Al centro c’è, ovviamente, il settore delle costruzioni. Ma non è l’unico comparto oggetto delle proposte formulate da Ance e Confindustria in vista della legge di Stabilità. Alcuni contenuti sono stati anticipati dall’intervista esclusiva di Italia Casa (vedi numero 19, pagina 23) e Quotidiano del Condominio al numero uno dell’associazione dei costruttori, Claudio De Albertis.
Di seguito, invece, riportiamo un ampio stralcio della relazione stilata dalle due realtà, e presentata in conferenza stampa nelle scorse settimane.
PREMESSE
Nell’economia italiana che sta manifestando i primi segnali di una risalita, che va rafforzata e resa duratura con le riforme e con tutti gli strumenti di intervento disponibili, stride l’andamento ancora divergente del settore delle costruzioni, che è strategico per la crescita sia sul piano congiunturale sia su quello strutturale della competitività. La domanda è crollata (la sua flessione è stata un multiplo di quella, pur già pesante del Pil) e rimane estremamente fiacca.
L’edilizia aveva rappresentato, fino a prima della crisi, uno degli assi portanti della pur contenuta crescita della nostra economia. Tra il 2007 e il 2014 l’Ance ha stimato un calo degli investimenti in costruzioni del 34% e l’occupazione diretta, tra il 2008 e il 2014 si è ridotta del 30,5% (-470 mila unità).
IL COMPARTO
Purtroppo, anche negli ultimi dati sui conti economici nazionali continua a mancare il contributo essenziale delle costruzioni; nel secondo trimestre di quest’anno, gli investimenti in costruzioni sono calati dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e dell’1,9% rispetto allo stesso trimestre del 2014, mentre si registrano variazioni positive per quasi tutti gli altri aggregati macroeconomici.
Con il 2015 si chiuderà, quindi, un altro anno difficile per l’edilizia, nonostante l’andamento costantemente positivo, benché limitato, delle ristrutturazioni. Dal lato dell’offerta, va però sottolineato che le imprese continuano a sviluppare la loro competitività e a mietere successi sui mercati esteri.
L’intera filiera produttiva non ha mai smesso di investire nell’innovazione tecnologica e di prodotto e presenta vantaggi competitivi che aspettano solo di essere sfruttati con una adeguata politica industriale, capace di integrare obiettivi di rilancio produttivo, di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale. La dimostrazione più evidente di questa rilevante potenzialità è data dall’esperienza maturata grazie alle misure di incentivazione delle ristrutturazioni edilizie e – più recentemente e in misura più significativa – degli interventi per l’efficienza energetica degli edifici.
LA TASSAZIONE
Tra l’altro, le pesantissime manovre fiscali degli ultimi anni sulla proprietà immobiliare (+111% a fronte di una media europea del 23%, secondo i dati Eurostat) hanno portato il nostro Paese al terzo posto in Europa per livello di tassazione sulla casa. Da ultimo, il rilancio degli investimenti privati non può prescindere da un alleggerimento ed una razionalizzazione del prelievo sugli immobili di impresa, oggi gravati dalla confusa sovrapposizione di Imu, Tasi e Tari e da una pressione fiscale in continuo aumento per far fronte alle esigenze di gettito degli enti locali. Nel 2014 il prelievo Imu e Tasi sugli immobili delle imprese industriali (inclusi nel gruppo catastale D) è stimabile tra i 5,3 e i 5,5 miliardi di euro. Il trend in aumento della tassazione immobiliare è legato anche a fenomeni patologici – più volte denunciati da Confindustria – quali l’inclusione del valore dei c.d. “macchinari imbullonati” nella determinazione della rendita catastale degli immobili produttivi, che ha comportato una tassazione patrimoniale surrettizia dei macchinari di impresa.
Il Governo ha annunciato un importante programma di riduzione del carico fiscale, in linea con le esigenze dell’economia, a cui Confindustria ed Ance guardano con grande attenzione. Lungo questa direttrice dovrebbero muoversi anche interventi rivolti al settore delle costruzioni, che rappresenta un volano per l’intera economia.
PROSPETTIVE
Confindustria ed Ance ribadiscono che le costruzioni, oggi e ancor più in prospettiva, siano una filiera industriale tecnologicamente avanzata e capace di rispondere ai nuovi bisogni immobiliari, residenziali e non-residenziali; un’industria orientata, alla qualità, all’efficienza, alla sostenibilità e all’innovazione, più al recupero che al consumo del territorio. Per questo, accanto agli essenziali interventi sulla fiscalità immobiliare, è necessario promuovere strumenti di incentivazione e di regolamentazione tecnica e procedurale in modo da costituire una politica finalizzata al rilancio dell’industria delle costruzioni che, date le lunghe ramificazioni della sua filiera, potrebbe costituire l’embrione della complessiva politica industriale per il Paese.
