[A cura di: ing. Sandro Simoncini – prof. Urbanistica, Università La Sapienza di Roma]
Il rapporto annuale dell’Ispra sul consumo di suolo evidenzia ancora una volta drammaticamente il ruolo centrale rivestito dal fenomeno della dispersione urbana, cioè l’inarrestabile tendenza dei nostri centri abitati ad espandersi verso l’esterno in modo compulsivo e scomposto. Ciò vale in modo evidente per le grandi città, dove manifestazioni di sfacciata speculazione edilizia si sommano all’impossibilità di buona parte della popolazione di accedere all’acquisto o alla locazione di case nelle zone centrali, ormai caratterizzate da una sproporzionata presenza di uffici, locali commerciali e attività per la ricezione turistica.
Senza efficaci politiche di rigenerazione e riqualificazione, possibili solo con un differente approccio culturale al problema, le realtà metropolitane italiane continueranno la loro folle corsa a erodere ulteriori porzioni di territorio per edificare nuovi quartieri-dormitorio privi degli essenziali servizi infrastrutturali, sociali, trasportistici. Ma sarebbe un grave errore pensare che questo fenomeno non interessi anche le realtà medio-piccole del Paese: c’è una miriade di borghi, ad esempio, dove i centri storici sono stati progressivamente abbandonati in favore di nuove soluzioni abitative periferiche, compromettendone irrimediabilmente il tessuto socio-economico e condannandoli a un inevitabile decadimento complessivo.
All’estero abbiamo assistito a interessanti esperimenti per arginare ad esempio l’espansione delle megalopoli, su tutti vale il caso virtuoso di Seul, mentre da noi incisive iniziative legislative faticano a essere prodotte. Anche perché in molti casi le diverse istituzioni responsabili si trovano fra loro in contrasto non solo sulle soluzioni ma addirittura sui presupposti: basti pensare alla presa di posizione delle Regioni nei confronti del Parlamento a proposito della legge sul consumo del suolo, ferma da oltre un anno in Senato e tacciata di ledere le prerogative degli enti locali. Oppure alle accuse di una indebita invasione di campo che puntualmente i Comuni rivolgono a quelle Regioni che tentano di mettere ordine su materie ambientali, edilizie e urbanistiche. Ne consegue che i tentativi che riescono a sfociare effettivamente in un provvedimento sono quasi sempre poco efficaci e cogenti, poiché sviliti dai conflitti di interesse e depotenziati nei vari passaggi burocratici a cui vengono sottoposti.