È stata recentemente aggiornata la prima serie di Faq relative ai Criteri ambientali minimi (CAM) per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici, adottati con DM 11 ottobre 2017 e pubblicati sulla G.U n. 259 del 6 novembre 2017.
In seguito a diverse segnalazioni di non corretta applicazione dei CAM da parte delle stazioni appaltanti, si ritiene necessario fare alcune precisazioni:
D. Nei CAM non si trovano tutte le tipologie di progetto, p.es non sono contemplati i restauri. Come ci si deve comportare in questi casi?
R. I CAM edifici, quando fanno riferimento a nuovi edifici o ristrutturazioni di primo e secondo livello o manutenzioni ordinarie e straordinarie, si rifanno alle definizioni del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dei decreti interministeriali del 26 giugno 2015, di attuazione della legge 90/2013. Per le altre tipologie di intervento (quale il restauro) non nominate nel testo i CAM non sono obbligatori. Ovviamente si invitano le stazioni appaltanti a tenerli in considerazione per quanto possibile in base al tipo di progetto.
D. Alcuni materiali parrebbero non rientrare all’interno di quelli inseriti nei CAM. Se ad esempio ho progettato una parete ventilata in elementi in cotto, ricado all’interno del punto 2.4.2.2. Laterizi, che invece fa riferimento a “laterizi per murature e solai”? o non tengo conto di alcuna prescrizione? E se la parete ventilata la progetto in elementi in gres porcellanato, ricado nel punto 2.4.2.9?
R. Non è stato specificato nel CAM (si potrà farlo nelle prossime modifiche al CAM), però come stazione appaltante può prescriverlo al di là dei CAM ai sensi dell’art. 68 del codice dei contratti pubblici. Non tutti i materiali sono elencati nel testo dei CAM perché non si tratta di un capitolato. I criteri sono stati elaborati solo per alcuni materiali. Ai fini dei CAM, quindi, per i materiali non citati non esiste alcuna prescrizione specifica, a meno che non vi siano obblighi derivanti da altre norme o regolamenti di livello locale.
D. Qual è il professionista accreditato a cui ci si riferisce nella verifica?
R. Per quanto attiene la Diagnosi, le uniche figure specializzate (vedi allegato 2 al Decreto Legislativo n. 102/2014 e s.m.i.) sono:
D. La data di riferimento del 2019 riportata al terzo capoverso non trova corrispondenza con quanto indicato nelle Tabelle 1-4 dell’Appendice B del DM 26.06.2015 dove sono previsti solo due scaglioni temporali: 2015 e 2021. È un refuso?
R. Si, è un refuso. Le parole “…di cui all’appendice B del decreto ministeriale 26 giugno 2015 e s.m.i, relativamente all’anno 2019 per gli edifici pubblici” vanno intese come “…di cui all’appendice B del decreto ministeriale 26 giugno 2015 e s.m.i, relativamente all’anno 2021”. Ciò sarà oggetto di una errata/corrige da pubblicare successivamente.
D. Il contenuto di materia recuperata o riciclata deve essere pari ad almeno il 15% in peso sul totale dei materiali utilizzati. “Per le diverse categorie di materiali e componenti edilizi valgono in sostituzione, qualora specificate, le percentuali contenute al cap.2.4.2”. Le percentuali contenute nei sottopunti sui singoli materiali di cui al punto 2.4.2 sono però generalmente minori di quel 15% imposto in premessa (cls-percentuale minimo di riciclato 5% sul totale, laterizi 10% – per il legno non sono richieste percentuali minime… etc.) quindi applicando le singole percentuali imposte o non applicandole (vedi il caso del legno), calcolando i pesi e le % relative di riciclato, non si arriva ad ottenere quel 15% richiesto. Non risulta chiaro quindi se basta attenersi alle percentuali contenute al cap.2.4.2 come scritto al 3° capoverso, o se nel complessivo dei calcoli devo ottenere comunque almeno il 15% di materia riciclata, come scritto al primo capoverso, il che farebbe alzare tutte le percentuali rispetto a quanto stabilito ai successivi sottopunti.