IL RESIDENZIALE
Gli impegni assunti dal nostro Paese e dall’Ue, a seguito del Protocollo di Kyoto e con il Pacchetto Clima-Energia 20-20-20, hanno rappresentato un’opportunità di innovazione e di riorientamento produttivo, che in diversi casi ha generato effetti molto positivi nella riduzione delle emissioni (in particolare nell’industria manifatturiera e nella sostituzione di fonti fossili con fonti rinnovabili) grazie a forme di incentivazione diretta e indiretta. In altri ambiti, come nel settore residenziale, l’impatto è stato meno significativo. Nel complesso, pur con le oscillazioni dovute alle alterne dinamiche economiche, le emissioni di CO2 tra il 1990 e il 2013 si sono ridotte di oltre il 20% (conseguendo così gli obiettivi Ue fissati al 2020), ma nel residenziale la riduzione è stata appena del 5%; per di più, la crisi economica dal 2007 in poi ha complessivamente accelerato i processi di riduzione delle emissioni, anche al netto dell’impatto della congiuntura avversa, mentre il residenziale è andato in controtendenza rispetto ad altri settori, aumentando così la sua incidenza sulle emissioni totali fino al 12,6% nel 2013.
Gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica che l’Ue ha assunto nella prospettiva del 2030 (e che saranno dibattuti nella prossima Conferenza di Parigi) pongono obiettivi ancor più significativi e ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas serra (40% in meno rispetto al 1990) e di aumento della quota di fonti rinnovabili (almeno al 27% delle fonti totali) e di efficienza energetica (27-30%), e richiamano a una più incisiva azione di policy in quei settori, come il residenziale (e il civile nel suo complesso), che finora hanno meno contribuito a ridurre le emissioni di CO2.
SOSTENIBILITÀ
Per il Paese è essenziale che il processo di avvicinamento a questi obiettivi di sostenibilità ambientale avvenga sfruttando al massimo tutte le “leve” di politica industriale, perché solo in questo modo essi possono rappresentare una reale opportunità di crescita competitiva in grado di favorire lo sviluppo, l’occupazione e il benessere della collettività.
Per questo è fondamentale che un simile approccio sia promosso e sostenuto in ogni specifico comparto economico, così da fare in modo che siano massimizzati gli effetti complessivi sulla riduzione delle emissioni. In tal senso, il settore delle costruzioni rappresenta il settore determinante per migliorare la sostenibilità ambientale del comparto residenziale (e civile). In questi anni, le imprese della filiera industriale dell’edilizia hanno prodotto tecnologie e materiali pienamente coerenti con la green economy, ma hanno avuto limitate opportunità di utilizzarli in modo esteso e sistematico. Una politica industriale per l’edilizia sostenibile è, quindi, un’opportunità straordinaria di rilancio competitivo del settore, di sostegno alla ripresa economica e occupazionale e, soprattutto, per contribuire in misura rilevante ad una crescita pienamente sostenibile, declinandola coerentemente sui principali profili di intervento: nuove costruzioni, ristrutturazione/sostituzione del patrimonio esistente e riqualificazione urbana.
Una nuova “visione” di politica industriale applicata nel medio-lungo periodo all’edilizia sostenibile già ora può fare affidamento su alcune leve fondamentali, in ambito privato e pubblico; tra le più significative, si richiamano le seguenti:
* il vincolo di costruzione di edifici “a energia quasi zero”, promosso a livello europeo (Direttiva 2010/31/UE) e recepito nel nostro ordinamento (DL n. 63/2013, convertito con modificazioni dalla Legge n. 90/2013) è stato già posto dal 31.12.2020 e, per gli edifici occupati o di proprietà pubblica, già dal 31.12.2018;
* la domanda pubblica sostenibile (green public procurement) è uno strumento di regolazione del mercato molto efficace se, nell’ambito del recepimento delle Direttive in materia di appalti pubblici e concessioni, i profili energetici e ambientali verranno adeguatamente incorporati nella valutazione dell’offerta (life cycle cost), così come lo sviluppo del pre-commecial procurement può orientare, con tempi e termini predefiniti, le imprese ad assumere linee produttive basate sulla sostenibilità;
* nella logica della “economia circolare”, la promozione del riutilizzo dei materiali di demolizione può contribuire in modo significativo a ridurre l’utilizzo degli inerti derivanti dall’attività estrattiva con positivi riflessi per l’impatto ambientale;
* la regolamentazione tecnica e la certificazione industriale sono strumenti efficaci di selezione e di spinta alla qualificazione del mercato.
