“L’annuncio delle dimissioni da parte del sindaco Angelo Cambiano deve scuotere immediatamente le coscienze delle massime autorità dello Stato e del Governo”. A sottolinearlo è l’ingegner Sandro Simoncini, docente dell’Università La Sapienza di Roma, che rimarca: “Il primo cittadino di Licata, che ha dato esecuzione a un piano senza precedenti di demolizione di costruzioni abusive nel suo Comune, rappresenta un esempio di buona amministrazione, rispetto della legalità e spirito di servizio. Come i suoi predecessori, avrebbe potuto pensare esclusivamente al consenso elettorale e ricorrere a una serie di artifici burocratici per evitare di procedere all’abbattimento di ciò che è stato costruito in spregio delle leggi e del buon senso. Ha invece deciso di tirare dritto e di non dare l’ennesimo schiaffo a tutti quei cittadini che rispettano le regole, tra l’altro esponendo se stesso e la sua famiglia ad attacchi e intimidazioni di ogni genere: abbandonarlo ora equivarrebbe a dire che lo Stato non è in grado di supportare le persone oneste e che muoversi nel solco dell’illegalità alla fine premia sempre”.
Quindi, Simoncini rincara la dose: “La situazione di Licata è paradossale, perché non stiamo parlando di abitazioni di fortuna costruite per dare un tetto a famiglie in difficoltà, ma di seconde o terze case realizzate per trascorrervi le vacanze: un fatto inaccettabile non solo dal punto di vista legale, ma anche etico. D’altronde si tratta di un Comune in cui sono state presentate ben 10.904 domande di condono edilizio relative alle tre leggi nazionali del 1985, 1994 e 2003. Un esempio paradigmatico di quanto fatto in una regione, la Sicilia, che solo prendendo in considerazione i capoluoghi di provincia e gli altri Comuni con oltre 20.000 abitanti deve smaltire ancora 220.000 istanze. Questo perché, al contrario della risolutezza e dell’onestà intellettuale dimostrate dal sindaco Cambiano, la stragrande maggioranza degli amministratori locali preferisce evitare che le pratiche vengano esaminate per non dover dare inevitabili dinieghi e, di conseguenza, dover procedere alle demolizioni. Un malcostume che si aggiunge al danno erariale per oneri concessori, oblazioni, diritti di istruttoria e di segreteria e risarcimenti per danno ambientali che potrebbero essere riscossi da ciascun Comune portando a termine la lavorazione delle istanze”.