R. Per i materiali di cui al cap. 2.4.2 si applicano le percentuali indicate nei relativi paragrafi 2.4.2.1 e seguenti. Per altri materiali (se ce ne sono nel progetto) si fa la somma dei relativi pesi e si calcola il 15% ai sensi del 2.4.1.2. Questo 15 % può essere costituito anche dal differente contributo dato dai diversi materiali considerati. Se così non si riesce ad arrivare al 15% di riciclato complessivo, lo si riporta nella relazione tecnica-illustrativa. Se, invece, non ci sono materiali diversi da quelli indicati ai paragrafi 2.4.2.1 e seguenti, restano le percentuali più basse ivi indicate.
D. Fare riferimento al peso e non al volume, appare talvolta scorretto, poiché ci sono materiali molto leggeri, come gli isolamenti termici ed acustici (di cui al par. 2.4.2.8), che incidono pochissimo sul peso totale, che però sarebbero anche più facilmente reperibili nelle versioni “riciclate”, mentre ad esempio i calcestruzzi vanno ad incidere molto sui calcoli complessivi dei pesi. Di conseguenza, in tal caso, se dovessimo fissare la % minima complessiva al 15%, occorrerebbe imporre per il calcestruzzo una % di riciclato molto più alta di quella imposta del 5% da norma. Restano i dubbi poi sull’effettiva reperibilità sul mercato di un cls con il 30-40% di materiale riciclato..- ovvero rischiamo di imporre delle % di riciclato su certi materiali che non esistono, con grossi problemi poi in fase di appalto.
R. Per il calcestruzzo si è scelta già da tempo, la percentuale del 5% di riciclato a causa delle restrizioni derivanti nella norma tecnica di cui al D.M. 14 gennaio 2008 (Tabella 11.2.III). Riguardo gli isolanti o in genere i materiali leggeri quel che conta in un’analisi del ciclo di vita è l’impatto ambientale per unità di peso. In una manutenzione straordinaria, se si utilizzano pochi materiali e questi materiali sono quelli richiamati nei criteri 2.4.2.1 e seguenti, si applicano (come detto al precedente punto) le percentuali indicate per i singoli materiali. Se si utilizzano anche altri materiali, diversi da quelli di cui ai paragrafi 2.4.2.1 e seguenti, si fa la somma dei relativi pesi e sul totale si calcola il 15%.
D. Sempre in tema di contenuto di riciclato, per il legno non è stata specificata una percentuale minima di riciclato quindi come ci si deve comportare nel caso di sostituzione di serramenti in legno? questi vanno ad incidere comunque sui calcoli dei pesi complessivi per la materia riciclata, o no?
R. Il criterio 2.4.2.4 sulla sostenibilità del legno equipara il contributo del legno proveniente da foreste gestite in modo sostenibile e quello del legno riciclato. Per cui se gli infissi contengono una % di legno riciclato questo contribuisce al raggiungimento del 15% minimo previsto dal criterio 2.4.1.2.
D. Nel criterio è riportato che nei componenti, parti o materiali usati non devono essere presenti sostanze e miscele classificate ai sensi del Regolamento (CE) n.1272/2008 (CLP): (segue elenco frasi di rischio). Ma le frasi di rischio riportate non sono tutte quelle pericolose previste dal regolamento, come mai?
R. È stata fatta una scelta tra tutte le frasi di rischio riportando solo quelle che si è ritenuto necessario inserire.
D. In quali casi devono essere effettuati i rapporti di prova previsti per la verifica del punto 1?
R. Solo nel caso in cui nelle componenti, parti o materiali usati vengano aggiunti intenzionalmente gli additivi di cui al punto 1. Tale condizione può essere desunta dalla documentazione già richiesta per i successivi punti 2 e 3.