LE PROPOSTE
Rispetto ad un quadro di riferimento fondato su misure strutturali di politica industriale per l’edilizia, sulla quale Confindustria e Ance si aspettano di avviare quanto prima un ampio confronto col Governo, nel breve periodo è essenziale che i segnali destinati al mercato siano coerenti e, tra questi, alcune misure già in essere vanno confermate e, se possibile, riorientate in modo più efficace. Nell’imminenza della presentazione del Ddl Stabilità 2016, Confindustria e Ance segnalano l’esigenza di porre la massima attenzione ad alcune misure:
* gli attuali incentivi alle ristrutturazioni e all’efficienza energetica nell’edilizia vanno soprattutto stabilizzati; in prospettiva, gli incentivi all’efficienza energetica potrebbero essere riorientati e rimodulati anche in modo più efficace, sfruttandone appieno le potenzialità in termini di sostenibilità;
* nell’ambito degli interventi sulla fiscalità immobiliare vanno sfruttati tutti i margini per non penalizzare le costruzioni nuove o ristrutturate che abbiano standard di efficienza energetica elevata rispetto al patrimonio esistente ed a bassa o bassissima qualificazione energetica;
* infine, non si può prescindere da un alleggerimento e da una razionalizzazione della pressione fiscale sugli immobili utilizzati nell’attività di impresa.
La riqualificazione del patrimonio edilizio italiano non è procrastinabile: la forte riduzione dei valori immobiliari ha comportato un impoverimento delle famiglie italiane e allontana gli investitori. La politica fiscale sugli immobili, negli ultimi anni, ha puntato al massimo prelievo possibile, ma ora serve una vera e propria strategia fiscale che incentivi il mercato immobiliare e gli investimenti in efficienza energetica, poiché sostenere una produzione edilizia ad alto contenuto tecnologico, per i suoi effetti positivi, è in grado di innescare una vera e propria “crescita industriale”.
Si propongono le seguenti misure:
a) Incentivi al mercato residenziale e alla riqualificazione urbana. Si propone di introdurre forme di parziale detassazione degli acquisti di abitazioni nuove in classe energetica elevata effettuati fino al 2018, anche in un’ottica di equiparazione fiscale dell’acquisto del nuovo (soggetto ad Iva applicata sull’effettivo prezzo di vendita) all’acquisto dell’usato (che, invece, sconta l’imposta registro, ad aliquote inferiori applicate sul valore catastale). A tal fine, si potrebbe riconoscere all’acquirente un credito d’imposta pari al 50% dell’Iva pagata sull’acquisto. Contestualmente, sempre per gli acquisti effettuati sino al 2018, dovrebbe prevedersi l’esenzione triennale dall’Imu, dalla Tasi o dalla futura “Local tax”.
Nell’ottica, poi, di incentivare la “rottamazione dei vecchi fabbricati” e la loro sostituzione con edifici di “nuova generazione”, si propone l’applicazione, a carico delle imprese acquirenti, delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa (pari a 200 euro ciascuna, per un totale di 600 euro, anziché la misura ordinaria del registro pari al 9% del valore dichiarato nel rogito più 100 euro di ipotecaria e catastale), a condizione che le imprese acquirenti si impegnino alla riqualificazione energetica degli stessi e alla conseguente reimmisione sul mercato entro 5 anni.
Costo della misura: l’istituzione della detrazione commisurata al 50% dell’Iva e l’introduzione dell’esenzione Imu e Tasi comporterebbero una perdita di gettito di 104,9 milioni di euro. La misura, tuttavia, è in grado di produrre effetti positivi sui nuovi investimenti del settore, capaci di generare un maggiore gettito stimabile in circa 700 milioni di euro. La previsione di applicare alle cessioni di “vecchi fabbricati” le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa di 200 euro per ogni tipo di prelievo, in luogo dell’attuale regime, comporta una perdita di gettito pari a 16,4 milioni di euro, e un maggiore gettito di 18,4 milioni di euro, con un saldo complessivo positivo pari a 2 milioni di euro.
b) Bonus ristrutturazioni ed efficienza energetica. Il settore dell’edilizia, negli anni di crisi, ha tratto un sostegno indispensabile dalle misure volte alla riqualificazione del patrimonio abitativo; misure che hanno, altresì, favorito l’emersione del sommerso. Le stime relative all’andamento delle ristrutturazioni indicano una crescita del 2% nel 2015 rispetto al 2014. Alla luce di tale trend e degli obiettivi sui cambiamenti climatici, è essenziale estendere anche per il 2016 il bonus del 65% per la riqualificazione energetica degli edifici e stabilizzare il potenziamento del bonus per le ristrutturazioni edilizie.
