare gli immobili di certificazione di idoneità statica (Cis).
Secondo un articolo del Corriere della Sera a firma di Andrea Senesi, infatti, finora la misura sarebbe stata un flop, tanto che, dopo 5 anni dal varo dell’obbligo, e a meno di sei mesi dalla scadenza dei termini per mettersi in regola (il 27 novembre 2019), appena 500 edifici su 25mila avrebbero presentato il certificato d’idoneità statica.
Di qui, il probabile rinvio: dal 27 novembre 2020 per gli edifici completati prima del 1948, al 27 novembre 2023 per quelli ultimati prima del 1973, con altre due fasce intermedie (1952 e 1961, che vedrebbero le relative scadenze slittare, rispettivamente, al 2021 e al 2022).
“Noi stessi avevamo suggerito di prorogare il termine di scadenza, non per graziare proprietari negligenti, ma per offrire al Comune una possibilità di ripensare l’impostazione di questa misura, correggendone le storture ed eliminando le forzature di legge – commenta Colombo Clerici –. Lo scaglionamento delle scadenze, viceversa, rappresenta una sconfessione della cogenza delle ragioni che supportavano la logica dell’art. 11 del regolamento edilizio. Dire che, in carenza di certificazioni, per alcuni edifici cessa l’agibilità e per altri no (in assenza di un criterio scientifico che lo giustifichi), significa inficiare il fondamento stesso della norma. Ciò in quanto viene a riconoscersi la pura discrezionalità della scelta amministrativa. Quindi – conclude il numero uno di Assoedilizia – occorre che il rinvio dell’obbligo della certificazione intervenga per tutti gli edifici, e senza distinzione alcuna. Nel frattempo, il Comune potrà porre rimedio alle forzature contenute nella attuale normativa”.