D. Lo sfrido della produzione di cartongesso (codice Ateco 23.62.00) può essere riutilizzato attraverso una normale pratica industriale. Il gesso così ricavato viene poi re-immesso nel ciclo produttivo del cartongesso miscelandolo con il gesso naturale e/o riciclato. Si chiede se lo sfrido della produzione di cartongesso, nella misura in cui costituisce un sottoprodotto ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. qq), del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., possa essere conteggiato nella percentuale indicata nel criterio.
R. Il gesso che proviene dalle operazioni di riutilizzo a vale di un processo produttivo di cartongesso è a tutti gli effetti classificabile come sottoprodotto se soddisfa tutti i requisiti elencati nell’art. 183, comma 1, lett. qq), del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.. Il DM 11 ottobre 2017 al punto 2.4.2.8 dell’Allegato, prevede che le tramezzature e i controsoffitti realizzati con sistemi a secco devono avere un contenuto minimo del 5% in peso di materie riciclate e/o recuperate e/o di sottoprodotti. I sottoprodotti possono quindi essere conteggiati nel 5% previsto. È onere del gestore dell’impianto di cartongesso dimostrare il rispetto delle condizioni di legge attraverso una verifica di parte terza così come per il contenuto di riciclato già richiamato nel testo del criterio.
D. Se uso dei materiali naturali, come la pietra, estratte in natura, ricado o no nel punto 2.4.2.10?
R. Sì, la prima parte della Decisione Ecolabel riguarda proprio estrazione di materiali naturali. Quindi va applicato il 2.4.2.10.
D. Nella verifica, al secondo punto elenco, quando è fatto riferimento alla norma 17025 non viene riportato come esempio EPDItaly© o equivalenti come invece avviene per la verifica di altri criteri. Come mai?
R. Si tratta di una semplice differenza nella formulazione del testo ma non di esclusione. Del resto anche negli altri criteri il riferimento ad EPDItaly© è preceduto dalla parola “come”, quindi si vuole riportare solo un esempio di possibile strumento idoneo alla verifica, facendo sempre riferimento all’equivalenza. Quindi anche per questo criterio è da intendersi che EPDItaly© o equivalenti è uno strumento da cui si può evincere il rispetto del criterio. Ciò può essere verificato se nella dichiarazione ambientale sono presenti le informazioni specifiche relative ai criteri richiamati nel criterio.
D. Il testo del criterio, nella parte inerente la verifica sembra interrompersi nel punto in cui cita: “… l’appaltatore dovrà accertarsi della rispondenza al criterio utilizzando prodotti recanti alternativamente:” senza che seguiti con un elenco di opzioni.
R. Nell’ultima modifica del criterio è stato tolto il riferimento ai sanitari dotati di etichetta Ecolabel per i quali nella verifica erano elencate le prove di conformità. Il testo corretto del criterio, che farà parte di una errata/corrige di prossima pubblicazione è il seguente: “I progetti degli interventi di nuova costruzione, inclusi gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ristrutturazione importante di primo livello, ferme restando le norme e i regolamenti più restrittivi (es. regolamenti urbanistici e edilizi comunali, etc.), devono prevedere l’utilizzo di sistemi individuali di contabilizzazione del consumo di acqua per ogni unità immobiliare. Verifica: Il progettista deve presentare una relazione tecnica che dimostri il soddisfacimento del criterio”.
D. Per il punto viene richiesta come verifica la redazione di alcuni documenti che sono di solito in capo al progettista esecutivo e non ad ogni offerente, che si troverebbe a dover eseguire della progettazione in fase di gare e senza possibilità di modificare il computo delle opere, si chiede se detta verifica non sia in capo all’offerente ma bensì al progettista.
