[A cura di: arch. Luisa Marabelli, presidente Uppi Pavia]
Si parla molto, di questi tempi, di sostenibilità: sul lavoro, sulla famiglia, sul territorio, nell’alimentazione. L’Expo di Milano fa della sostenibilità dei consumi alimentari un cardine dei suoi contenuti. Ma cosa significa quando si parla di consumo di suolo? Cosa sta scritto nelle proposte di legge nazionali, nelle leggi regionali, negli indirizzi della Comunità Europea? È obiettivo europeo che, dall’anno 2050, il consumo di suolo sarà pari a zero. Quando si parla di suolo, si parla di suolo agricolo, destinato all’uso agroalimentare: superfici che nel tempo sono state destinate ad altri usi: solo in Lombardia, negli ultimi vent’anni, sono stati resi impermeabili migliaia di metri quadrati: dal 1995 al 2007 si sono persi 279.000 ettari di suolo agricolo, il 30% in abitazioni, ma ben il 70% in infrastrutture, cioè edifici pubblici, strade, parcheggi e altro ancora.
Una rete di servizi che ci rende la vita spesso più agevole, ci offre più possibilità di lavoro,più possibilità di svago e di consumo. Ovviamente tutto questo ha un prezzo molto alto, in termini di sostenibilità ambientale: più consumi di energia per spostarci, lavorare, divertirci, abitare, vivere. Il danno in termini ambientali è evidente: una grande “impronta ecologica”che facciamo fatica a moderare, a ridurre. Per questo sono intervenute norme e leggi che dovrebbero aiutarci a rispettare il patrimonio suolo, così come aria e acqua, impegno forte in favore nostro, ma soprattutto per le nuove generazioni. Da molti anni si discute di questo e i temi sono vastissimi. Per tornare alle norme e leggi, in Lombardia, cosa si prescrive?
Si dice che: “il suolo, risorsa non rinnovabile, è bene comune di fondamentale importanza per l’equilibrio ambientale, la salvaguardia della salute, la produzione agricola finalizzata all’alimentazione umana e/o animale, la tutela degli ecosistemi naturali e la difesa dal dissesto idrogeologico” (L.R. n.31/2014 art.1 “Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato”) e pertanto la legge dispone che le azioni del Governo del Territorio siano orientate verso interventi edilizi in aree già urbanizzate, degradate o dismesse, sottoutilizzate, da riqualificare o rigenerare “anche al fine di promuovere e non compromettere l’ambiente, il paesaggio, nonché l’attività agricola”.
Per fare questo, oltre alla previsione di specifica pianificazione, la regione mette in atto meccanismi sia economici sia premiali e di incentivazione per tutte le forme di rigenerazione urbana, e meccanismi disincentivanti per il consumo di suolo previsto e non ancora attuato (oneri maggiori dal 5% al 30%). Le finalità generali dalla Legge Regionale sono largamente condivise, occorreranno circa 3 anni per adeguare tutti gli strumenti urbanistici, una strada necessaria, ma certamente complessa e faticosa. Questo significa, per tornare ai temi di Uppi,che il tanto abusato nei termini “patrimonio edilizio esistente”, diventerà più prezioso, che le nostre case, intelligentemente adeguate ad un minor consumo di energia, saranno un bene più rispettato, perché indispensabile per vivere ed abitare.
Questo lo capiamo noi, che della tutela della proprietà abbiamo fatto una ragione di esistere. Ci auguriamo che lo recepiscano anche i nostri amministratori pubblici, diminuendo la pressione fiscale in ogni modo possibile, semplificando le procedure burocratiche che resistono pervicacemente ad ogni livello, mantenendo gli sgravi fiscali sulle ristrutturazioni che hanno dato ottimi risultati, permettendo così mantenere una qualità elevata dei luoghi dell’abitare, una sostenibilità ambientale allargata dal centro alle periferie, un maggior utilizzo dei servizi esistenti, una ritrovata identità del nostro essere “abitanti”.