Effetti della misura: nelle stime del Governo operate con la Legge di Stabilità 2015, gli effetti finanziari complessivi delle proroghe agli incentivi per interventi edilizi e di efficientamento producevano un recupero di gettito pari a 19 milioni di euro.
c) Sostegno degli investimenti in efficienza energetica di imprese e pubbliche amministrazioni: gli obiettivi assunti dall’Italia in materia di cambiamenti climatici e di riduzione delle emissioni di CO2 possono essere favoriti da un meccanismo che promuova gli investimenti in nuove tecnologie da parte di imprese e pubbliche amministrazioni.
A tale fine Confindustria e Ance propongono di potenziare il meccanismo già collaudato della nuova Sabatini, incentivando in termini addizionali anche il profilo dell’efficienza energetica del rinnovo di impianti, macchinari e attrezzature, attraverso l’opportuno adattamento delle norme che regolano l’incentivo, sia dal punto di vista dei beni agevolabili che del meccanismo di funzionamento.
Per quel che riguarda l’efficienza energetica del patrimonio pubblico, si dovrebbe puntare all’ampliamento dell’utilizzo delle Energy Service Company (ESCo), ovvero dei soggetti specializzati nella realizzazione di progetti complessi di efficientamento energetico degli edifici. Lo stesso strumento potrebbe favorire interventi complessi di efficienza energetica anche nel patrimonio privato.
Costo della misura: da determinare.
d) Rent to buy: le misure di natura fiscale adottate per agevolare le formule contrattuali del rent to buy, quali valide modalità alternative all’acquisto immediato della proprietà, sono oggi limitate agli alloggi sociali (D.L. n. 47/2014, cd. “decreto casa”, convertito con modifiche nella legge n. 80/2014). Risulta quanto mai opportuno estenderne l’ambito applicativo a tutte le formule miste di locazione/vendita, quale la locazione con “patto di futura vendita vincolante per entrambe le parti”, che, al pari del rent to buy (che si differenzia da tale formula in virtù del fatto che, generalmente, l’utilizzatore ha solo la facoltà d’acquisto e non un vero e proprio vincolo), permettono al conduttore/futuro acquirente di entrare nel possesso dell’abitazione, pagando un canone che, al termine del periodo pattuito, si tramuta (in tutto o in parte) in conto prezzo d’acquisto dell’abitazione.
Si tratta, in altre parole, di strumenti che favoriscono, soprattutto nell’attuale congiuntura economica, l’acquisto della prima casa e, al contempo, incrementano la domanda nel mercato immobiliare con positivi effetti sul gettito erariale e sull’occupazione. Per incentivare tali formule contrattuali occorre superare l’attuale trattamento fiscale che, invece, tende ad ostacolarne l’utilizzo, in quanto il momento impositivo (sia ai fini Iva che delle imposte sul reddito) è anticipato rispetto al momento di effettivo trasferimento della proprietà. Infatti, la locazione con patto reciproco di futura vendita costituisce una cessione di beni come previsto dall’art. 2, comma 2, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972 e quindi rientra nel campo di applicazione dell’Iva. Il momento impositivo, pertanto, coincide con la data di stipulazione della locazione come previsto dall’art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 633/72, nonostante gli effetti traslativi si producano successivamente. Anche ai fini delle imposte sui redditi trova applicazione il medesimo principio (art. 109, comma 2, lett. a), D.P.R. n. 917/1986). Occorrerebbe, quindi, differire l’imposizione all’effettivo trasferimento della proprietà dell’immobile, anche per le operazioni di “locazione con patto di futura vendita vincolante per entrambe le parti”, dove è previsto un obbligo bilaterale al trasferimento dell’abitazione (sia per l’impresa cedente che per l’utilizzatore, futuro acquirente).
Infine, poiché l’articolo 23 del D.L. n. 133/14 prevede quale presupposto per la stipula del contratto di locazione il frazionamento del mutuo e la cancellazione dell’ipoteca ai sensi del D.Lgs. n. 122/05, è necessario consentire che il costruttore-promotore-locatore possa, d’intesa con la banca, definire un accordo affinché il mutuo tramite accollo parziale o totale, possa essere direttamente pagato dal conduttore e sia computato ai fini del pagamento del futuro prezzo di cessione.