R. L’ultimo capoverso della verifica di questo criterio si riferisce al caso in cui il progetto sia sottoposto ad una fase di verifica valida per la successiva certificazione dell’edificio secondo uno dei protocolli di sostenibilità energetico-ambientale degli edifici (rating systems) di livello nazionale o internazionale. In questo caso, se i criteri previsti dal protocollo scelto rispondono ai criteri ambientali previsti dal criterio 2.5.3, allora il progettista può presentare la documentazione prevista dal protocollo e non dover relazionare tutto quanto previsto dal criterio. Questa operazione va fatta a monte, nella fase di elaborazione del progetto, quindi la stazione appaltante dovrà mettere e gara lavori su un progetto esecutivo che avrà già specificato la documentazione da produrre a dimostrazione della conformità al criterio 2.5.3. Non è quindi responsabilità dell’offerente che dovrà basarsi su quanto previsto dal progetto esecutivo.
D. Si chiede se sono stati stabiliti per la fase di verifica: le durate minime per la formazione o titoli minimi del docente.
R. In questa fase di prima applicazione dei CAM, si è voluto tenere conto della ridotta offerta sul mercato di formazione specifica sui temi ambientali inerenti il settore edile. Per cui tale criterio non dà specifiche precise sui tempi della formazione o i titoli del docente ma solo sui temi della formazione, descritti nel criterio stesso. La documentazione di prova dovrà dimostrare in modo idoneo l’avvenuta formazione quindi attraverso attestati, diplomi o CV da cui si evinca che il personale ha ricevuto una formazione avente ad oggetto i temi richiesti nel criterio quindi: sistema di gestione ambientale; gestione delle polveri; gestione delle acque e scarichi; gestione dei rifiuti.
D. Quali sono i professionisti accreditati ai fini dell’applicazione di questo criterio?
R. Nell’ambito di questo criterio, che riguarda la professionalità dei progettisti, per “professionista accreditato” s’intende un professionista che ha sostenuto e superato un esame di accreditamento presso Organismi di livello nazionale o internazionale accreditati secondo la norma internazionale ISO/IEC 17024 – “Requisiti generali per gli Organismi che operano nella certificazione del personale” e abilitati al rilascio di una Certificazione energetico – ambientale degli edifici secondo i più diffusi rating systems (LEED, WELL, BREEAM, etc). Tali professionisti, che devono avere competenze generali sulla sostenibilità degli edifici e quindi non solo in ambito di efficienza energetica, in via esemplificativa, possono essere: LEED AP, WELL AP, BREEAM AP, etc. La stazione appaltante potrà verificare il requisito richiedendo lo specifico certificato di accreditamento ISO/IEC 17024 del suddetto Organismo.
D. Ai sensi del Codice degli Appalti tale criterio è tra quelli di cui tenere conto ai fini della stesura dei bandi di gara. Di norma la % assegnata per i criteri premianti è decisa dalla stazione appaltante ma nel testo del criterio è specificata anche una % minima del 5% per i materiali riciclati post consumo. Come mai?
R. Il motivo di tale riferimento è quanto sancito dall’art. 206-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, il quale prevede che “Nei bandi di gara sono previsti criteri di valutazione delle offerte ai sensi dell’articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con il decreto di cui al comma 3 del presente articolo”. Tale DM del MATTM è quello del 24/05/16 pubblicato in GU del 07/06/16 con cui è stato stabilito che tale % minima sia del 5%.
D. Nella verifica del criterio è richiesto all’appaltatore, in fase di esecuzione del contratto di accertarsi della rispondenza al criterio utilizzando prodotti recanti alternativamente il Marchio Ecolabel UE o equivalenti, o una certificazione di prodotto rilasciata da un organismo di valutazione della conformità che attesti il contenuto di riciclato come ReMade in Italy® o equivalente; si chiede come ci si debba comportare nel caso di oli per motore 4 tempi non contemplati dalla decisione Decisione 2011/381/EU.
R. Per gli oli biodegradabili per i quali non esistono etichette ambientali, come richiamato nel criterio 2.7.5.1 è possibile presentare le prove del livello di biodegradabilità ultima secondo uno dei metodi normalmente impiegati per tale determinazione: OCSE 310, OCSE 306 , OCSE 301 B, OCSE 301 C, OCSE 301 D, OCSE 301 F.