Costo della misura: 16 milioni euro.
e) Deducibilità dell’Imu dalle imposte sui redditi e dall’Irap: la limitata deducibilità dell’Imu (per il 20%) dalle sole imposte sui redditi e la sua totale indeducibilità dall’Irap pone problemi di incostituzionalità per contrarietà al principio di capacità contributiva. Secondo tale principio, infatti, tutti i costi compresi quelli fiscali che gravano sull’impiego dei fattori produttivi e che sono necessari per la produzione del reddito o del valore aggiunto, devono essere considerati rilevanti in sede di determinazione dell’effettiva ricchezza o valore aggiunto prodotti dall’impresa.
Costo della misura: ove l’intervento riguardasse tutti gli immobili utilizzati da imprese e lavoratori autonomi, e l’integrale deducibilità dell’Imu sia da Ires/Irpef, sia da Irap, la misura avrebbe un costo di circa 1,3 miliardi euro (1 miliardo Ires/Irpef + 300 milioni Irap); tuttavia, per contenere l’impatto di gettito, è possibile ipotizzare una modifica graduale.
f) Esenzione Imu e Tasi delle aree fabbricabili e degli immobili invenduti e non locati dalle imprese di costruzione (“immobili merce”). Le imposte patrimoniali, Imu e Tasi, colpiscono anche le aree ed i fabbricati costruiti per la vendita e inutilizzati delle imprese di costruzione, colpite doppiamente sia dalla crisi del mercato, che dall’imposta su beni invenduti.
L’esclusione dell’Imu per i fabbricati costruiti per la vendita (in vigore da dicembre 2013) non si applica, infatti, alle aree destinate alla costruzione, facenti parte anch’esse del “magazzino” delle imprese edili. Si tratta di aree costituenti “beni merce” delle imprese di costruzione, per le quali, così come per i fabbricati destinati alla vendita, è illegittima la tassazione Imu.
Per quanto attiene alle aree, poi, la Tasi si aggiunge all’Imu, con un’evidente duplicazione d’imposta. Allo stesso modo, l’introduzione della Tasi ha comportato effetti deleteri su tutti i “beni merce” delle imprese di costruzioni, sui quali è stata sostanzialmente reintrodotta un’imposta patrimoniale, camuffata da imposta sui servizi, tra l’altro non fruiti da tali fabbricati.
È pertanto evidente la necessità di riconoscere espressamente:
* l’esclusione dell’Imu per le aree edificabili delle imprese di costruzione, iscritte in Bilancio tra le “Rimanenze”, destinate all’edificazione per la successiva vendita e non ancora utilizzate,
* l’esclusione dalla Tasi per tutti gli immobili facenti parte del cosiddetto “magazzino” delle imprese edili, ovverosia fabbricati di nuova costruzione, o incisivamente ristrutturati per la successiva vendita e non ancora venduti, né locati e delle aree edificabili “merce”.
Costo della misura: 244,2 milioni di euro (dato da esenzione Imu su aree fabbricabili pari 215,2 milioni + esenzione Tasi su immobili merce e aree fabbricabili pari a 29 milioni di euro).
g) Macchinari imbullonati. In questo caso, si propone di modificare la disciplina catastale (articolo 1-quinquies del DL n. 44/2005), per definire regole più chiare per la determinazione della rendita catastale degli immobili produttivi speciali appartenenti ai gruppi catastali D ed E, mediante stima diretta. La misura sarebbe volta a specificare che sono esclusi dalla rendita catastale i macchinari, i congegni, le attrezzature e gli altri impianti funzionali allo specifico processo produttivo. Le nuove regole dovrebbero applicarsi alle variazioni catastali successive alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, ciò al fine di non impattare sui bilanci pubblici.
Costo della misura: 0-0,2 miliardi di euro.
h) Incentivi fiscali per il recupero a fini produttivi di immobili dimessi. In seguito alla crisi è enormemente cresciuto il patrimonio immobiliare delle imprese inutilizzato stimabile in circa 100 mila capannoni non impiegati nell’attività produttiva. Al fine di favorire il riutilizzo del capitale immobiliare inutilizzato, anche in relazione agli obiettivi di riduzione del consumo del suolo, Confindustria propone un abbattimento totale dell’Imu sugli immobili industriali acquistati o affittati per uso produttivo perla fase di avviamento (ad esempio 3 anni dalla data di acquisto). In alternativa è riconosciuto al soggetto acquirente o locaTario di un immobile dismesso un credito di imposta a valere sull’Ires e sull’Irap generate sul reddito prodotto dall’impresa acquirente.